Sebbene il viaggio in Italia del presidente Hassan Rouhani, atteso a Roma sabato 14 e domenica 15 novembre, sia saltato dopo gli attentati Parigi, l’interesse occidentale per Teheran non cala, anzi. Da oggi al 30 novembre, 178 aziende, 20 associazioni imprenditoriali e 12 gruppi bancari della Penisola, per un totale di 370 partecipanti, sono nella Repubblica Islamica per una missione imprenditoriale. Obiettivo: tastare con mano le possibili collaborazioni economiche possibili una volta che l’Iran sarà sollevato dal fardello delle sanzioni. In passato primo partner commerciale dell’Iran, l’Italia è proprio uno dei Paesi per i quali il possibile rientro della Repubblica Islamica sui mercati internazionali apre scenari tra i più interessanti, soprattutto nel settore energetico.
LE OPPORTUNITÀ PER L’ITALIA
Tra i dossier degli incontri di Rouhani in Italia ci sarebbe stata molta politica, ma anche spazio sufficiente per parlare di business. Un argomento che verrà approfondito nel corso di questo viaggio d’affari. Il feeling tra Roma e Teheran non è mai venuto meno, neanche in questi anni difficili (“Sulle questioni internazionali e politiche – aveva rimarcato Rouhani in una lunga intervista al Corriere della Sera -, i leader italiani hanno sempre avuto un atteggiamento moderato nei nostri confronti. Nelle nuove condizioni, l’Italia può essere per noi uno dei partner più importanti”). Parole che confortano le nostre imprese, interessate a ritornare appieno in un Paese giovane, istruito e dalle grandi opportunità. In prima file c’è il nostro colosso degli idrocarburi, Eni, che in tutti gli studi già avviati – da quello dell’Istituto per il commercio estero a quello del gruppo assicurativo Sace – figura tra i maggiori beneficiari di questa probabile apertura.
L’ANALISI DI VERDA
“Il pregio principale è che avremo un produttore in più di petrolio nel lungo periodo”, spiega a Formiche.net Matteo Verda, ricercatore dell’Università di Pavia e dell’Ispi, e autore di un focus sulla sicurezza energetica pubblicato dall’Osservatorio di politica internazionale del Parlamento italiano. “Con l’Iran di nuovo in campo il mercato si diversifica. Per l’Italia, che dipende per più del 90 percento dal petrolio si tratta senza dubbio di una buona notizia. Più offerta vuol dire anche più concorrenza”. Altri vantaggi deriverebbero invece dalle incrementate attività del Cane a sei zampe. “Se consideriamo che cittadini italiani sono azionisti di Eni, possiamo immaginare positivi ritorni in termini di dividendi, Senza contare che se la compagnia prende delle commesse, è più facile che fornitori italiani vi accedano”.
I BENEFICI PER L’IRAN
Anche l’Iran ha molto da guadagnare dal rapporto energetico con l’Italia. “Per Teheran è indispensabile attirare investimenti. Le società petrolifere come Eni sono disposte a farli”. “Nel breve periodo la vendita di petrolio consentirà all’Iran di fare cassa esportando. Mentre nel medio periodo, nel giro di circa cinque anni, quando le imprese degli idrocarburi avranno già firmato nuovi contratti, il Paese potrà anche godere di un trasferimento di tecnologia che queste portano con sé”.
IL NODO DEI CONTRATTI
Indispensabile sarà, però, la revisione degli attuali contratti da parte della Repubblica Islamica. “Si tratta di un percorso già avviato da tempo. Bisogna definire le questione delle condizioni di accesso di Eni e altre compagnie al mercato iraniano. È prioritario, per queste aziende, che ci sia una migliore ripartizione del rischio, dei profitti e garanzie sulla protezione degli investimenti. In questo momento la legislazione iraniana non consente di fare investimenti in condizioni soddisfacenti per le multinazionali, che desiderano che vengano archiviate le vecchie condizioni stabilite dopo la rivoluzione del ’79”.
NON SOLO PETROLIO
Dal punto di vista energetico Iran non vuol dire solo petrolio. Il Paese è una delle maggiori riserve al mondo di gas. Come verranno usate queste risorse e quali saranno le opportunità per l’Italia? “Il primo giro di investimenti”, sottolinea Verda, “le grandi multinazionali lo faranno sul petrolio. È più facile da commercializzare e offre rendimenti quasi immediati. Il gas genera meno reddito e per la sua distribuzione ha bisogno di costose infrastrutture. Ma nel lungo periodo, tra i 5 e i 10 anni, ci saranno sviluppi anche in questo ambito. Il gas serve molto al mercato interno iraniano. E una parte potrà anche essere esportata, immagino sul modello qatarino, ovvero attraverso gas naturale liquefatto”.
I RISVOLTI GEOPOLITICI
Più complesso, per il ricercatore, che il gas iraniano possa invece sollevare l’Europa (e l’Italia) dalla dipendenza dalla Russia, come hanno ipotizzato alcuni osservatori. “Fare previsioni di lungo periodo è difficile. Su questo tema peserà molto l’evoluzione dei rapporti con Mosca. C’è un dato economico. Far arrivare il gas dalla Federazione russa costa meno. Ciò non vuol dire che non arriverà gas iraniano nell’Unione europea, se Teheran esporterà gnl. Ma di sicuro, se si resta sul piano della convenienza, non potrà sostituire quello russo. Se ciò avverrà sarà solo per scelte politiche, comunque poco lungimiranti. Pur con una crisi in atto, la scelta migliore e più pragmatica rimane quella di dipendere da gas russo in arrivo via tubo, che non dal gnl della Repubblica Islamica”.