Ieri, 10 giugno, a una settimana dai ballottaggi delle principale città, al Cnel (che dovrebbe cancellato dall’imminente referendum costituzionale) si è tenuto un convegno di “giurimetria costituzionale” (un neologismo che potrebbe entrare nel dibattito politico e nel lessico dei giornalisti), sull’attuazione della democrazia costituzionale per superare la crisi; un confronto interdisciplinare sulla verifica della costituzione italiana e possibili rimedi.
Il seminario è stato ospitato dal Cnel, ma è organizzato da due organizzazioni: l’Ardep (associazione per la riduzione del debito pubblico) e la Sos – Consumatori. Basta scorrere l’agenda del programma dei lavori per avvertire che dalla riunione emerge un forte profumo di malessere. I “giurometrici” sono economisti, giuristi, professionisti di varia provenienza e di varie discipline. Non un’armata brancaleone barricadera e protestataria.
Il profumo di malessere indica l’insoddisfazione per un ripresa che è sempre “a portata di mano”, ma che non si riesce a cogliere, per la mancanze di riforme economiche tali da rilanciare il sistema economico italiano, per un progetto di riforma costituzionale che, unitamente alla legge elettorale fortemente voluta dal Governo, potrebbe avare una deriva autoritaria e per quella che viene percepita come mancata attuazione della democrazia costituzionale.
In una nota precedente (qui l’articolo su Formiche.net) abbiamo sottolineato come la situazione dell’economia, e ancora di più le prospettive tracciate dai maggiori organismi internazionali, abbiano inciso sulla sconfitta alle elezioni amministrative del partito che meno di tre anni fa aveva vinto, con innegabile successo, le elezioni europee. Queste determinanti, e il pericolo – vero o supposto – di una svolta autoritaria, ove le riforme della Costituzione e delle legge elettorale diventassero realtà, sta colorando il dibattito che precede i ballottaggi.
E’ sufficiente esaminare i dibattiti televisivi tra i contendenti. In quello andato in onda su Sky, relativo a Milano, ci se è limitati ai problemi cittadini (che sono numerosi e complicati), mentre negli altri si è scivolati nel politichese puro, toccando temi che nulla hanno a che fare con la vita cittadina. Peculiare il caso di Roma, una capitale da decenni alla sbando, dove le discussioni sembrano riguardare le Olimpiadi del 2024 e la capacità di amministrare da parte del contendente che ha segnato una forte maggioranza relativa al primo turno.
Di questo passo – lo tenga presente il Presidente del Consiglio – i ballottaggi minacciano di diventare un plebiscito pro o contro il Governo, in una fase in cui l’esecutivo è alle prese con un situazione economica impervia.
Il consiglio non richiesto a Palazzo Chigi è di non scendere in campo e tenersi il più lontano possibile dai ballottaggi che stanno assumendo il colore di un voto “contro”. Chissà se sarà ascoltato.