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Tutto pronto per il Comitato referendario anti No Triv

Cresce anche in Italia il fronte di chi si oppone alla logica del “contro” tutto e a tutti i costi, anche quando, come nel caso dello sviluppo del settore degli idrocarburi, potrebbe dar vita a opportunità di investimento e ricerca, oltre a portare vantaggi in termini occupazionali ed economici. Per questo, a pochi mesi dal referendum del 17 aprile con cui gli italiani saranno chiamati a scegliere se le concessioni per la coltivazione di idrocarburi in mare possano avere o no la stessa durata dei giacimenti entro le 12 miglia marine, ha mosso i primi passi oggi a Roma il comitato che ha come obiettivo principale quello di “sfatare, dati alla mano, tutte le bugie di chi nella Penisola si oppone strumentalmente alle trivellazioni”.

CHI ADERISCE

A presiedere il comitato sarà Gianfranco Borghini, già parlamentare del Pci prima e del Pds poi. Tra i nomi presenti una rappresentanza del mondo imprenditoriale, associativo e dei media: il consigliere regionale Pd dell’Emilia Romagna Gianni Bessi (qui i suoi interventi su Formiche.net); Alessandro Beulcke, presidente di Aris, l’organizzazione che gestisce il Nimby Forum e il Festival dell’Energia; Rosa Filippini (direzione nazionale dell’associazione Amici della Terra); Corrado Ocone, filosofo, scrittore e responsabile attività web ed editoriali per l’Università Luiss Guido Carli di Roma; Ernesto Auci fondatore di Firstonline; Piercamillo Falasca, direttore editoriale di Strade; l’editorialista Stefano Cingolani (firma del Foglio e di Formiche.net) e il giornalista di Panorama Carlo Puca; oltre al giornale online Formiche.net, che segue da tempo la tematica e che ha ospitato nel tempo diverse riflessioni sul tema.

IL REFERENDUM

Lo scorso settembre, raccontò Formiche.net, 9 regioni italiane – Basilicata, Marche, Puglia, Sardegna, Veneto, Calabria, Liguria, Campania e Molise – presentarono sei quesiti referendari con l’intenzione di abrogare alcuni punti inseriti nella legge di stabilità 2016 riguardanti le estrazioni offshore. Il governo, per evitare il referendum, modificò la legge ma la Cassazione, i primi di gennaio, ritenne comunque valida una proposta referendaria. In seguito all’approvazione della Corte costituzionale, ieri, giovedì 11 gennaio, il Consiglio dei ministri si è trovato “costretto” a indire il referendum, cavalcato da alcuni partiti e politici (come il Movimento 5 Stelle e il presidente della Regione Puglia, il dem Michele Emiliano, e alcuni movimenti).

GLI OBIETTIVI E I MESSAGGI

Per il comitato, si dice tra gli organizzatori, “è importante sottolineare come al momento prevalga, dai vaccini alle trivellazioni, una narrativa che sta arrecando enormi danni al Paese in termini economici e sociali”. Non è una questione di scarso ambientalismo, che, anzi, “non manca”. “Siamo ambientalisti quanto e come gli altri”, rilevano i promotori. “Però bisogna evidenziare che chi si spende per il sì a questo referendum lo fa portando argomentazioni che non hanno nulla di scientifico. In primis perché non esiste nessuna prova che le trivellazioni non siano sicure, come dimostrano centinaia di esempi riscontrabili in diversi Paesi del globo. E poi perché le rinnovabili, un settore importante che va incentivato, non possono al momento soddisfare la domanda reale di energia. Per questo crediamo che questo processo di transizione vada accompagnato, non bruscamente interrotto, costringendoci ad essere ancor più dipendenti dall’estero, con ulteriori danni a imprese e famiglie, per di più in un momento economico particolarmente difficile”. Il comitato, aggiungono, “non vuole certo invitare all’astensione, ma è convinto che sia utile comprendere che il quesito referendario posto sia dannoso, oltre che inutile e costoso per i cittadini”.

LE PROSSIME TAPPE

Le prossima tappe del Comitato prevedono innanzitutto di dare al soggetto una forma riconosciuta legalmente, che aprirà poi la strada a una presentazione pubblica. Le adesioni, già ora aperte, saranno allora ulteriormente ampliate a tutti coloro che, dicono i promotori, “si riconoscono in un’Italia che sa prendere le proprie decisioni in base all’interesse nazionale, allo sviluppo, alla crescita e alla ragionevolezza e non in virtù di argomenti forse suadenti, ma che non hanno nessuna base scientifica”.

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