Ottavo articolo di una serie di approfondimenti. Il primo articolo si può leggere qui, il secondo qui, il quarto qui, il quinto qui, il sesto qui e il settimo qui.
Cosa fanno a Roma 24.093 dipendenti comunali, cui aggiungerne altri 24.233 delle municipalizzate? Siamo ad oltre 48 mila persone. Per avere un termine di paragone, si consideri che l’intera forza lavoro di FCA – il gruppo automobilistico della vecchia FIAT – è pari a 33.351, secondo i dati di Mediobanca per il 2014.
Nel territorio della Capitale, quindi la Capitale stessa, con le sue strutture dirette e indirette, è il più forte combinat economico finanziario esistente. Il costo pro capite della burocrazia romana è pari (bilancio 2015) a 42.490 euro all’anno. Leggermente superiore a quello dei loro cugini milanesi. Che alla fine dell’anno costano in media 41.121. Differenze che devono essere moltiplicate per il maggior numero di dipendenti. Risultato finale: Roma ha speso nel 2015 poco più di 1 miliardo, pari al 21 per cento del budget. Milano poco più di 600 milioni: il 9 per cento in termini di budget. Differenza non da poco.
Per dare a Cesare quel che è di Cesare, va comunque aggiunto che quei compensi non sono così eccessivi. Corrispondono ad un 13 per cento in meno, rispetto al costo del lavoro prevalente nelle piccole e medie imprese laziali. Che Mediobanca quantifica (anno 2013) in 48.447. A sua volta leggermente superiore alle medie nazionali, che si fermano a quota 44.902. Quella differenza con i comunali va, naturalmente, spiegata. Riflette, da un lato, la loro maggior sicurezza per il posto di lavoro, non essendo sottoposti ai rischi della congiuntura. Ma è anche il sintomo evidente di una minore produttività. Che rappresenta l’unica vera “variabile indipendente” in grado di garantire qualità nel servizio reso e benessere maggiore per il prestatore d’opera.
Nel tentativo pur legittimo di accrescere la propria retribuzione, aggirando il problema della produttività, i travet comunali hanno mostrato una straordinaria fantasia. Hanno partecipato e vinto una corsa ad ostacoli, per superare e disboscare la grande foresta delle disposizioni di legge poste a presidio del contenimento dei costi, per far fronte alla gravi difficoltà della finanza pubblica italiana. Ne testimonia l’indagine degli ispettori della Ragioneria dello Stato, che hanno spulciato centinaia di documenti. Il report di quest’attività certosina è un florilegio di furbizie, di piccoli e grandi imbrogli. Portati avanti con la complicità dei responsabili amministrativi. Nelle più completa distrazione da parte della Giunta – sindaco in testa – e del Consiglio Comunale.
Il segreto di quel successo sta in ciò che, in gergo burocratico, è chiamato “salario accessorio”. Vale a dire quel quid in più che è riconosciuto per la “qualità” del lavoro svolto. Corrisponde, almeno da un punto di vista logico, a ciò che, nelle aziende private, è il salario di produttività o il premio di produzione che viene corrisposto, quando le cose vanno bene. Ossia quando l’azienda fa utili. Anche in questo caso la quota individuale è comunque e sempre variabile. Legata cioè alle diverse prestazioni del singolo, valutate con parametri che costituiscono la storia della singola organizzazione. Sistema, tutt’altro che perfetto – basti ricordare le stock option milionarie riconosciute a molti dirigenti – ma in economia, e non solo, la perfezione non è cosa di questo mondo.
Nel caso del pubblico, quel principio è stato costantemente violentato, soprattutto a causa delle pressioni sindacali e di un maggior tornaconto della dirigenza, specie burocratica. L’arte del consociativismo è una pianta difficile da estirpare. Il mix di questi due elementi – la pressione dei sindacati, sempre pronti allo sciopero ed alle manifestazioni di piazza, unita al favoreggiamento occulto dell’alta dirigenza – ha determinato, per Roma una situazione patologica. Del resto che volete che sia la semplice illegittimità amministrativa – come scrivono gli Ispettori del Mef – di fronte a fenomeni ben più sconvolgenti , come quelli di “mafia – capitale”? Che, non a caso, vedono implicati alcuni alti funzionari, chiamati in passato a svolgere un ruolo di raccordo tra la “politica” e l’Amministrazione.
