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Parata 2 giugno: fatti, parole e mugugni

Il fantasma di Salvatore Girone, da pochi giorni in Italia, ha aleggiato solo per pochi attimi, quando lo speaker lo ha ricordato insieme con l’altro fuciliere Massimiliano Latorre al passaggio della Brigata marina San Marco. Com’era giusto, i due marò hanno seguito la parata del 2 giugno ai Fori imperiali da casa loro in Puglia. Una doverosa citazione come quella del maresciallo dei Carabinieri Silvio Mirarchi, ucciso a Marsala mentre era impegnato in un’indagine antidroga. Circa 3.600 persone hanno sfilato, tra militari e civili, per il 70° anniversario della Repubblica e la novità di quest’anno, come annunciato, sono stati i 400 sindaci che hanno aperto il corteo prima di sistemarsi in tribuna di fronte al presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, a quello del Consiglio, Matteo Renzi, e a tutte le altre autorità.

La presenza dei sindaci è stata un’ulteriore sottolineatura di un 2 giugno inteso come «festa di tutti», cioè festa della Repubblica in tutte le sue componenti e non solo della componente militare come le sfilate degli anni scorsi sembravano essere. Non è la prima volta che viene fatta questa scelta politica: l’anno scorso ci furono gli ombrelli tricolori realizzati da alcuni alunni romani. La sensazione, però, è che la componente civile sostituisca, e non integri, una parte di quella militare. E pur ricordando che la festa delle Forze armate è il 4 novembre, questa comprensibile scelta merita un approfondimento.

Il ministro della Difesa, Roberta Pinotti, nel tradizionale messaggio ai militari, parla di «processo di reciproca osmosi sempre più spinto» tra civili e militari in un’Italia moderna e il 2 giugno è un giorno in cui «tutti gli italiani e le Forze armate esprimono un sentimento di sincera appartenenza a questo straordinario Paese». Anche Mattarella, nel messaggio al capo di Stato maggiore della Difesa, generale Claudio Graziano, ricorda il ruolo delle Forze armate: «Nei complessi scenari che caratterizzano il mondo sempre più connesso e interdipendente in cui viviamo – scrive il presidente della Repubblica – l’Italia svolge un ruolo fondamentale di equilibrio e apertura, di incessante ricerca del dialogo e della cooperazione, accanto all’affermazione dei principi che sono alla base della sicurezza, della solidarietà e della pace: di essi le Forze armate hanno saputo essere presidio, vicine ai cittadini e fedeli alle istituzioni». Chiari riconoscimenti, dunque.

Poi c’è il termometro costituito dalle migliaia di persone assiepate lungo i Fori imperiali nonostante il rischio pioggia. Lo speaker della sfilata ricorda che sono circa 13.000 i militari impegnati in questo momento, di cui 6.000 all’estero e 7.000 in Italia tra Strade sicure, Giubileo e difesa di siti sensibili: gli applausi sono sempre calorosi, e particolarmente calorosi per esempio quando passano la Marina militare e la Guardia costiera e si sottolinea il loro grande impegno da oltre due anni sul fronte dell’immigrazione; quando passano gli atleti paralimpici guidati dal tenente colonnello Gianfranco Paglia, medaglia d’oro al valor militare; quando sfilano i reparti speciali; quando è la volta dei bersaglieri. Insomma, la gente va a vedere la sfilata perché vuole vedere i militari.

Fu Carlo Azeglio Ciampi nel 2000 a reintrodurla: sfilò almeno il doppio dei militari rispetto a quest’anno, con ampia esposizione di mezzi, anche se all’ultimo momento il presidente non fece volare gli oltre 60 aerei ed elicotteri previsti, tranne le Frecce tricolori. Ebbe paura di rinfocolare le polemiche di Rifondazione comunista che da giorni parlava di esibizione di forza. Ancora oggi Ciampi va giustamente orgoglioso di aver riportato i militari ai Fori imperiali. C’è dunque bisogno di un riequilibrio. Elogiare i militari in continuazione, prendersi da vent’anni i complimenti internazionali per il loro comportamento nelle missioni, caricarli di oneri mentre la coperta è sempre corta non può avere come contropartita una costante riduzione della loro presenza. E allora bisogna rimodulare il 4 novembre: non solo rapide deposizioni di allori, ma un’altra sfilata, iniziative che coinvolgano i cittadini anche per più di un giorno o qualunque altra cosa che possa tenere stretta la popolazione a quelle divise che ogni giorno (di pattuglia nelle metropolitane, in Iraq, in Afghanistan o in mare) lavorano per la sicurezza di tutti. Anche dei sindaci.



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