E’ stato consegnato questa mattina al Papa il Premio Carlo Magno, attribuito ogni anno a una personalità che si è contraddistinta per il ruolo in favore dello sviluppo degli ideali e dei valori europei. Alla cerimonia in Vaticano erano presenti il cancelliere tedesco Angela Merkel, il presidente del Parlamento europeo Martin Schulz, il presidente del Consiglio europeo Donald Tusk e il presidente della Commissione europea, Jean-Claude Juncker. La motivazione che ha portato il riconoscimento oltretevere è data dall’impegno del Pontefice a costruire un’Europa di pace, fondata su valori comuni e aperta ad altri popoli e continenti. E’ il secondo Papa a ricevere il premio. Il primo era stato, nel 2004, Giovanni Paolo II.
LE PAROLE DEL PAPA
Nel discorso di accettazione del premio, Francesco ha osservato che l’Europa, questa “famiglia di popoli, lodevolmente diventata nel frattempo più ampia, in tempi recenti sembra sentire meno proprie le mura della casa comune, talvolta innalzate scostandosi dall’illuminato progetto architettato dai Padri. Quell’atmosfera di novità, quell’ardente desiderio di costruire l’unità paiono sempre più spenti; noi figli di quel sogno siamo tentati di cedere ai nostri egoismi, guardando al proprio utile e pensando di costruire recinti particolari. Tuttavia, sono convinto che la rassegnazione e la stanchezza non appartengono all’anima dell’Europa e che anche le difficoltà possono diventare promotrici potenti di unità”.
“CHE COSA TI E’ SUCCESSO, EUROPA?”
Quindi, ecco le domande che il Papa si pone sulla crisi del sogno comunitario: “Che cosa ti è successo, Europa umanistica, paladina dei diritti dell’uomo, della democrazia e della libertà? Che cosa ti è successo, Europa terra di poeti, filosofi, artisti, musicisti, letterati? Che cosa ti è successo, Europa madre di popoli e nazioni, madre di grandi uomini e donne che hanno saputo difendere e dare la vita per la dignità dei loro fratelli?”.
L’APPELLO PER IL DIALOGO
Di seguito, l’appello al dialogo, cultura “che dovrebbe essere inserita in tutti i curricula scolastici come asse trasversale delle discipline, aiuterà ad inculcare nelle giovani generazioni un modo di risolvere i conflitti diverso da quello a cui li stiamo abituando. Oggi ci urge poter realizzare “coalizioni” non più solamente militari o economiche ma culturali, educative, filosofiche, religiose. Coalizioni che mettano in evidenza che, dietro molti conflitti, è spesso in gioco il potere di gruppi economici. Coalizioni capaci di difendere il popolo dall’essere utilizzato per fini impropri. Armiamo la nostra gente con la cultura del dialogo e dell’incontro”.
“PASSARE DA UN’ECONOMIA LIQUIDA A UN’ECONOMIA SOCIALE”
Il Pontefice, però, non perde di vista il piano economico che tanto caratterizza l’Unione e a tal proposito spiega che “dobbiamo passare da un’economia liquida, che tende a favorire la corruzione come mezzo per ottenere profitti, a un’economia sociale che garantisce l’accesso alla terra, al tetto per mezzo del lavoro come ambito in cui le persone e le comunità possano mettere in gioco molte dimensioni della vita: la creatività, la proiezione nel futuro, lo sviluppo delle capacità, l’esercizio dei valori, la comunicazione con gli altri, un atteggiamento di adorazione. Perciò la realtà sociale del mondo di oggi, al di là degli interessi limitati delle imprese e di una discutibile razionalità economica, esige che si continui a perseguire quale priorità l’obiettivo dell’accesso al lavoro […] per tutti”.
LA CHIESA “DEVE FARE LA SUA PARTE”
E la Chiesa, ha aggiunto Francesco, deve fare la sua parte per la “rinascita di un’Europa affaticata, ma ancora ricca di energie e di potenzialità”. Il compito della Chiesa, ha aggiunto, “coincide con la sua missione: l’annuncio del Vangelo, che oggi più che mai si traduce soprattutto nell’andare incontro alle ferite dell’uomo, portando la presenza forte e semplice di Gesù, la sua misericordia consolante e incoraggiante”.
LA PROSPETTIVA EUROPEA DI FRANCESCO
A lungo, soprattutto nei primi due anni di pontificato, s’è discusso sulla scarsa attenzione (in discorsi pubblici) che il Papa preso dalla fine del mondo dedicava all’Europa, così centrale invece nell’agenda del predecessore. Francesco rispondeva a tali osservazioni spiegando che d’Europa avrebbe parlato quando in Europa – nel senso di viaggi e di visite – si sarebbe recato. E anche in questo ha scelto una strada diversa rispetto a quella consueta e tradizionale. Al di là dell’intervento al Paramento europeo e al Consiglio d’Europa nell’autunno del 2014, Bergoglio è entrato in Europa dalla porta laterale, dalle periferie che tanto rilevano in questo pontificato. Lampedusa, poi l’Albania con le sue storie di martiri per la fede. Quindi Sarajevo, la città divisa che ha sperimentato sulla sua pelle gli orrori delle guerre di religione e i genocidi che la storia le ha riservato. Nessuna grande capitale, nessun grande Paese, fino a questo momento. A ottobre andrà in Svezia per commemorare i 500 anni della riforma luterana, di recente è stato a Lesbo, avamposto della crisi dei profughi in cerca di salvezza in questo continente.
“BERGOGLIO UN GRANDE EUROPEO”
“Il numero dei critici dell’Europa è molto grande. Ma il Papa si distingue dalla maggior parte di loro per il fatto che non solo avanza delle critiche, ma ci ricorda che potremmo fare meglio se ci ricordassimo le nostre tradizionali forme di cooperazione e soprattutto i nostri valori”, ha detto Schulz a Radio Vaticana, aggiungendo che “per questo il Papa, che ha conosciuto un mondo diverso da quello privilegiato nel quale viviamo noi europei, ci apre gli occhi e ci fa riflettere su quanto dovremmo essere grati e riconoscenti per questo mondo meraviglioso che è l’Europa, nella quale ci è consentito vivere. E’ questo che fa di lui un grande europeo”.
L’INTERVENTO AL PARLAMENTO EUROPEO
Nell’intervento del 25 novembre 2014 al Parlamento europeo, Francesco lanciò un “incoraggiamento a tornare alla ferma convinzione dei Padri fondatori dell’Unione europea, i quali desideravano un futuro basato sulla capacità di lavorare insieme per superare le divisioni e per favorire la pace e la comunione fra tutti i popoli del continente. Al centro di questo ambizioso progetto politico vi era la fiducia nell’uomo, non tanto in quanto cittadino, né in quanto soggetto economico, ma nell’uomo in quanto persona dotata di una dignità trascendente”.
L’IDENTITA’ CRISTIANA DELL’EUROPA
Concetti ribaditi il mese scorso a Lesbo, quando Francesco “implorò” l’Europa di agire concretamente per aiutare i profughi. Andrea Riccardi scrisse a tal proposito sul Corriere della Sera che il Papa “non condivide il rifiuto dei rifugiati (musulmani) in nome della difesa dell’identità cristiana, come avviene nell’est europeo. Ha portato un forte appoggio alla Grecia in crisi su cui si scarica tanta parte dei rifugiati verso l’Europa”. La parola chiave, aggiungeva lo storico, è “concretezza”.