I fondi che servono per pagare il salario accessorio sono contabilizzati a bilancio, secondo le regole previste dalle leggi dello Stato. Leggi violate, secondo gli Ispettori, visto che nel periodo 2008/2012, sono stati stanziati all’anno circa 97 milioni per i dipendenti e 20 per i dirigenti, in modo truffaldino. Riparto “leonino”, considerato che i dirigenti, rispetto al resto del personale, sono una percentuale ben inferiore a quel 20 per cento, che il rapporto tra le due cifre lascerebbe supporre. Ebbene – scrivono gli Ispettori – il 38 per cento delle risorse affluite al Fondo per il personale é da considerarsi illegittimo. Per i dirigenti questa percentuale sale al 73 per cento. Nella relativa sproporzione, una condanna senza possibilità d’appello. É il capitano della nave che determina la rotta. Se ne altera, volutamente, il tracciato, la ciurma non può che adeguarsi. Specie se ne ricava un piccolo beneficio.
A conferma del tutto, basta lasciar parlare gli Ispettori “appare di tutta evidenza – scrivono – l’enorme incremento della retribuzione accessoria dei dirigenti, nel periodo 2001 – 2012, cresciuta di circa il 94”. Tanto più se si considera che dal 1999 al 2001 l’incremento era stato “pari al 132%, mentre dal 1999 al 2012 l’incremento è stato del 352%”. Tutto ciò dimostra non solo una lievitazione eccessiva, tanto più grave mancando qualsiasi “indicazione di precisi fatti gestionali che potevano legittimar(l)i”. Il sonno indisturbato dei rappresentati del popolo, che dovrebbero vigilare a difesa dei cittadini che li hanno candidati ed eletti.
Fosse quello il solo rilievo. La seconda, ed ancor più grave irregolarità, sta nel modo in cui queste risorse sono distribuite. Somme erogate a “pioggia”.Progressioni orizzontali senza criterio alcuno. Indennità non previste dai contratti. Pagamento di somme in violazione del principio di onnicomprensività. Nessuna valutazione delle performance individuali. Retribuzioni dei dirigenti troppo elevate rispetto ai tetti previsti dalle norme. Criticità nelle procedure di reclutamento, spesso caratterizzati dalla mancanza dei requisiti di base dei candidati. Promozioni generalizzate e ingiustificate. Cattivo utilizzo del personale a tempo determinato. Più che un’amministrazione pubblica, una vera e propria giungla.
Non vorremmo infierire. Nella loro sostanza, la retribuzione media dei “comunali” è in qualche modo in linea con dei valori medi. Tanto per avere un termine di paragone, il costo medio degli addetti alla grande distribuzione – quindi “servizi” – secondo i dati di Mediobanca (2014) oscilla tra i 35 mila ed i 40 mila euro. Un parametro accettabile. Ciò che invece non può essere tollerata é la confusione amministrativa che riverbera da quanto certificato. Illeciti rilevanti. La punta di un iceberg insondabile. In cui la componente “produttività” è l’eterno assente che sta mandando in malore una città sopravvissuta a 2000 anni di storia. Al sacco dei Vandali e dei Visigoti per non parlare della vecchia aristocrazia: quod non fecerunt barbari, fecerunt Barberini. Una Roma, oggi, in procinto di sprofondare.
Ed ecco allora che, di fronte alla dimensione di questi problemi, ciò che occorre è, innanzitutto, una grande discontinuità con il passato. Se si vuole arrestare quella pericolosa deriva occorre avere un sindaco forte ed autorevole. Con alle spalle una grande esperienza professionale ed in grado di contrastare i mille condizionamenti di una città tentacolare. È una sfida impossibile? Negli anni ’30 Giuseppe Bottai fu governatore di Roma. Intellettuale, ancor prima di essere un gerarca fascista. Mussolini, pensando all’EUR come sede dell’Esposizione universale, voleva una sorta di “Milano expo”: pronta ad essere dismessa finito l’evento. Fu Bottai ad opporsi con decisione, indicando la necessità di una struttura permanente. Tesi, per fortuna, risultata vincente. Se questo è accaduto in quei tempi così difficili. Possibile che il miracolo non possa nuovamente manifestarsi?