Sistema bancario, tecnologia e cyber security non vanno troppo di pari passo nel panorama bancario italiano. A sottolinearlo sono Ciro Vacca, Nicola Ilario Sibilio, Luca Cusmano e Paolo Soprani della Banca d’Italia in un’analisi pubblicata sull’ultimo numero di Bancaria, la rivista mensile dell’Associazione Bancaria Italiana (Abi). “Il crescente ricorso alla tecnologia – scrivono gli autori – esporrà a sempre maggiori rischi operativi e renderà necessario il rafforzamento dei presidi di sicurezza, ad esempio, nei confronti dei cyberattack. In tale contesto, è lecito ipotizzare anche funzioni di controllo interno con rilevanti competenze tecniche in materia di infrastrutture tecnologiche, circostanza finora marginale per gli intermediari bancari italiani”. Lo studio è stato pubblicato nei giorni in cui si discute della nomina di Marco Carrai, manager e imprenditore amico del premier Matteo Renzi, a consulente governativo per la cyber security. Nomina che dovrebbe essere formalizzata oggi nel corso del consiglio dei ministri.
TECNOLOGIA E SICUREZZA
Nella ricerca, che si concentra sulle prospettive evolutive dei modelli di business bancari, si sottolinea come sia “necessario un nuovo modo di fare banca da parte degli intermediari italiani, sfruttando, in primis, le possibilità offerte dalle nuove tecnologie, in termini di efficientamento della struttura dei costi e di accesso a nuovi potenziali mercati”. In parallelo con queste evoluzioni si dovranno prevedere “funzioni di controllo interno con rilevanti competenze tecniche in materia di infrastrutture tecnologiche” che per gli intermediari bancari italiani hanno rivestito finora un ruolo marginale, si sottolinea nell’analisi degli autori che lavorano in Banca d’Italia.
SISTEMA BANCARIO ARRETRATO
Il settore bancario, si legge nell’analisi, negli ultimi 10 anni ha subito forti trasformazioni per diverse ragioni: due su tutte la crisi finanziaria e l’emersione di nuovi attori non bancari e non tradizionali, come “a) operatori digitali, che godono di network estesi (anche globali) di clientela; b) provider tecnologici, che affiancano l’offerta di servizi e soluzioni integrate a quella dei device mobili; c) attori finanziari non bancari (come poste e assicurazioni), specializzati in segmenti di mercato o su servizi simili a quelli bancari; d) società di telecomunicazioni, che spesso utilizzano le infrastrutture e le piattaforme di rete per formare partnership con altri attori, interni o esterni al settore bancario; e) operatori finanziari provenienti dall’industria e dalla grande distribuzione organizzata, dotati di reti fisiche estese”. Il sistema bancario italiano, secondo gli autori, si basa ancora su un modello tradizionale che non tiene conto delle evoluzioni tecnologiche e del mercato.
LE POSSIBILITÀ DELLA FINTECH
“L’evoluzione della tecnologia digitale specificatamente applicata al settore finanziario, la cosiddetta Fintech, contribuisce a mettere in discussione il modo tradizionale di fare banca”, è scritto nell’articolo di Bancaria, che prosegue: “Fare leva su un efficace utilizzo del progresso digitale sarebbe un primo, significativo passo nel verso di una maggiore efficienza dal lato dei costi e di un ampliamento dei potenziali ricavi, con l’effetto ultimo di favorire la ripresa del sistema bancario e quindi di stimolare l’economia”.
BANCHE COME “ECOSISTEMI DIGITALI”
La capacità di beneficiare delle nuove tecnologie riguarda anche l’ambito social: “Un recente studio – scrivono gli autori dell’articolo – ha indicato come nel contesto italiano le aziende bancarie appaiono piuttosto arretrate nello sfruttamento dei canali social”. Ma nell’ambito della consulenza si inizia a parlare di banche “in grado di garantire al tempo stesso una relazione umana con la clientela, processi efficienti e standardizzati, elevato ricorso alla tecnologia e adeguati presidi di controllo interno dei rischi assunti”, definite “banche bioniche”. Il massimo sfruttamento delle piattaforme tecnologiche rappresenta, dunque, un fattore chiave di successo e le banche si stanno progressivamente trasformando in “ecosistemi digitali”.
NUOVE SFIDE
“In tale contesto, le banche dovranno affrontare la sfida tecnologica e avranno sempre più necessità di infrastrutture fisiche, tra cui connessioni mobili in grado di trasportare un maggiore volume di informazioni in tempi più rapidi”, ossia banda larga. Le nuove strutture tecnologiche richiedono funzioni specifiche che, spesso, vengono esternalizzate, ma essendo la tecnologia un fattore competitivo chiave è necessario, secondo gli autori, sviluppare competenze interne sempre più importanti. In conclusione, si legge che “anche sotto il profilo prudenziale, il crescente ricorso alla tecnologia esporrà a sempre maggiori rischi operativi e renderà necessario il rafforzamento dei presidi di sicurezza, ad esempio, nei confronti dei cyberattack. In tale contesto, è lecito ipotizzare anche funzioni di controllo interno con rilevanti competenze tecniche in materia di infrastrutture tecnologiche, circostanza finora marginale per gli intermediari bancari italiani”.