Ecco i soliti piagnistei sulla dolorosa sorte dei pensionati italiani. Della mole di dati forniti dalla recentissima pubblicazione dell’Osservatorio Inps sulle pensioni, i media hanno sottolineato in particolare che il 64% dei nuovi trattamenti pensionistici erogati nel 2015 è inferiore ai 750 mila euro mensili. Ed è ecco che si è scatenata la solita ondata di pauperismo. In realtà le statistiche bisognerebbe saperle leggere (e magari l’Inps potrebbe anche aiutare l’opinione pubblica a farsi delle idee più compiute). Bisogna innanzi tutto non fare confusione tra pensioni e pensionati: le prime – complessivamente considerando tutte le tipologie – si avvicinano ai 23 milioni di prestazioni; i secondi sono 16,3 milioni di persone in carne ed ossa. Per fare un calcolo corretto occorrerebbe tener conto, allora, che un numero pari a 6-7 milioni di assegni viene redistribuito sulla medesima platea.
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Ma c’è dell’altro. Non ha senso fornire dei dati medi comprensivi di tutte le tipologie di pensioni, includendovi anche trattamenti che per definizione sono ridotti (le pensioni ai superstiti e quelle di invalidità, ad esempio) nonché le prestazioni assistenziali d’importo modesto. Certo, i dati nel documento ci sono tutti, ma occorre andare a cercarseli, dopo aver superato il “muro del pianto’’ dei 750 euro mensili. Il livello medio delle pensioni di vecchiaia/anzianità è pari a 1.147 euro (1.455 gli uomini e 766 le donne). Se fosse specificata separatamente la media delle pensioni di anzianità (in trattamento maschile per eccellenza) vi sarebbero livelli superiori (pari a più del doppio dei canonici 750 euro). Si coglie qui un primo dato su cui riflettere. Il trattamento di vecchiaia è percepito in larga maggioranza dalle lavoratrici perché in generale non sono in grado, per la loro collocazione nel mercato del lavoro, di maturare un’anzianità lavorativa tale da poter accedere al pensionamento anticipato. Purtroppo l’anzianità contributiva media che sta dietro alla pensione di vecchiaia di una lavoratrice è pari a 25,5 anni (poco più del requisito minimo richiesto).
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I trattamenti di invalidità sono pari a 663 euro mensili (801 euro gli uomini e 553 le donne); le pensioni ai superstiti (in larghissima maggioranza percepite dalle donne) ammontano a 604 euro mensili (411 nel caso degli uomini e 630 euro in quello delle donne). La spiegazione di questa apparente inversione di tendenza tra i sessi ha una spiegazione banale: i pochi uomini che sopravvivono alla moglie incassano una quota di un assegno più basso, rispetto a quanto normalmente accade a parti invertite. Il fatto che i trattamenti riscossi dalle donne siano inferiori a quelli degli uomini lo si vede anche in termini rovesciati in caso di premorienza di uno dei due coniugi.
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Per finire le pensioni e gli assegni sociali hanno un importo medio mensile pari a 422 euro uguale a quello destinato agli invalidi civili. Anche in queste fattispecie – siamo a livello di trattamenti modesti – le donne sopravanzano di qualche euro gli uomini.