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Giacarta, come (e perché) Isis ha colpito un altro bastione dell’Islam moderato

Un attacco terroristico rivendicato dall’Isis ha colpito oggi Giacarta (qui i dettagli), la capitale dell’Indonesia. Sette persone sono morte a causa di una serie di esplosioni e di spari tra la folla nel centro finanziario della città, vicino al palazzo presidenziale e a un edificio delle Nazioni Unite.

LA PREVISIONE RUSSA

Lo Stato Islamico aveva rivolto minacce all’Indonesia, inserita nella lista degli obiettivi da colpire. Per questa ragione, a metà dicembre, Mosca aveva avvertito i cittadini della Federazione di un aumento dei rischi connessi a un viaggio nel Paese. “Il ministero degli Affari esteri della Russia – riportò il sito russo filo governativo Sputnik – consiglia ai turisti in Indonesia di fare più attenzione, evitare luoghi affollati e non lasciare le zone turistiche sorvegliate”.

LEGGE ANTI TERRORISMO

Dallo scorso 25 novembre, le autorità indonesiane hanno rafforzato le misure di sicurezza in tutto il Paese: aeroporti, centri commerciali, ambasciate e palazzi di governo. Lo Stato ha irrigidito le leggi antiterrorismo. A luglio, il presidente indonesiano, Joko Widodo, dichiarò che sarebbero state incluse “nuove clausole nelle nostre leggi per prevenire qualsiasi attentato pianificato sul nostro territorio”.

UN CASO ESEMPLARE

Come parte di questa nuova politica di sicurezza, Widodo citò una sentenza di giugno contro il 63enne teologo musulmano Afief Abdul Madjid, addestrato dall’Isis e condannato a quattro anni di carcere per aver contribuito, nel 2010, al finanziamento di jihadisti operanti nell’estremo ovest dell’Indonesia.

COLOSSO MUSULMANO

L’Indonesia è il Paese a maggioranza musulmana più popolato al mondo. Su 211 milioni di abitanti, circa 150 milioni seguono la fede di Allah. I cattolici, invece, sono 6,4 milioni. La Costituzione indonesiana è basata sul Pancasila (cinque principi dello Stato) e assicura libertà di culto a tutte le religioni riconosciute: Islam, Cristianesimo, Buddhismo, e Induismo.

CELLULE RADICALI

L’Islam indonesiano è, per tradizione, moderato. La sua coesistenza con le minoranze religiose è sempre stata pacifica. Ma dopo l’intervento militare occidentale in Afghanistan, nel Paese sono nati diversi gruppi estremisti: l’Associazione di Studenti Islamici (HMI), il Movimento Islamico Indonesiano (GPI), il Sindacato di Lavoratori musulmani indonesiani (PPMI) e il Fronte dei Difensori dell’Islam (FPI). Queste formazioni hanno manifestato la volontà di inviare alcune truppe a combattere con i talebani.

CONTRO GLI “AHMADIYYA”

L’obiettivo principale della violenza delle frange è anche la minoranza musulmana degli “ahmadiyya”, considerati apostati ed eretici, perché credono che Maometto non sia stato l’ultimo profeta. Nahdlatul Ulama (NU) e Muhamadiya, due organizzazioni islamiche moderate con circa 70 milioni di iscritti, portano avanti una campagna a favore della tolleranza reciproca.

Negli ultimi anni gli “ahmadiyya” sono stati respinti da Samarinda (provincia indonesiana di Borneo Orientale) e Bogor. Nel 1980 e nel 2008, il Consiglio Indonesiano degli Ulema (MUI) ha prodotto una “fatwa” (sentenza giudiziaria) contro questa minoranza: “Se oppongono resistenza a cambiare dottrina, meglio che vengano respinti dall’Islam e creino una nuova setta”.

VALORE DEMOCRATICO

Anche sulla questione di una presunta incompatibilità tra un sistema democratico e la cultura islamica, l’Indonesia riesce a rappresentare un’eccezione positiva. Secondo il report Democracy Index elaborato dall’Economist, nel Paese la democrazia gode di buona salute. Molto meglio di quella di due membri dell’Unione europea: Romania e Bulgaria. I fattori presi in considerazione dal report sono il pluralismo politico, l’atteggiamento del governo, la cultura politica della popolazione e le libertà civili.

PROSPERITÀ ECONOMICA

L’economia indonesiana subirà probabilmente gli effetti degli attentati terroristici. Per arrestare un calo del Pil, il presidente Widodo ha cercato di realizzare misure politiche a favore della crescita e dell’attrazione di investimenti esteri. Invece del 4,8% indicato da Bloomberg, l’economia indonesiana è cresciuta del 4,67%, il livello più basso degli ultimi sei anni. Secondo l’Ufficio Centrale di Statistiche (BPS), la disoccupazione in Indonesia è del 6%. Circa 7,6 milioni di persone non hanno uno stipendio fisso. Il quotidiano Yakarta Globe sostiene che il Paese del sudest asiatico non riesca ancora a riprendersi dalla crisi del 2009. Questo quadro socio-economico, sommato agli scontri religiosi e culturali, fa dell’Indonesia (come la Malesia) terreno fertile per gli estremisti islamici.


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