Che cosa sta succedendo tra Uberpop, taxi di mezza Italia e il governo? Sono giornate di passione per l’app nata negli Usa che ha rivoluzionato il trasporto privato, finita nuovamente nel mirino dei tassisti. In Francia, due giorni fa centinaia di tassisti sono scesi in piazza per protestare, con tanto di guerriglia urbana, contro la concorrenza sleale dei privati cittadini che si sono improvvisati conducenti iscrivendosi a Uberpop. L’onda della protesta si sta lentamente propagando anche in Italia. Perché tanto malcontento contro l’app della discordia? Facciamo un po’ di chiarezza.
COSA E’ UBER
C’è un punto fermo in tutta questa vicenda. E cioè che Uberpop, ad oggi, in Italia è illegale. Lo ha stabilito lo scorso maggio una sentenza del Tribunale di Milano, che ha giudicato il servizio come lesivo della concorrenza. Che significa? Tutto ruota intorno alle modalità con cui si diventa, improvvisamente, autisti. Niente licenza, nessun esame. Chiunque sia in possesso di un’auto e di una regolare patente può iscriversi al portale Uber, scaricare l’app, essere a sua volta contattato dai clienti ed entrare ufficialmente nel circuito, trasportando persone sulla propria auto dietro regolare pagamento, rigorosamente online. Uberpop è fuorilegge dal 2015 anche in Francia, in Olanda, ma non in Germania dove, dopo un primo stop, lo Stato ha accettato una nuova versione del servizio, giudicato rispettoso delle leggi tedesche. In Danimarca, benchè le autorità abbiano più volte accettato di chiuderlo, Uberpop è tuttora funzionante.
L’IPOTESI DEL PD
Fin qui il quadro della situazione. Le proteste dei tassisti non sono però una novità (a settembre a Bruxelles si riunirono a migliaia). Più volte, fin dalla sua comparsa in Europa, nel 2014, i conducenti sono scesi in piazza per protestare. E più volte il governo aveva annunciato di colmare la lacuna, mettendo delle regole a Uberpop (si era parlato di intervenire con il Milleproroghe 2015). Ma finora nulla in questo senso è stato fatto. Fino a che, come documentato nei giorni scorsi da Formiche.net, alcuni emendamenti all’articolo 50 del ddl Concorrenza firmati dalla senatrice dem e vicepresidente di Palazzo Madama, Linda Lanzillotta, ha riaperto la questione, proponendo una soluzione di mezzo. Lanzillotta punta a una regolamentazione certa di Uberpop. Lo scorso maggio, a poche ore dalla sentenza contro Uberpop del Tribunale, mentre i tassisti esultavano, la senatrice scriveva su Twitter “Uberpop non è il diavolo. Ok regolamentare, ma non limitare la libertà di scelta dei cittadini”. Come a dire, nessuno è obbligato a prendere un taxi, tuttavia Uberpop va sottoposto a regole precise, uscendo dall’ombra dell’illegalità. Posizione sostanzialmente ribadita in un’intervista all’Unità, dove Lanzillotta ha giustificato l’esigenza di regole in virtù di una concorrenza che “fa bene a tutti”. Per questo la senatrice ha sottoscritto alcuni emendamenti che prevedono tra le altre cose la registrazione di Uberpop in un apposito albo, e l’obbligo per gli autisti che utilizzano l’app di sottostare a determinati requisiti per garantire l’incolumità dei passeggeri. Legalizzando quindi un servizio considerato dalla giustizia italiana fuorilegge. Regole che tuttavia non dovranno finire con l’imbrigliare del tutto Uberpop, rivelandosi un boomerang. Come si legge nel testo della proposta, infatti, l’obiettivo dell’emendamento è “evitare soluzioni che, pur rappresentando un’apertura a questi servizi, possano sancirne un’operatività ridotta”, limitando la concorrenza. Legalizzare Uberpop, è il pensiero della Lanzillotta, trasformerebbe semplicemnete una concorrenza la sleale a leale, senza darla vinta ai tassisti che ne chiedono invece la sparizione.
COSA DICONO A PALAZZO CHIGI
Ma cosa ne pensano al governo? Da Palazzo Chigi, per il momento, trapela poco o nulla. Anche da alcuni ambienti accreditati, traspare un certo appoggio alla linea Lanzillotta per una regolamentazione del servizio. Il governo, dicono alcune fonti, vuole andarci cauto, senza rinunciare tuttavia a mettere delle regole per Uberpop. Per questo, viene spiegato, l’emendamento Lanzillotta ha ottime chances di non essere cassato nel corso dell’esame degli emendamenti, finendo per lo più riformulato. E comunque, un intervento a favore della regolamentazione di Uberpop era stato espressamente chiesto dall’Antitrust lo scorso novembre, proprio per garantire concorrenza e incolumità dei passeggeri.
CONSUMATORI CONTRO TASSISTI
I tassisti scesi in piazza però vogliono di più. Anzi vedono nella proposta del Pd una sorta di riconoscimento ufficiale da parte dello Stato dell’app, che secondo loro dovrebbe semplicemente bandirla. “Bisogna che le istituzioni, lo Stato, dicano basta all’abusivismo con l’aggiramento di regole che governano questo settore da parte di chi opera in un regime di semi o totale illegalità. Devono essere fermati, ci sono sentenze che lo dicono, ma nessuno fa nulla”, hanno spiegato alcuni tassisti. Tutti d’accordo? No. L’Unione dei consumatori la pensa diversamente dai tassisti. Uber non va cancellata, va semplicemente regolamentata. Per questo Massimiliano Dona, dell’Unione dei ha invitato “i politici a perseguire l’interesse nazionale e a non farsi condizionare dalle piazze. L’agenda politica non puo’ essere dettata da chi vuole difendere i propri privilegi di casta”. Ancora, “non è accettabile che i tassisti blocchino ogni tentativo del legislatore di aggiornare una legge antidiluviana che non prevede la sharing economy e l’utilizzo di piattaforme digitali come Uber”.
COSI’ LANZILLOTTA RISPONDE AI TASSISTI
Ai tassisti che l’accusano di legittimare la concorrenza sleale, Lanzillotta ha risposto così in un’intervista all’Unità: “Le proposte di modifica casomai incentivano a fare meglio, tutti. E d’altronde già adesso i taxi hanno elevato la qualità dei loro servizi. Più concorrenza non potrà fare altro che spingere tutti a migliorarsi, con beneficio dei consumatori. Con questi emendamenti introducono regole a tutela dei consumatori”. La senatrice ha poi elencato alcune delle norme previste negli emendamenti. “Gli autisti devono avere precisi requisiti professionali, non è che chiunque si mette al volante e può fare il tassista. Oppure, eliminare le intermediazioni con chi non è professionista: sono cose che ci sono già in tutti i paesi. A New York sono entusiasti di usare Uber, non si capisce perché in Italia questo non deve essere consentito: la concorrenza fa bene a tutti, tassisti e Uber, e soprattutto fa bene ai cittadini-consumatori. Solo da noi questo discorso semplice viene contestato”. A breve si vedrà come andrà a finire. Chissà se si avvererà quanto scritto da Uber Italia su Facebook, a inizio anno. “Speriamo che l’anno nuovo porti i cambiamenti necessari per rendere tutto questo realtà e consentirci di offrire a sempre più italiani un’alternativa di mobilità”.