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Tutti i dettagli della strage Isis a Damasco

Tre esplosioni hanno squarciato un quartiere del centro di Damasco, provocando una sessantina di vittime e oltre cento feriti. L’attentato si è verificato nei pressi del santuario sciita di Sayyida Zeinad, nella zona sud della capitale, che è molto popolata.

IL RIVENDICO

Amaq News, agenzia di stampa vicina al Califfato, ha parlato di una rivendicazione dello Stato islamico: due kamikaze si sarebbero fatti saltare in aria “vicino alla roccaforte delle milizie sciite a Damasco”.

Secondo i media siriani prima sarebbe esplosa un’autobomba e successivamente si sono fatti saltare in aria i due attentatori suicidi. Le immagini diffuse mostrano un’ampia zona distrutta, con edifici rovinati e automezzi disintegrati.

LA ZONA

Il luogo colpito è fortemente simbolico, in quanto il mausoleo custodisce le spoglie della nipote di Maometto, figlia di Ali, che gli sciiti considerano il successore del Profeta. Difendere la tomba di Zeinab è la giustificazione che gli iraniani hanno usato per entrare in azione al fianco del regime all’inizio del conflitto.

Negli anni precedenti è stato teatro di scontri cruenti,  anche se l’ultimo attacco (di dimensioni minori) risale al febbraio 2015. Per ragioni di importanza culturale e rappresentatività, i gruppi sciiti appoggiati dall’Iran (milizie irachene e Hezbollah) ne avevano garantito la sicurezza a fedeli e pellegrini, che come scrive la BBC continuano a visitare il luogo di culto nonostante la guerra.

Lo Stato islamico colpisce spesso gli sciiti ed ha inquadrato parte della propria esistenza e propaganda in una sorta di pulizia etnica delle minoranze, contrariamente ad altri gruppi islamici radicali che non attaccavano gli altri musulmani; due giorni fa, per esempio, un attentato ha colpito una moschea sciita in Arabia Saudita uccidendo sette persone e ferendone 18.

IL CONTESTO

Come diversi osservatori hanno fatto notare, l’attentato arriva in contemporanea all’apertura del nuovo round di colloqui per trovare una soluzione politica alla crisi siriana in corso a Ginevra. Negoziati imprbabili, che difficilmente raggiungeranno qualcosa si costruttivo o anche soltanto di potabile, mentre la crisi siriana continua. Alberto Negri sul Sole 24 Ore ha riassunto perfettamente il quadro della situazione: “Senza farsi troppe illusioni: l’economia della Siria è stata disintegrata. L’80 per cento della popolazione è sotto la soglia di povertà e i costi di un’eventuale ricostruzione sono stimati dieci volte di più di quanto gli Stati Uniti abbiano speso in Iraq. Il regime di Assad sopravvive con gli aiuti esterni della Russia e dell’Iran, le milizie islamiste con i traffici, gli aiuti dei Paesi del Golfo e della Turchia, il contrabbando di ogni bene possibile, petrolio incluso, e soprattutto l’esazione di una popolazione allo stremo, affamata e assediata. Il problema della Siria è che gli attori in questo campo di battaglia sono troppo deboli per vincere e ancora troppo forti per perdere“. A questo scenario disperato, si somma l’opera distruttiva dello Stato islamico, che non conosce armi diplomatiche.

 

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