Nei dibattiti televisivi e sulle pagine dei giornali non si parla quasi d’altro che della candidatura di Roma ad ospitare le Olimpiadi del 2024: argomento principe di quest’ultimo scorcio della campagna elettorale, simbolo perfetto del diverso modo di intendere la realtà del Partito Democratico e del M5S.
LE OLIMPIADI SECONDO GIACHETTI E RAGGI
“Un’occasione da non perdere“, secondo il candidato del centrosinistra al Campidoglio Roberto Giachetti, che in vista del ballottaggio di domenica prossima ha deciso di scommettere tutto sulla sfida olimpica di Roma e di puntare il dito contro il no di Virginia Raggi (in questo articolo di Formiche.net i programmi a confronto dei due candidati). Contraria al progetto, la grillina sta solo in parte modificando il suo approccio iniziale. Dall’assoluta ostilità (“è criminale soltanto parlarne”, disse giorni fa) è passata a una posizione più sfumata ma in fondo pur sempre di contrarietà. “Non sono una priorità“, ha commentato anche ieri nel corso del confronto condotto su Raitre da Lucia Annunziata.
LA VALUTAZIONE ECONOMICA
Ma qual è la valutazione dell’impatto economico delle Olimpiadi, i costi e i benefici che ne deriverebbero per Roma e il sistema Paese nel suo complesso? A scattare questa fotografia ci hanno pensato la società OpenEconomics e il Centro di Studi Economici e Internazionali (Ceis) dell’università romana Tor Vergata, con un dossier (consultabile per intero a questo link) pubblicato lo scorso febbraio (qui l’articolo di Formiche.net).
L’EQUILIBRIO ECONOMICO
La tabella principale da prendere in considerazione per capire se i Giochi Olimpici siano convenienti dal punto di vista economico è la prima, che contiene “l’analisi finanziaria di massima della componente pubblica“, nella quale sono messi a confronto “i costi di investimento” e “i rientri netti“. In sostanza, l’indicazione dei costi e dei ricavi derivanti dall’organizzazione delle Olimpiadi del 2024. Secondo quanto emerge dalla tabella, la situazione sarebbe perfettamente in equilibrio, con le entrate e le uscite che ammonterebbero alla stessa identica cifra: entrambe a 7,44 miliardi di euro.
LE OLIMPIADI E LE CASSE CAPITOLINE
Non è previsto alcun esborso economico da parte del Campidoglio. I costi per l’organizzazione della manifestazione e per l’adeguamento infrastrutturale della città – i cui progetti sono stati messi a punto dal presidente del Coni Giovanni Malagò e da quello del comitato organizzatore Luca Cordero di Montezemolo – sono infatti a carico dello Stato e del Comitato Olimpico Internazionale. Le casse capitoline, invece, non verrebbero in alcun modo toccate, come ha sottolineato Andrea Bassi in questo articolo sul Messaggero. Dunque, una delle ragioni tradizionalmente addotte dal fronte del no – i dissestati conti del Comune che non consentirebbero uno sforzo di questo tipo – in realtà non avrebbe ragione d’esistere.
I COSTI E I RICAVI
Sotto la prima voce vengono menzionati “i costi d’investimento” (pari a 3 miliardi e 897 milioni di euro), “gli imprevisti“(pari a 1 miliardo e 364 milioni) e “i costi operativi” (pari a 2 miliardi e 184 milioni). Tra quelli che vengono definiti i rientri netti compaiono, tra gli altri, le sponsorizzazioni nazionali, il merchandising, i biglietti venduti in Italia e all’estero e il contributo del Cio (che ammonterà a 1 miliardo e 46 milioni di euro).
I CALCOLI DI BECHIS
La ricostruzione fatta dal dossier – secondo cui costi e ricavi sarebbero in perfetto equilibrio – è stata però messa in discussione da Franco Bechis che ieri su Libero ha rilanciato in chiave opposta alcuni dei dati contenuti nello studio. Il vicedirettore del quotidiano guidato da Vittorio Feltri contesta, in particolare, che tra i ricavi siano state inserite tre voci: gli “investimenti pubblici già programmati” (pari a 2 miliardi e 210 milioni di euro), il “contributo pubblico a copertura degli imprevisti” (pari a 1 miliardo e 364 milioni) e un “contributo pubblico” a perdere (pari a 466 milioni). Questi elementi – argomenta Bechis – dovrebbero essere inseriti tra i costi e non tra le entrate, con la conseguenza di dover aggiornare i calcoli: “Il vero conto di questa tabella sarebbe questo: costi per lo Stato 11 miliardi e 487 milioni di euro, rientri netti per lo Stato di 3 miliardi e 405 milioni. Risultato finale: una perdita per le casse pubbliche di 8 miliardi e 82 milioni di euro“.