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Vi racconto quando Marco Pannella mi voleva deputato di Bologna

Onore a quanti in vita si ergono a difesa di Termopili“. Marco Pannella meriterebbe che sulla sua lapide venisse inciso questo verso di Costantino Kavafis, perché per tutta la vita ha difeso, in quel passo ideale incuneato tra le montagne dell’esistenza, la libertà e la giustizia contro le barbarie della quotidianità e l’arroganza dei potenti.

Voglio ricordare alcune delle più importanti occasioni del rapporto che avevo stabilito con lui. Era il 1999. Romano Prodi, nominato presidente della Commissione europea, si era dimesso dal seggio in cui era stato eletto a Bologna (allora era in vigore la legge elettorale denominata Mattarellum). Inaspettata mi arrivò una telefonata di Pannella, il quale mi disse che aveva appena emesso un comunicato con cui proponeva alla coalizione di centro destra la mia candidatura nel collegio lasciato libero da Prodi. Nel giro di qualche ora mi telefonarono Pier Ferdinando Casini e Gianfranco Fini dicendo che erano d’accordo con il leader radicale. Poi qualche giorno dopo ebbi anche l’approvazione di Silvio Berlusconi. Per un paio di settimane la cosa sembrava fatta. Pannella, però, con un fiuto politico più scafato del mio, mi avvertì che si stava perdendo troppo tempo a formalizzare la candidatura. Nel giro di qualche giorno, infatti, l’aria cambiò. Non ho mai capito perché, ma qualcuno (forse Giorgio Guazzaloca, allora santificato come una Madonna pellegrina per la sua vittoria come sindaco di Bologna) si mise di traverso. Venne candidato un noto medico che poi non fu eletto. Io non me la presi più di tanto, ma conservai un po’ di gratitudine nei confronti del leader radicale.

L’altro incontro che ricordo avvenne nel 2006. La sinistra neocomunista (allora faceva parte della maggioranza e del secondo Governo Prodi) promosse una manifestazione contro la legge Biagi. Insieme a Maurizio Sacconi organizzai una contromanifestazione in quello stesso giorno, in un cinema romano, invitando alcune personalità a portare il loro contributo. Allora, a parlare bene di quella legge si correvano gli stessi rischi di chi negava la shoah. Marco Pannella accettò di partecipare alla nostra iniziativa. La terza occasione avvenne nel 2010. Pannella chiese a me e a Pietro Ichino di presentare – io alla Camera, lui al Senato – un disegno di legge sulle pensioni. Pietro ed io ci sentimmo onorati di quella proposta e ci mettemmo al lavoro. Ricordo che riuscii persino a portarla ad un passo dall’approvazione in Commissione Lavoro, ritirandola soltanto quando fu presentata la riforma Fornero. Che altro posso aggiungere? Ciao, Marco. Con chi mi chiederà di te potrò vantarmi di averti conosciuto. E di aver avuto il privilegio di una tua considerazione.

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A Nicola Porro hanno dato gli otto giorni di preavviso come se fosse una colf. La notizia è scivolata sull’acqua. Come possiamo chiamare questo provvedimento: editto toscano?

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Il Pd è come il dottor Jeckill. Per dialogare con Denis Verdini si trasforma in mister Hyde.

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