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Telecom Italia, come borbottano i fondi (confusi) contro Vivendi

Di giorno in giorno, diventa sempre più evidente che l’assemblea degli azionisti di Telecom Italia in calendario per il 15 dicembre non ruoterà tanto intorno alla conversione dei titoli risparmio in ordinari, proposta che ha fatto scattare la convocazione dei soci, quanto piuttosto al possibile ingresso dei rappresentanti di Vivendi in consiglio di amministrazione.

COSA VUOLE VIVENDI

Il gruppo dei media francese che fa capo al finanziere bretone Vincent Bollorè ha chiesto di integrare l’ordine del giorno dell’assemblea del 15 dicembre per fare spazio in cda a quattro propri rappresentanti, così da portare il numero complessivo dei consiglieri a 17 componenti dagli attuali 13. Si tratta, nel dettaglio, di Arnaud Roy de Puyfontaine, Stéphane Roussel, Hervé Philippe e Félicité Herzog.

Nella relazione depositata in vista dell’assemblea è la stessa Vivendi a spiegare il motivo della richiesta: la società di oltralpe, di recente salita al 20% di Telecom, “ritiene coerente con l’entità e le finalità del proprio investimento disporre della possibilità di concorrere alla elezione in sede assembleare di quattro nuovi amministratori. Ove tale possibilità non le venisse offerta, infatti, Vivendi non riuscirebbe, sino alla scadenza dell’odierno cda, a contribuire in modo fisiologico e costruttivo alla migliore gestione della società nell’interesse di tutti gli azionisti”. Insomma, il senso sembra essere più o meno questo: abbiamo investito nella società italiana (“circa 3 miliardi finora che potrebbero diventare 4 in futuro”, scrive Giovanni Pons su Repubblica) e vogliamo entrare nella stanza dei bottoni.

PIU’ DENARO AL CDA DI TELECOM

Ovviamente, i soci francesi di Telecom chiedono anche che i propri rappresentanti in cda, al pari degli altri consiglieri, siano pagati: “Vivendi – si legge sempre nella relazione depositata in vista dell’assemblea – propone altresì di riconoscere ai nuovi amministratori un compenso pro rata temporis pari a quello già attribuito ai consiglieri in carica. Al riguardo si rammenta che l’assemblea del 16 aprile 2014 aveva stabilito un compenso complessivo annuo per l’intero cda pari a 1,9 milioni, da ripartire fra i consiglieri in conformità alle deliberazioni da assumersi dal consiglio medesimo. Vivendi propone, pertanto, di incrementare tale ammontare complessivo, per il periodo che residua fino alla scadenza del mandato (aprile 2016, quando cioè sarà approvato il bilancio del 2015, ndr), in misura proporzionale al numero di amministratori di cui si propone la nomina”.

Su questo punto si sofferma anche la stessa Telecom Italia, nella propria relazione approvata dal cda e depositata sempre in vista dell’assemblea dei soci di dicembre. “Sull’incremento del compenso complessivo – scrive il gruppo guidato dall’ad Marco Patuano – si rappresenta che dell’importo massimo di 1,9 milioni di euro annui risulta attualmente impegnata la somma di 1,68 milioni a titolo di remunerazione” per 11 consiglieri (sono esclusi l’ad e il presidente Giuseppe Recchi) e per altri incarichi analoghi, principalmente quelli nei comitati.

Come evidenziato da Repubblica, il cda di Telecom, nel rispondere alle richieste di Vivendi, ha dato un colpo al cerchio e uno alla botte. Da una parte, infatti, ha reputato “la propria attuale composizione adeguata in termini quali-quantitativi e soddisfacente il lavoro e l’impegno dei consiglieri”. Dall’altro lato, però, ha fatto sapere che “la nomina di ulteriori consiglieri può essere un’opportunità di arricchimento per il cda”.

L’OPPOSIZIONE (CONFUSA) DEI FONDI

Chi invece sembra disposta a concedere meno ai nuovi azionisti francesi è l’associazione dei fondi comuni Assogestioni. Quest’ultima, al momento, conta tre rappresentanti in un cda di 13 membri, mentre coi nuovi ingressi, che porterebbero a 17 il numero totale degli amministratori, rischia di trovarsi fortemente ridimensionata. Ma, dubbi a parte, Assogestioni al momento non sembra avere idee chiarissime su come muoversi per fare valere le proprie ragioni. Ecco perché – ha rivelato Repubblica – i tre rappresentanti dei fondi, nel consiglio che ha risposto a Vivendi, non si sono comportati in maniera omogenea: Davide Benello ha votato a favore dei francesi, Francesca Cornelli ha detto “no”, mentre Lucia Calvosa è uscita prima della votazione. “Tre orientamenti diversi che danno l’idea della confusione che regna sui temi di governance”, scrive Pons. Ecco perché a questo punto sarà fondamentale vedere come si schiereranno gli operatori del risparmio gestito nell’assemblea di metà dicembre.

IL NODO DELLA CONCORRENZA

Come sostenuto da Federico De Rosa sul Corriere della Sera, i fondi sembrano infastiditi anche dal fatto che “i nuovi consiglieri saranno svincolati dal divieto di concorrenza”. Sì, perché, tra le richieste di Vivendi, c’è anche quella di “autorizzare i nuovi amministratori al proseguimento delle attività indicate nei rispettivi curriculum vitae, con svincolo dal divieto di concorrenza rispetto a queste attività”. Arnaud de Puyfontaine, per esempio, è l’amministratore delegato della stessa Vivendi. Su questo punto, particolarmente delicato, il cda di Telecom ha dato il via libera ma precisando che, “in ogni caso, al consiglio di amministrazione farà comunque carico di valutare le fattispecie problematiche determinatesi successivamente alla nomina, segnalando all’assemblea eventuali criticità”. Intanto, gli occhi sono puntati all’assise del 15 dicembre, che sarà fondamentale per comprendere i nuovi equilibri che si stanno formando nella società ex monopolista telefonica.


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