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Elezioni, perché la vera partita nazionale si gioca a Milano tra Parisi e Sala

Stefano Parisi

Questa campagna di amministrative ha un valore politico solo a Milano. Pensateci bene: lì si gioca una partita vera, come dovrebbe essere dappertutto e secondo criteri di scuola, tra centrodestra e centrosinistra, lo schema che ci auguriamo prevalga in futuro in Italia. E poi i toni! Volete mettere? A Milano due signori civili, eleganti, preparati hanno cercato di superarsi con competenza, concretezza amministrativa, prove di efficienza, manifestazioni di managerialità. Senza concessioni al populismo. Neppure a quello dei propri schieramenti. Nessuna promessa demagogica. Nessuna lisciata al pelo del massimalismo, di destra e di sinistra. Con una battuta: più moderati dei loro sostenitori. Come dovrebbe essere la regola in una competizione elettorale moderna e civile.

Invece di un sindaco per una sola città, Parisi e Sala avrebbero dovuto essere due candidati sindaci per due grandi città. L’Italia ne avrebbe guadagnato. Si, perché a vedere la campagna elettorale da altre parti è un pianto: macchiettistica, circense, con gare a chi la spara più grossa, a chi promette il “reddito di cittadinanza più alto”, a chi caricaturizza meglio l’avversario. Uno strazio. Peccato.

Milano è importante per altro. E’ un laboratorio nazionale. Il problema montante della politica italiana non è chi guiderà il centrosinistra. Sarà Renzi. Ma chi rappresenterà il competitore, l’alternativa, l’opposizione a Renzi? La partita è a due: M5S o un nuovo centrodestra. Quest’ultimo oggi, in Italia, è al disastro e parte in svantaggio. Ma, per il paese, questo non è positivo. Se il competitore del centrosinistra diventa il M5S e la destra finisce in mano a Salvini è una vera tragedia. Per la governabilità e, direi, per la stabilità del paese.

Ma in Italia il citrullismo politico abbonda. Prendete la “sinistra sinistra”. Si batte strenuamente, col No al referendum, per conservare l’attuale assetto istituzionale che favorisce populisti, estremisti e ingovernabilità. E’ fuori da ogni competizione nelle città dove si vota. E che fa? Si mette a strizzare l’occhio, dappertutto, ai candidati estremisti: il M5S a Roma o De Magistris a Napoli. Di più: fa capire che non le dispiacerebbe, stupidamente, che fosse il M5S a vincere la sfida nell’opposizione e a soppiantare il centrodestra. Invece di augurarsi, per il bene del paese, la vittoria dei moderati nella destra e la nascita di un centrodestra competitivo (che subentri al M5S come secondo partito) la “sinistra sinistra” demonizza gli Alfano, i Verdini, i moderati della destra. Una deriva. E’ come se in Francia al ballottaggio un socialista votasse Le Pen invece che un gollista. O se in Germania, l’Spd scegliesse di allearsi coi neonazisti invece che con la Merkel. Pazzesco. All’Italia servirebbe come il pane, invece, un centrodestra moderato, più forte del M5S, competitivo verso Renzi, con leader giovani che non siano né Berlusconi né Salvini.

Modello Milano, insomma.



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