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Ecco come a Torino Giorgio Airaudo cerca di azzoppare Piero Fassino

Né col Pd né coi 5 Stelle. Almeno fino al ballottaggio, che i sondaggi danno per certo a Torino, tra Piero Fassino e la pentastellata Chiara Appendino. A contendere a Fassino gli elettori di sinistra, sarà l’ex sindacalista della Fiom, Giorgio Airaudo, sceso in campo con la lista “Torino in Comune”. Mentre pezzi del centro destra, dall’ex presidente Pdl del Piemonte, Enzo Ghigo a Michele Vietti (ex Udc), si schierano a favore di Fassino, mentre a destra Osvaldo Napoli, candidato di Forza Italia , scatena la bufera ipotizzando un sostegno a Fassino al ballottaggio, per poi fare una precipitosa marcia indietro (“Un equivoco”), in una Torino che da decenni incorona sindaci di sinistra, Airaudo va in solitaria, per raccogliere i voti di chi è allergico a Renzi e dei delusi dal sindaco in carica. Una fetta di elettorato che, stando ai sondaggi, vale tra il 5 e il 7 per cento dei voti.

I sondaggi? “Sono come l’oroscopo. Ti dicono che oggi incontrerai la donna della tua vita e tu magari ce l’hai già accanto. Inattendibili. Le urne ci riserveranno delle sorprese. Qualcuno prenderà di meno, ma qualcuno di più e io spero di essere tra questi”, spiega Airaudo, che non intende sbilanciarsi su un eventuale ballottaggio: “Non si può dire agli elettori dammi il voto che poi lo userò per gli altri. Io mi sento vincolato agli impegni presi”. Tradotto: ristrutturare il debito della città “nella sua parte più pericolosa, cioè i derivati, mentre la Giunta Fassino ha lavorato per limitare i danni”, ricucire il divario tra il centro e le periferie, perché Fassino “ha creato una Torino più da bere, che una città partecipata che non lascia indietro nessuno” e mettere al bando i voucher dagli appalti pubblici.

“Questo mantra che parte della sinistra a Torino vuol fare pagare al sindaco il renzismo non è poi così vero – assicura Airaudo – Ciò che rimprovero a Fassino è di non aver avuto cura della parte più debole della città e dei temi più di sinistra, come la lotta alle disuguaglianze. Per non parlare di certi personaggi che ha fatto digerire all’elettorato di sinistra…”. Airaudo non li cita esplicitamente, ma il pensiero corre a Giusi La Ganga, e al ciellino Silvio Magliano, avvistato anche tra le sentinelle in piedi. “Fassino sta rinforzando il corpaccione del centro, non credo voglia ricucire con le diverse anime della sinistra”.

La campagna elettorale a Torino si sta scaldando solo ora, Fassino balla la taranta in piazza alla festa della Puglia, compare sulle pagine “Chi”, con relativo endorsement di Signorini, e non si perde un appuntamento pubblico. Idem Appendino che batte a tappeto le circoscrizioni, organizza pedalate domenicali a 5 stelle per le vie del centro, cosi’ come il candidato della Lega Nord Alberto Morano, che si presenta nei campi rom accompagnato da Ignazio La Russa.

Fassino “è della vecchia scuola, quando compete lo fa per davvero. In zona Cesarini sta cercando di recuperare quel rapporto che non ha saputo costruire con la città in questi anni. E’ stato un sindaco dirigista, senza un collettivo alle spalle, un sindaco che soprattutto nel primo periodo ha dato l’impressione di occuparsi di Torino con la mente però ad altri futuri incarichi”. E i 5 Stelle? Mesi fa si era favoleggiato di un accordo sotto banco Airaudo-Appendino. “Quelli non fanno accordi né sopra né sotto il banco – glissa Airaudo – hanno un enorme consenso, ma spesso decidono di auto congelarlo, se a Torino abbandonassero l’autosufficienza sarebbe una novità di portata nazionale”. E comunque se si andrà al ballottaggio i giochi non sono fatti, assicura Airaudo: “ci prenderemo 48 ore per decidere”.

Ex responsabile auto della Fiom, negli anni caldi dello scontro con Fiat, Airaudo non ha mai risparmiato strali su Fassino, fin dal referendum a Mirafiori del 2011. In quell’occasione il sindaco disse: “Se fossi un operaio voterei si’”. La Fiom non lasciò cadere. Oggi Airaudo non ha cambiato idea, ma a distanza di 5 anni, riconosce che: “su quella partita ha pesato di più la latitanza della politica nazionale. Nel momento in cui la Fiat stava cambiando pelle e baricentro, la politica italiana doveva almeno negoziare la transizione. La Fiat si è messa d’accordo con Obama per salvare la Chrysler negli Stati Uniti? Ebbene, doveva essere messa in condizione di dare qualcosa anche a Torino e all’Italia. Invece tutto è stato scaricato in maniera ideologica sulle spalle dei lavoratori. Detto questo, chi consigliò agli operai di votare sì avrebbe dovuto pretendere da Marchionne che rispettasse la promessa di far partire l’investimento su Mirafiori entro 12-18 mesi”.

Mirafiori invece sta per ripartire solo ora, ma lo stabilimento di Grugliasco, alle porte di Torino, sforna due modelli di Maserati. Comunque il cosiddetto polo del lusso creato da Sergio Marchionne a Torino ha riportato i lavoratori alla catena di montaggio, dopo anni di cassa: “Piuttosto che niente, meglio che ci siano da produrre le Maserati, che però non fanno lavorare tutti” ribatte Airaudo, che definisce il polo del lusso “uno specchietto per le allodole, che non ha neanche fatto ripartire per bene l’indotto” . Sul tema dell’auto, l’ex sindacalista si infervora. E proprio non gli va giù una cosa: “Bolloré da anni produce auto elettriche per il car sharing di Parigi e dei comuni francesi a Torino. Perché la città non è stata capace di trasformarsi nella capofila della mobilità elettrica, pur avendo come sindaco il presidente dell’Anci?”.

“Non c’è bisogno che arrivi qui a Torino l’a.d. di Finmeccanica Moretti a darci la sveglia e a dire che le tecnologie per la guida senza pilota ce le abbiamo anche in Italia. La politica poteva creare le condizioni per produrre auto innovative qui. A Torino c’è il Politecnico, una tradizione nel saper fare le auto, da Fiat a Pininfarina, c’è un indotto. Da sindaco investirei molto sulla mobilità elettrica e green” attacca Airaudo, che nei mesi scorsi ha polemizzato con Fassino anche sulle fondazioni bancarie. “Questa città, se vedesse venir meno il contributo delle fondazioni bancarie, sarebbe tecnicamente fallita. Questa dipendenza dovuta al debito, determina il fatto che alcuni servizi pubblici stiano in piedi solo grazie alle fondazioni. Ecco perché il rinnovo delle nomine in Compagnia di Sanpaolo, che era a ridosso delle comunali, poteva essere congelato fino all’insediamento del nuovo sindaco, con un atto di responsabilità della fondazione. Sarebbe stato un atto di democrazia”. Poi l’affondo: “Nel caso facessi il sindaco chiederei al neo presidente Profumo di dimettersi”.

“A destra come a sinistra il vero avversario dei candidati non sarà Fassino” butta lì Airaudo. Il primo partito che verrà incoronato dalle prossime comunali “sarà l’astensionismo” ironizza l’ex sindacalista. E confida che tra i torinesi aleggia una convinzione: “la politica non fa nulla per me e io non farò nulla per la politica, è una frase che ho sentito ripetere spesso in città”.


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