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Roma, ecco la ricetta dei 5 stelle sui trasporti (disastrati)

E’ la principale questione che viene citata quando si tratta di mettere a fuoco le difficoltà e le inefficienze di Roma. Incontestabile termine di paragone per affermare l’arretratezza della capitale rispetto alle più importanti metropoli del pianeta ma anche ad altre città italiane come Milano. Il funzionamento dei mezzi pubblici rappresenta il problema dei problemi di Roma che tutti i sindaci hanno tentato di affrontare senza, però, riuscire a venirne a capo.

PROGRAMMI A 5 STELLE

E non è un caso che a Roma – secondo i dati ACI del 2014 – il 69% delle persone scelga di spostarsi in automobile mentre nel resto d’Italia la percentuale scende al 59% e in Europa, addirittura, al 35. Un tema cruciale per chiunque si candidi a guidare la città, al quale Formiche.net dedica – dopo aver parlato di AMA e rifiuti –  la seconda tappa del suo viaggio attraverso le idee e i progetti del Movimento 5 Stelle romano. Per capire quale ricetta proponga il partito di Beppe Grillo per la mobilità della capitale.

QUEL CALVARIO DELLA METRO C

Un’analisi che non può non partire dallo stato in cui versa la metropolitana, della cui insufficienza Roma avverte tutto il peso. Le linee in funzione sono appena tre e mezzo. La metro C – in parte ancora in costruzione – ha una storia lunga più di vent’anni visto che inizialmente era stata pensata per il Giubileo del 2000. I lavori, però, sono iniziati nel 2007 all’epoca del secondo mandato di Walter Veltroni e, a oggi, ne risulta completata e consegnata alla città solo una parte, da Pantano a piazza Lodi. Peraltro, non si è ancora arrivati alla fatidica stazione San Giovanni dove la linea C andrebbe quantomeno a incrociarsi con la A e, quindi, a collegarsi con il sistema delle metro romane. I tempi, dunque, continuano ad allungarsi mentre i costi lievitano: finora ammontano a 3,7 miliardi di euro contro i 2,7 del prezzo di aggiudicazione iniziale ma la spesa rischia di aumentare ancora fino a renderla  l’opera pubblica più costosa del dopoguerra.

I 5 STELLE E LA METRO C

Sull’argomento la visione dei 5 stelle alterna critiche feroci a proposte che puntano ad archiviare il progetto inziale. Tra l’estate e l’autunno 2013, la situazione è di completa bagarre. Il Campidoglio è in ritardo nel trasferimento di risorse al general contractor Metro C, le aziende e i lavoratori bloccano a più riprese i cantieri. In questo contesto, a fine settembre, il M5S presenta una mozione (poi respinta dal Consiglio Comunale) in cui chiede di “interrompere i lavori della tratta San Giovanni-Colosseo e Colosseo-Piazza Venezia” e “valutare alternative sostenibili, efficienti, ed economicamente accettabili quali ad esempio il prolungamento della linea 8” del tram.

LA CURA DEL FERRO

La cosiddetta cura del ferro è uno dei cavalli di battaglia dei pentastellati, convinti che il futuro della mobilità romana passi attraverso tram e ferrovie (più che per nuove linee di metro). Un’opinione ben rappresentata dai commenti con cui il M5S ha accompagnato la decisione del Campidoglio di dismettere gradualmente – con l’apertura del primo tratto della linea C della metro – la ferrovia Roma-Giardinetti che si snoda lungo la via Casilina. In un post sul sito romano del movimento, la scelta viene bollata come assurda. “Si è persa un’occasione (l’ennesima) per aumentare l’offerta di trasporto pubblico su ferro della città” il giudizio che non lascia spazio alle interpretazioni.

SUGLI AUTOBUS SENZA BIGLIETTO

L’evasione tariffaria è un altro dei problemi che a Roma nessuno sembra in grado di risolvere. Dai dati diffusi lo scorzo marzo emerge che in alcune zone della città quasi un terzo dei passeggeri utilizza l’autobus senza comprare il biglietto. Le proposte dei 5 stelle a tal riguardo sono  indicate in una nota del 12 novembre 2014 in cui si propone “l’introduzione della presenza a bordo del cosiddetto bigliettaio o tutor per recuperare l’enorme evasione tariffaria”. Quando, però, nell’agosto scorso l’ex assessore alla mobilità Stefano Esposito – subentrato in corsa al dimissionario Guido Improta – propone di introdurre la figura del bigliettaio in via sperimentale su 15 linee di autobus, i pentastellati lo contestano. “E’ un’operazione spot che ha poco senso” attaccano prima di aggiungere: “L’unica soluzione (come avviene in tutto il mondo) è consentire la salita sul bus esclusivamente dalla porta anteriore con il biglietto o l’abbonamento da passare obbligatoriamente sul lettore”.

L’ATAC E I SUOI DEBITI

Un mix di inefficienze e problemi sul quale grava come un macigno lo stato di salute di Atac, l’azienda capitolina dei trasporti. Secondo il comunicato diffuso dalla stessa partecipata lo scorso 22 ottobre, il 2015 si chiuderà con una perdita di 93 milioni di euro. L’indebitamento è di 224 milioni nei confronti delle banche e di 470 – ma il dato è del 2014 – verso i fornitori. A fronte di numeri così disastrosi, il partito di Grillo propone una serie di interventi volti – tra le altre cose – a incrementare la produttività dell’azienda, a ridurne le enormi inefficienze produttive e a effettuare un controllo sul personale che preveda la definizione “di un salary cap per i funzionari e i dirigenti”.

NO AL SOCIO PRIVATO

Per dare un po’ di ossigeno all’azienda, lo scorso luglio l’ex sindaco Ignazio Marino ha aperto all’ingresso di un socio di minoranza privato nel capitale di Atac. Una scelta fortemente criticata dal M5S che – con il deputato Alessandro Di Battista e il capogruppo in Consiglio Comunale Marcello De Vito – ha espresso tutta la sua contrarietà. “No alla privatizzazione di Atac” hanno commentato in quell’occasione all’unisono. Una posizione ribadita più volte anche in passato. Ad esempio, in un post del dicembre 2013, si parla espressamente dell’impegno dei grillini per “evitare ogni forma di privatizzazione” della azienda dei trasporti.

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