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Ecco le due fazioni che si contendono il tesoretto di An per fondare il partitone di destra

Rifare un partito a destra. Questo l’obbiettivo della mozione dei “quarantenni”, un gruppo di giovani leve di ex An che questa mattina hanno presentato la loro proposta in vista dell’assemblea della Fondazione An, l’organismo che amministra i beni mobili e immobili ereditati dal Movimento sociale e da Alleanza nazionale. Un bel patrimonio di circa 220 milioni di euro: una quarantina liquidi il resto in beni immobili, tra cui tutte le sedi del partito che fu, da Via della Scrofa a Roma e via Mancini a Milano.

(CHI C’ERA AD ATREJU CON GIORGIA MELONI. LE FOTO DI PIZZI)

Ed è una vera battaglia quella che si annuncia sabato e domenica all’Hotel Midas di Roma, dove i circa 700 membri della fondazione saranno chiamati a decidere sul futuro della destra italiana. Ma siccome le fondazioni non possono finanziare direttamente i partiti politici, pena la violazione della legge sule finanziamento pubblico, i “quarantenni” immaginano un percorso che porti prima alla formazione di un’associazione che, da qui a un anno, conduca al congresso fondativo del nuovo partito. A quel punto, tramite l’associazione, una parte delle risorse potrebbero essere utilizzate per favorire la formazione e la nascita di un nuovo soggetto.

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Ma su come e quanto si potranno utilizzare le risorse resta un velo di ambiguità. Perché i promotori assicurano che niente sarà toccato, ma in realtà s’intuisce che una parte dei beni potrà essere utilizzato “per promuovere convegni e iniziative all’interno della destra”. Per esempio, la mozione propone di far gestire, tramite un bando, il patrimonio della fondazione a un ente terzo che lo faccia fruttare più di quanto renda ora, così da poter utilizzare una parte degli utili per fare attività politica.

(CHI C’ERA AL COMPLEANNO DI BERLUSCONI. LE FOTO DI PIZZI)

“I 293 firmatari della nostra mozione chiedono un nuovo partito per ricostruire una casa e riappropriarci dello spazio politico che ora è vuoto o stiamo cedendo ad altre forze, come la Lega”, spiega Andrea Santoro, consigliere comunale Ncd a Napoli. A questa processo si oppongono non solo i big ex An ora in Forza Italia, come Maurizio Gasparri e Altero Matteoli, ma anche Fratelli d’Italia. Secondo Giorgia Meloni e Ignazio La Russa, infatti, un partito a destra c’è già, Fratelli d’Italia appunto, al cui interno possono confluire altri soggetti.

Ma è proprio questo che i “quarantenni” non vogliono. “Fdi è stata un’esperienza importante, ma è nata come un’operazione dentro il Pdl da cui la maggior parte di noi sono rimasti fuori. Non ci siamo entrati allora, perché dovremmo entrarci adesso?”, si chiede Santoro. Per i “quarantenni”, inoltre, “Fdi è stato un progetto fallimentare, visto che in due anni, nonostante avesse a disposizione il simbolo di An, non è mai riuscito ad andare oltre il 3 per cento, ovvero un quinto dei voti del partito di Gianfranco Fini. Per questo – dicono – occorre chiudere quel capitolo e aprirne un altro”. Insomma, la risposta ai tanti orfani di An non può essere il partito della Meloni. La quale, per timore di perdere la leadership, sta sbarrando la porta a qualsiasi nuova iniziativa. “Chiediamo a Giorgia di avere più coraggio, di non chiudersi a riccio, ma mettere in campo la sua leadership”, afferma Fausto Orsomarso, consigliere regionale in Calabria.

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I numeri al momento sembrano pari: l’assemblea è spaccata a metà. E forse proprio per non andare incontro a una sconfitta La Russa e Meloni stanno lavorando una mediazione. “Ci ha chiamato Giorgia, ci vedremo nelle prossime ore”, raccontano le nuove leve. L’ex ministro della Difesa starebbe mettendo a punto una mozione unitaria che però concede poco, visto che esclude la nascita di un nuovo soggetto prevedendo solo l’allargamento di Fdi.

“Siamo aperti a una mediazione sui tempi e sui modi, ma non sui contenuti”, sottolineano i “quarantenni”. Oltre a quelli già citati ci sono Sabina Bonelli, il consigliere forzista a Bologna Michele Facci, il consigliere regionale azzurro in Piemonte Gianluca Vignale e il consigliere provinciale di Bolzano Alessandro Urzì.

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Dietro di loro si muove un pezzo della vecchia guardia, come Gianni Alemanno, vero ideatore dell’iniziativa, che in questo passaggio ha ritrovato sulla sua strada ex finiani come Roberto Menia e Italo Bocchino. Mentre Gianfranco Fini, che si tiene in disparte, ha dato la sua benedizione con un articolo sul suo blog. “Se non si trova una mediazione, e al momento mi sembra difficile, sarà una bella partita, quasi un congresso di An dopo la fine di An, dove però le posizioni in campo saranno più libere e non imbrigliate nel solito schema delle correnti di partito. Domenica vedremo chi davvero ha l’ambizione di rifare qualcosa a destra”, osserva Menia. Intanto Fdi non potrà più utilizzare il simbolo di An, che in questi giorni è tornato a far parte a pieno titolo dei beni della fondazione. E, giurano i “quarantenni”, “non verrà più concesso alla Meloni ma solo al nuovo partito”. Se mai nascerà.



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