22/03/2016
Tre attentati sicuri: due all’aeroporto e uno nel metrò. I morti sono oltre trenta, centinaia i feriti. Al momento non si sa nemmeno se sia finita qui. L’unica cosa certa è che si è trattato di un attentato terroristico multiplo, nello stile e secondo la prassi classica ormai di Parigi.
Al solito è iniziata la procedura ordinaria di gestione della crisi: chiusura di aeroporti, stazioni ferroviarie, militarizzazione dei luoghi sensibili.
A colpire, in questo caso, è sia l’abitudine che abbiamo di convivere con il terrorismo e sia la consapevolezza che poco o nulla si può fare per prevenire attentati di questo genere, specialmente in Paesi dove le cellule islamiche fondamentaliste sono tanto forti e nazionalizzate.
Manca all’Europa la consapevolezza, la coscienza storica di quanto sta avvenendo: manca la forza della reazione. Questi fenomeni non sono isolati, non sono seriali, ma costituiscono in sé la nuova frontiera di guerra che stiamo vivendo.
Le frontiere più esterne del continente sono saltate, i confini interni sono fragili e il controllo del territorio praticamente inconsistente, per non dire inesistente. Gli Stati moderni sono nati per ovviare all’anarchia feudale e stanno morendo tornando all’anarchia, non a causa ma per effetto del fallimento europeo.
Oggi siamo sempre più nel caos, divenuti zona di conquista erosa dal crollo della demografia interna e corrosi dalla potenza del terzo e del quarto mondo che vengono a prendersi la nostra civiltà.
Quello che si può fare è, innanzi tutto, avere consapevolezza della debolezza europea, e quindi rendersi conto che siamo in guerra. Il fondamentalismo agisce rendendo invivibile il Medioriente e l’Africa, spingendo i popoli a conquistare i nostri paesi con una colonizzazione della disperazione, attaccandoci poi le capitali e lacerando il cuore delle nostre istituzioni con il terrorismo.
Il male non è fuori ma dentro le nostre società. La malattia è la debolezza e la fragilità con cui non si reagisce e non si mette in atto un’iniziativa militare massiccia contro il fondamentalismo. La reazione deve diventare necessariamente più dura verso l’Isis che dall’esterno pilota questa guerra, visto che all’interno è molto difficile sorvegliare e sapere chi realmente vive come terrorista della porta accanto.
L’Europa deve scegliere se morire di inedia o reagire con forza. In entrambi i casi non ci sono sicurezze. In entrambi i casi sarà nel sangue. Ma lasciare che progressivamente si diffonda l’assuefazione alla vulnerabilità è la migliore strategia per perdere in anticipo questa guerra. E se si perde, in tal caso si perde davvero tutto. Non è una battaglia di trincea o uno scontro tra eserciti, ma una conquista geografica dei nostri spazi di vita che non sappiamo e non vogliamo difendere.
In definitiva noi stiamo accettando la dolce morte, facendoci massacrare selvaggiamente a casa nostra. L’Europa ha scelto l’eutanasia. E la storia non sarà indulgente.