Uno teso e talvolta in affanno, ma pacato, e lei, in piena trance agonistica, parla a macchinetta senza prendere fiato. Lui serio e con la sua solita espressione con labbra a fessura e all’ingiù, lei sorriso a 32 denti un po’ ingessato. Lui in grisaglia scura, lei in tailleur pantalone bianco. Lui dice abbiamo fatto e lei farò. Lui sfodera l’orgoglio di chi ha attraversato gli anni in cui la crisi picchiava duro e ha tenuto la città in piedi, lei l’orgoglio di giovane madre lavoratrice che vuole raddrizzare le cose che non vanno.
Va in scena su SkyTg24 il faccia a faccia della Mole tra Piero Fassino (Pd), in cerca di un secondo mandato a Palazzo civico di Torino, e la sua sfidante del Movimento 5 stelle Chiara Appendino. Punzecchiature all’acqua di rose tra i due contendenti. Nessuno incappa in scivoloni, nessuno tradisce la stanchezza. Entrambi hanno battuto a tappeto mercati, bocciofile, associazioni, senza risparmiarsi e da qui a venerdì il pellegrinaggio continuerà senza sosta.
Le prime scintille arrivano sul tema del debito. “Quando sono diventato sindaco il debito ammontava a oltre 3 miliardi e 300 milioni di euro oggi è sotto i 2,8 miliardi. E’ stato abbattuto di 600 milioni in 5 anni, dismettendo partecipazioni e immobili non strategici”, ha detto Fassino, rivendicando: “Non abbiamo ritoccato i servizi ai cittadini e in alcuni settori, come l’infanzia e gli interventi di lotta alla povertà, i servizi erogati dal Comune sono aumentati”. Appendino, da bocconiana, fa distinguo tra debito per investimento e debito consolidato, parla di derivati e poi accusa: “Avete svenduto le partecipate”.
Il clima però si fa più incandescente quando il moderatore tocca il tema della povertà: la Caritas ha censito 100 mila poveri a Torino, fa notare. E questo dà l’assist ad Appendino per tirare fuori il cavallo di battaglia dei pentastellati: il reddito di cittadinanza. Sarebbe stato interessante capire a quanto ammonta e dove prenderebbe i soldi per 100 mila poveri. Ma Fassino piccato replica: “Si parla propagandisticamente di 100 mila poveri, ma è una cifra inventata”. Lei allora gli rinfaccia il racconto di una città non aderente alla realtà con la povertà “nascosta sotto al tappeto”. “Non ho mai negato problemi legati alla crisi. Contro la povertà ho agito e continuo ad agire. Abbiamo speso 267 milioni in welfare ed educazione all’anno”, rimarca il sindaco.
Dalla movida alla sicurezza, dai campi rom ai cambiamenti urbanistici, fino ai temi del lavoro. Torino, città un tempo locomotiva dell’industria, oggi è in testa alla classifica della disoccupazione con un tasso del 12,3% e con il 44% dei giovani senza lavoro. Questo sarà il tema con cui chiunque vinca dovrà vedersela. Il sindaco parla di un patto per il lavoro, di una Agenzia locale per gli investimenti, Appendino di pmi e vocazione manifatturiera da rimettere al centro. Niente decrescita felice. A Torino gli imprenditori l’hanno vista da vicino la decrescita ed era tutto tranne che felice.
Il duello elettorale va in scena nell’ex fabbrica del Lingotto, oggi centro commerciale e congressi, a pochi metri da quello che era il quartier generale della Fiat, che oggi si chiama Fca e veleggia tra Londra, Detroit e Amsterdam. Nessuno dei candidati tocca il tema, segno che ormai il cordone ombelicale con la città, tagliato da Marchionne, non è più una ferita aperta. Ora il dente batte sul cosiddetto “sistema Torino”, per i detrattori di Fassino una cappa, che in barba alla meritocrazia, consente ai soliti noti di avere in mano le leve del comando.
Il botta e risposta decolla, Fassino si rilassa, si fa più concreto, snocciola cifre, certo potrebbe sorridere un po’ di più e non avere quell’aria da “sì adesso parliamo, poi ci penso io”, ma non è nella sua natura. Appendino gioca a fare la grillina non ortodossa.
C’è anche spazio per il siparietto che riporta in auge la cosiddetta “Profezia di Fassino” che in un consiglio comunale molto acceso apostrofò Appendino con la frase: “Un giorno lei si segga su questa sedia e vediamo se poi sarà capace di fare tutto quello che oggi ha auspicato di poter fare”, non prima di averla definita “la Giovanna d’Arco della pubblica moralità”. Fassino non gioca in difesa: “Penso ci sia molta superficialità nel considerare l’attività di sindaco, che è complessa, difficile e faticosa. Appendino nei cinque anni da consigliere comunale ha avuto un atteggiamento semplicistico, ci attaccava senza però mai dare soluzioni”. Lei: “In quell’occasione mi stavo battendo per la trasparenza dei fondi alle fondazioni culturali e sono orgogliosa di essere stata chiamata Giovanna d’Arco. La mia è una candidatura forte, che matura dalla mia esperienza in consiglio comunale, dove ho fatto opposizione dura”.
A fine confronto il voto dei telespettatori di Sky boccia il sindaco, che si ferma al 34 per cento, mentre la pentastellata raggiunge il 66. Lo spettro per Fassino è una rimonta di Appendino alla Valentino Castellani, l’ex sindaco di Torin che vinse nel ’93 e nel ’97, sempre al secondo turno, rottamando contro ogni previsione prima Diego Novelli e poi Raffaele Costa. Ma questa volta l’impressione generale è che il nuovo sindaco strapperà la vittoria per una manciata di voti.