Tutto lascia presagire che gli attentati che hanno insanguinato Parigi “non siano un evento isolato”, ma che l’Isis ne stia già pianificando altri. Non ha avuto remore il numero uno della Cia, John Brennan, nell’allertare sui rischi che il Vecchio continente e gli Stati Uniti potrebbero correre ancora a causa del furore jihadista dell’organizzazione terroristica guidata da Abu Bakr al-Baghdadi.
L’INTERVENTO AL GLOBAL SECURITY FORUM
Il direttore dell’agenzia di spionaggio americana responsabile per l’estero è intervenuto stamane a Washington per introdurre l’edizione 2015 del Global security forum, un appuntamento organizzato dal think tank Csis in collaborazione col gruppo Finmeccanica. Un’occasione per sviscerare, in una serie di seminari distribuiti nell’arco dell’intera giornata, le principali problematiche che riguardano la sicurezza degli Usa e dei loro alleati, in un momento caratterizzato da diversi scenari di crisi come Libia, Ucraina e, per l’appunto, Siria e Iraq.
COSA STA SUCCEDENDO
Quello che è accaduto nella capitale francese, ha commentato Brennan, “non è stato organizzato nel giro di pochi giorni”, ma “accuratamente e deliberatamente pianificato nel corso di diversi mesi”, perché i jihadisti “avevano elementi operativi, armi, materiale e cinture esplosivi”.
Questa, ha aggiunto preoccupato il direttore della Cia, “non è l’unica operazione che il Daesh ha in cantiere”. Per questa ragione, “le forze di sicurezza e i servizi segreti, in questo momento, stanno lavorando febbrilmente per vedere cos’altro si può fare” per scoprire in anticipo e far saltare così i piani del gruppo terroristico.
LA CRITICA
Brennan ha anche richiamato politica e società civile alla responsabilità, ricordando le polemiche accese da chi, soprattutto nel Vecchio continente, ha buttato irresponsabilmente benzina sul fuoco su alcuni dossier recenti, come la fuga di documenti riservati innescata dalla “talpa” Edward Snowden. “Spero che questo sia stato un campanello d’allarme, in particolare nelle aree d’Europa in cui credo che ci sia stato un travisamento di ciò che l’intelligence e i servizi di sicurezza stanno facendo”, ha detto il numero uno della Cia. “Negli ultimi anni, a causa di un certo numero di divulgazioni non autorizzate di documenti… ci sono state alcuni politiche e azioni legali che rendono la ricerca dei terroristi molto più complicata”. Grazie a tutto ciò, ha aggiunto, i criminali “hanno imparato come fare a tenere nascoste le loro attività alle autorità”.
IL MONITORAGGIO DELLA RETE
Centrale, infatti, in questo ruolo di prevenzione, è il controllo di internet. “Isis”, ha spiegato Brennan, “sta facendo un uso massiccio di Youtube e altri social media per attrarre proseliti solo la falsa bandiera della religione”. Così come lo sono gli scambi d’intelligence, anche con Mosca, con cui ci sono stati fatti passi in avanti nel dialogo sul futuro della Siria al recente G20 ad Antalya, in Turchia. “Stiamo scambiando informazioni con la Russia e credo che vadano incrementate”.
LO SCENARIO E I CYBER PERICOLI
Quello di Damasco non è però il solo problema che preoccupa l’amministrazione Usa. “Negli ultimi tre anni”, ha rilevato Brennan, “ci sono stati molte più ondate di instabilità che in qualsiasi momento, dal collasso dell’Unione sovietica”. Ciò non include solo teatri di guerra classici, ma anche minacce più subdole, come quella cibernetica. La difesa del proprio fronte informatico è una vera priorità per la sicurezza nazionale di Washington, che registra quotidianamente in questo campo una crescente aggressività da parte di attori privati e statali, come la Cina. “Purtroppo, ci sono tutte le ragioni per aspettarsi che le intrusioni informatiche aumenteranno in quantità, astuzia e impatto”. Per proteggersi al meglio, ha rimarcato il numero uno della Cia, c’è bisogno innanzitutto di una rivoluzione culturale, che deve coinvolgere tutti, anche i big della Rete, con i quali, spesso, il tema genera forti attriti. “C’è riluttanza” da parte di molte aziende “a condividere informazioni sulle penetrazioni nei loro sistemi”, ha rilevato ancora Brennan. Ma ciò è indispensabile, perché, ha ricordato, “circa l’85% delle infrastrutture critiche del world wide web è detenuto dal settore privato”.