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Banda ultralarga, a che punto siamo?

Banda ultralarga, siamo sulla strada giusta? Secondo il rapporto di I-Com, Istituto per la Competitività, presentato ieri dal presidente Stefano da Empoli, la risposta è sì. Anche per il sottosegretario allo Sviluppo Economico, Antonello Giacomelli, il recupero è iniziato. Esso può essere veloce, ma non dipende solo dalle istituzioni. Ecco cosa è emerso ieri alla presentazione del rapporto di I-Com e a che punto siamo con la Strategia nazionale per la banda ultralarga.

DOMANDA E OFFERTA

“La Strategia nazionale per la banda ultralarga e la Strategia per la crescita digitale 2014- 2020 hanno finalmente catalizzato un virtuoso processo di sviluppo infrastrutturale e culturale”, si legge nelle conclusioni del rapporto I-Com. Anche l’offerta si è messa in moto: “Le reazioni da parte degli operatori non stanno tardando ad arrivare, anzi sono già arrivate prima dell’approvazione della Strategia, tanto che l’Italia può oggi qualificarsi come un fast mover nel contesto europeo, cioè un Paese che pur partendo da una condizione di ritardo rispetto alla media europea è sulla strada giusta per colmarlo entro 3-5 anni”.
È per questo, ha commentato da Empoli al convegno, che occorre adesso “non perdere di vista l’offerta ma concentrarsi sulla domanda, portando in avanti il processo di e-government e prevedendo incentivi di carattere fiscale”.

IL COMMENTO DI GIACOMELLI

“L’azione sulla domanda è giustissima. Ma non basta”, ha detto il sottosegretario Giacomelli intervenendo al dibattito. “È vero che il clima è cambiato – ha aggiunto – . Sia per quanto riguarda la partita delle infrastrutture, sia nella partita dello sviluppo e dell’offerta dei servizi. Ma quanto, e quanto in profondità?”.

COME PROCEDONO GLI INVESTIMENTI

Giacomelli ha espresso soddisfazione nei confronti degli investimenti sulla banda ultralarga: “Mi piace dare atto agli operatori e in particolare a Telecom Italia che c’è stato un notevole incremento degli investimenti privati relativi all’infrastrutturazione del Paese nei cluster A e B, cioè nelle aree interessanti per il mercato. Questa è una buona notizia perché un’azienda deve fare investimenti solo perché remunerativi. Se oggi questi ci sono, come è stato dimostrato, non è un problema che rimanga un’area del Paese che rischia di essere tagliata fuori, perché quello è il luogo dell’intervento del governo”.

Secondo il sottosegretario il fatto che gli investimenti da parte degli operatori si concentrino nelle aree A e B vuol dire che “il Governo aveva visto giusto così come la delibera del Cipe che individua le risorse e le destina alle aree a fallimento di mercato”.

A CHE PUNTO SIAMO?

Giacomelli ha annunciato che “rapidamente avremo dall’Unione europea il via libera per i cluster C e D”, quelli a fallimento di mercato, e “saremo in grado di partire all’inizio del prossimo anno secondo i modelli che sono accettati dall’Europa. Rimane l’impegno di varare strumenti a carattere generale per tutti i cluster, come il credito di imposta e voucher. Da questo punto di vista il Cipe predispone già delle risorse rispetto a questi strumenti. Sono convinto che i primi passi vanno nella direzione giusta e che rapidamente avremo l’accelerazione di tutti i soggetti, ognuno nella loro competenza”.

CHI FA VIAGGIARE LA FIBRA

Il vero tema per il sottosegretario allo Sviluppo economico è che cosa viaggia sulla fibra, chi lo fa viaggiare: “Noi sul terreno dei servizi, audiovisivi per esemplificare, stiamo già facendo tutto quello che possiamo per occupare lo spazio maggiore nel mercato internazionale? ha chiesto Giacomelli invitando a “non rassegnarci a costruire delle autostrade avendo la riserva mentale che tutte le macchine avranno una nazionalità straniera”.

Nel discorso di Giacomelli c’è anche un’ammissione di colpa: “Può darsi che vi sia un ritardo anche del gruppo dirigente e della politica e delle istituzioni rispetto al prodotto audiovisivo e alla sua rilevanza industriale ma mi piacerebbe che facessimo un’analisi anche del sistema, del mondo privato, per capire invece quanta consapevolezza ci sia della centralità del prodotto e del servizio e quanto ci sia di azione industriale”.

Ma cosa blocca lo sviluppo di questo segmento? “In parte il comportamento dei broadcaster, e della Rai in particolare, non ha aiutato il consolidamento di imprese del settore della produzione. Forse hanno teso ad irrobustire il loro ruolo risucchiando tutti gli spazi possibili di crescita”, ha aggiunto il sottosegretario riflettendo sul modo di relazionarsi del mondo produttivo italiano di fronte a questo stato dell’arte: “A me spiace vedere gioielli nascenti nel mondo della produzione troppo protesi ad individuare in anticipo l’acquirente internazionale che non a cercare forme un po’ più ardue di consolidamento in patria”, ha commentato il sottosegretario al convegno di I-Com. Così come non è credibile che solo gli Ott di marca statunitense siano in grado di sviluppare i servizi:  “Penso che abbiamo la forza, il talento e le risorse per essere anche protagonisti e non solo in Italia”.



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