Skip to main content

Il compito dei Popolari

Prosegue su Formiche.net il dibattito avviato da Leo Soto e proseguito con l’analisi del professor Benedetto Ippolito e l’intervista a Rocco Buttiglione. Ecco il commento di Raffaele Reina

L’interrogativo posto dal professor Benedetto Ippolito se i popolari debbano allearsi coi conservatori o i socialisti induce ad approfondire il tema che sta impegnando intellettuali, politologi, esponenti politici. L’Italia, dopo un ventennio, si trova ad affrontare un passaggio cruciale della sua vita politica, con un “centrodestra” dissolto, perché il collante Silvio Berlusconi non c’è più, e un “centrosinistra” inesistente perché fagocitato dal PD di Matteo Renzi. I Popolari, per il momento non dovrebbero quindi allearsi con alcuno, perché è necessario darsi prima una valida identità e poi costruire alleanze, non riferendosi ovviamente al Partito Popolare Europeo, ma alla storia popolare.

Chi aspettava da Bologna qualche valida indicazione per i conservatori è rimasto clamorosamente deluso. Ci si attendeva dal comizio del trio Salvini-Meloni-Berlusconi una proposta originale per dare vita a un nuovo centrodestra, ma si sono registrati solo anatemi. Il risultato della manifestazione petroniana è stato un pallido e inutile già visto di fronte ad una piazza aggressiva, intollerante, violenta per alcune affermazioni. Gli oratori invece di placare gli animi dei partecipanti li hanno aizzati, dimostrando palese sudditanza. Non è un modo serio di porsi tra istituzioni e popolo. Si è notato un Berlusconi fuori contesto. La sua assenza sarebbe stata molto più utile della melanconica e patetica presenza.

Matteo Salvini, che aveva la vasta platea dalla sua, non ha deluso le attese dei tifosi. Le cronache, oltre a sottolineare le solite invettive contro il governo, l’Europa, l’immigrazione e l’Euro non hanno percepito niente di particolarmente originale, se non un cretino affibbiato ad Alfano ministro degli Interni. La Meloni: non pervenuta, a parte quel “qui nasce l’alternativa a Renzi”. Campa cavallo.

Le nostalgie, i rigurgiti fascistoidi, l’antieuropeismo, le grida di dolore contro la gente di colore e i clandestini, la delinquenza non servono a costruire un’alleanza alternativa al governo Renzi e al PD. Puntare sulla paura per governare l’Italia è indice di inconsistenza e debolezza estrema, solo becero qualunquismo.

Ci vuole altro: un ideale politico, un programma di governo che non sia il banale elenco delle cose da fare, una classe dirigente colta, competente, capace. E purtroppo centrodestra, centrosinistra esistono soltanto come finzioni del lessico politico, per nascondere il nullismo dei cosiddetti partiti. Non a caso il prof. Ippolito parla nel suo articolo di popolari, conservatori e socialisti. Bisogna ritornare ai partiti veri dopo la ventennale sbornia nuovista, negativa e inconcludente, se si vuole difendere la democrazia parlamentare, rappresentativa, autorevole. E allora i popolari cosa devono fare, se non ripensarsi come centro per essere utili alla causa? Questa è la strada scomoda e tortuosa da percorrere per dare concretezza a una nuova idea di partito di stampo cattolico-liberale, che diventi fatto politico concreto.

Sì, perché senza un centro autorevole nessuna alleanza è possibile sia nel centrodestra che nel centrosinistra. Il centro non va considerato come semplice luogo geometrico, una sigla anonima della politica italiana, alla pari delle tante viste in quest’ultimo ventennio. Il centro è una politica, non ideologica, un metodo di governo valido per ieri e per domani, imperniato sul principio di partecipazione, il cui fulcro è la persona umana, consolidatosi in decenni di storia: è la concezione che il cattolicesimo politico ha sempre avuto della democrazia, distinta dall’individualismo liberale e inconciliabile col collettivismo marxista.

Il pensiero popolare ideato da Sturzo, e che ha segnato per più di un secolo la politica italiana rimane la nuova frontiera a cui il centro deve guardare, evitando di confondere Partito Popolare Europeo col popolarismo, anche perché i popolari italiani non hanno niente a che vedere con partiti reazionari del PPE come quello dell’ungherese Viktor Orban. È altra questione, nella forma e nella sostanza. È necessario quindi lavorare, per far diventare fatto politico concreto l’idea popolare in modo da costruire una solida alleanza su un pilastro resistente quale il centro cattolico-liberale, e da qui proporsi al Paese come forza di governo alternativa al PD di Renzi e alla sinistra.

×

Iscriviti alla newsletter