L’appuntamento per gli azionisti di Telecom Italia è doppio: la proposta di conversione delle azioni risparmio, varata dal consiglio di amministrazione di inizio novembre, il 15 dicembre sarà all’attenzione dei soci ordinari, mentre due giorni dopo, con un’assemblea speciale, sarà al vaglio della categoria diretta interessata.
I DETTAGLI DELL’OPERAZIONE
Al centro della questione c’è la decisione presa dal cda di Telecom – secondo indiscrezioni di Repubblica per un’accelerazione voluta dal presidente Giuseppe Recchi che ha colto di sorpresa l’amministratore delegato Marco Patuano – di attribuire ai possessori di azioni di risparmio la facoltà di convertire i titoli in ordinari. Questo sulla base di un rapporto di concambio pari a una azione ordinaria per ciascun titolo risparmio, con pagamento di un conguaglio di 9,5 centesimi ad azione. Al termine del periodo per la conversione facoltativa, scatterà quella obbligatoria, sulla base di un rapporto di 0,87 azioni ordinarie per ciascun titolo risparmio.
LE MOTIVAZIONI UFFICIALI DI TELECOM…
Nei documenti ufficiali depositati da Telecom in vista delle due assemblee, la società della telefonia elenca le motivazioni di una decisione che, se andrà in porto, in sintesi estrema, trasformerà titoli senza diritto di voto, ma che normalmente beneficiano di maggiori dividendi, in azioni ordinarie tradizionali. Secondo Telecom, “l’operazione consentirebbe, innanzitutto, di semplificare la struttura del capitale sociale, ridurre gli adempimenti societari e i costi connessi all’esistenza di differenti categorie di azioni e realizzare un’esigenza di semplificazione che è particolarmente avvertita anche in ragione del progressivo venir meno dell’interesse del mercato per le azioni di risparmio”. Inoltre, “l’operazione consentirebbe di ampliare il flottante complessivo delle azioni ordinarie, creando i presupposti per una maggiore liquidità del titolo e, dunque, per un maggiore interesse da parte del mercato e degli investitori istituzionali”. Senza contare che “la società potrebbe conseguire un rafforzamento della propria struttura patrimoniale e il relativo incasso contribuirebbe alla copertura del piano di investimenti innovativi, sia su rete fissa che su rete mobile”. Il riferimento è al conguaglio, di un ammontare massimo che sfiora i 573 milioni, che sarebbero chiamati a pagare gli azionisti risparmio in caso di conversione facoltativa.
…E QUELLE UFFICIOSE
Ma dietro all’operazione si nascondono anche alcune motivazioni ufficiose. Tanto per cominciare, la conversione delle azioni, aumentando i titoli ordinari in circolazione, di fatto diluisce gli attuali soci, ridimensionandone il potere. Accadrà perciò sia alla Vivendi di Vincent Bollorè, al 20% di Telecom, sia a Xavier Niel, l’altro azionista francese che nei giorni scorsi a sorpresa ha annunciato una posizione potenziale (attraverso derivati) di poco più del 15% nella società guidata da Patuano. L’operazione, perciò, potrebbe essere interpretata in chiave di difesa dell’italianità contro le mire dei soci francesi.
I NUOVI CONSIGLIERI E LE MOSSE DEI FONDI
In realtà, il colosso dei media Vivendi è stato subito in grado di trarre vantaggio dalla proposta di conversione, circostanza che sembra avvalorare la tesi, ventilata da indiscrezioni, di un asse tra Recchi e Bollorè. Vivendi, infatti, nei giorni scorsi, ha chiesto di integrare l’ordine del giorno dell’assemblea del 15 dicembre per portare da 13 a 17 i componenti del cda di Telecom, facendo così entrare nella stanza dei bottoni dei propri esponenti. Sebbene l’ex socio di controllo Telco non esista più, nessuno dei dieci consiglieri nominati dalla lista di maggioranza sembra, infatti, disposto a dimettersi per lasciare spazio ai nuovi grandi soci francesi. A riguardo, tra l’altro, il Corriere della Sera del 18 novembre riferisce che i fondi italiani e internazionali soci di Telecom, che nell’ultima assemblea rappresentavano ben il 66% del capitale e che in cda esprimono tre consiglieri, stanno ragionando su questa richiesta di Vivendi, senza escludere la possibilità di presentare una propria lista di nomi.
LE CONTROMOSSE DEI SOCI RISPARMIO
Ma i soci di risparmio che dicono? Il rappresentante comune, Dario Trevisan, in un documento datato 17 novembre e depositato in vista delle assemblee di dicembre, scrive: “Allo stato e sulla base delle valutazioni effettuate, si ritiene che la prospettata operazione risponda agli interessi di categoria, oltre a risultare in linea con le best practice internazionali, permettendo la semplificazione della struttura del capitale con l’eliminazione delle differenti tipologie di azioni con diritti differenziati. Si rimette in ogni caso – conclude Trevisan – la valutazione finale sulla convenienza di tale operazione alla libera determinazione dell’assemblea dei titolari di azioni di risparmio che, attraverso l’approvazione o meno della delibera assunta in sede di assemblea straordinaria dei soci ordinari, potranno pronunciarsi sull’operazione tenuto conto di tutti i parametri su cui la stessa si basa”. Pur valutando positivamente la richiesta di conversione, Trevisan riconosce che “assume ruolo centrale nella valutazione della convenienza dell’operazione il rapporto di conversione delle azioni di risparmio in azione ordinarie”. Ecco perché il rappresentante comune degli azionisti ha già preso contatto con un consulente finanziario “al fine di ottenere un parere sui rapporti di conversione proposti, che verrà reso noto non appena disponibile e, possibilmente, nel termine di ventuno giorni antecedenti la data dell’assemblea speciale”.