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Liga Veneta, così Salvini cede alla vecchia guardia bossiana

E’ la riscossa della vecchia guardia bossiana, il ritorno dei leghisti “duri e puri” di un tempo, quelli che alla giacca e cravatta del governatore lombardo Bobo Maroni hanno sempre preferito la canotta del senatùr Umberto Bossi. Spazzati via nella notte delle scope di maroniana memoria, messi all’angolo dal sindaco di Verona Flavio Tosi che nel 2012 era riuscito a strappare il controllo della Liga Veneta allo storico leader Gian Paolo Gobbo (il suo candidato Massimo Bitonci, ora sindaco di Padova, risultò sconfitto di poco), ora sono pronti a tornare con i loro slogan per l’indipendenza del Veneto, con buona pace del nuovo corso a trazione italica di Matteo Salvini.

L’AFFRONTO NELLA VERONA DI TOSI

Non è un caso che il primo congresso nazionale post-Tosi della Liga (che considera il Veneto una nazione e non una regione) si tenga proprio a Verona, all’interno della Fiera. Nel cuore del potere tosiano, nella città amministrata dal sindaco ex segretario nathional del Carroccio poi cacciato da Salvini, domenica 7 febbraio sarà incoronato il nuovo leader veneto con la benedizione del Capitano, così da chiudere la fase di interregno gestita dal commissario Gian Paolo Dozzo. La scelta di Verona come città ospitante il congresso è simbolica; da lì vuole ripartire il Carroccio recuperando i consensi smarriti con la diaspora tosiana, da lì vuole ricostruire il partito.

LA CANDIDATURA UNITARIA DI DA RE

La convergenza su un nome condiviso non è stata indolore. Salvini aveva dato ai suoi un solo messaggio: “Non voglio casini”. E nella Liga hanno cercato di dargli retta, nonostante le distinzioni tra correnti e territori (qui l’ultima ricostruzione di Formiche.net su tutti i congressi del Carroccio nelle regioni). Alla fine a spuntarla è stato Gianantonio “Toni” Da Re, che domenica sarà l’unico candidato. Sessantadue anni, ex segretario leghista nella potentissima provincia di Treviso, già consigliere regionale e sindaco di Vittorio Veneto, è stato per lunghi anni il braccio di Gobbo, l’ex sindaco di Treviso di stretta osservanza bossiana per 14 anni leader della Liga Veneta. Da Re è anche molto vicino al governatore Luca Zaia (il vero leader leghista in regione), che proprio da Treviso ha mosso i primi passi della sua carriera politica come presidente di Provincia ed è stato allevato alla scuola Gobbo-Da Re. Si tratta quindi di un ritorno al passato, di un simbolo della vecchia guardia leghista fedele a Bossi che torna a prendere in mano le redini del partito dopo la parentesi maronian-tosiana.

SALVINI SI E’ DOVUTO ADEGUARE

Il Capitano avrebbe preferito un’altra soluzione che guardasse al rinnovamento e al ricambio generazionale. Per lui, dicono i bene informati, l’ipotesi ideale sarebbe stata quella di piazzare ai posti di comando della potente Liga Veneta l’eurodeputato Lorenzo Fonatana; trentasei anni, volto giovane ed emergente del partito, fedele alla causa salviniana che perora soprattutto a Bruxelles dove tesse le fila dei rapporti con il Front National di Marine Le Pen, Fontana è soprattutto un veronese ed ex tosiano (eletto al Parlamento Ue grazie alla rinuncia al seggio del sindaco di Verona) e forse anche per questo non tutti erano pronti a sostenerlo. Il diretto interessato ha fatto ben presto capire di non essere interessato a un ruolo regionale (la concorrenza è molto affollata tra Zaia, Bitonci e altri), preferendo puntare all’incarico di vicesegretario federale che gli potrebbe essere assegnato. Salvini quindi, non avendo altri uomini capaci di mobilitare consenso tra i militanti, si è dovuto adeguare e una volta emersa la candidatura di Da Re dalla influentissima Marca non ha potuto fare altro che sostenerla limitandosi a chiedere che non ci fossero scontri interni. Ma così si ritrova con il partito in Veneto in mano alla vecchia guardia bossiana.

LA RINUNCIA DI MARCATO

L’unico che avrebbe potuto impensierire Da Re e la corazzata trevigiana era Roberto Marcato, il robusto assessore regionale allo Sviluppo economico, volto noto nei talk-show nazionali. Mister preferenze alle ultime regionali con 7.320 voti personali, già segretario del Carroccio padovano, in tanti gli avevano chiesto di puntare alla segreteria nathional. Ma lui, come ha spiegato domenica scorsa al Gazzettino, ha deciso di rinunciare, tenendo fede al patto col governatore Zaia, che ha sempre chiesto di tenere le beghe di partito fuori dalla giunta, e optando per la soluzione unitaria. Marcato però ha voluto fissare qualche paletto: dalla richiesta di maggiore importanza a Padova al richiamo ai valori di un tempo. “Siamo la Liga e il tema dell’indipendenza deve essere al primo posto dell’agenda”. Fino a lanciare un avvertimento chiaro: “La Lega è una, non c’è spazio per progetti politici diversi, per uomini soli al comando, per correnti e piccole Leghe nella Lega”. A chi si riferiva? Sicuramente a quanto accaduto con Tosi, ma non è escluso che anche il progetto della lista Noi con Salvini al Sud possa rientrare in questo ragionamento.

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