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Ecco visioni e divisioni di Piero Fassino e Chiara Appendino

piero fassino

Si era già capito in questi giorni. Fine del fair play a Torino tra Piero Fassino e Chiara Appendino. Le polemiche tra la pentastellata e il ministro Maria Elena Boschi sulla Città della salute, le pagine torinesi de la Repubblica che tirano bordate allo staff di Fassino “poco accorto e non all’altezza” e invitano il sindaco uscente a dare il colpo d’ala, i due candidati che trottano per mercati e periferie da mattino a sera, andando persino a vedere l’Italia agli Europei tra la gente in bar qualunque ai margini di Torino: c’è elettricità nell’aria in quest’ultimo scampolo di campagna elettorale, qui nel capoluogo piemontese, che ieri ha avuto uno dei suoi momenti clou.

IL CONFRONTO A TEATRO

Al Teatro Carignano è andato in scena il confronto tra i due sfidanti organizzato dal quotidiano La Stampa. Il neo direttore Maurizio Molinari, senza cronometri e gong, è riuscito a scaldare i due contendenti, davanti ad una vera platea, che è stata più generosa di applausi nei confronti di Fassino, bersaglio ogni tanto di qualche fischio.

STILI E PIGLI

C’è da dire che lui si è presentato più in forma del solito, di sicuro più incisivo che nel confronto andato su SkyTg24, costringendo Chiara Appendino a giocare in difesa e a mettere da parte il sorriso da brava da ragazza per tornare a essere la consigliera comunale che è stata: battagliera e un tantino barricadera. Alla fine i due ridono mentre si stringono la mano, anche Fassino ride, ma in quell’ora sul palco del teatro il sindaco si inalbera e non lesina colpi. Soprattutto fa finalmente se stesso, quell’uomo spigoloso e concreto che qui a Torino si conosce, non quel personaggio finto che gli spin doctor gli hanno cucito addosso in questi mesi, quello che balla la taranta in piazza, che tira calci a un pallone, ma in fresco lana e mocassini. Appendino da parte sua cerca in tutti i modi di contrastare l’immagine della bocconiana prima della classe un po’ legnosa che dice no a tutto in primis la Tav e sventola il reddito di cittadinanza.

I NO E I SI’

“Torino non è Calcutta non è una somma di criticità” rivendica Fassino. La replica della pentastellata: “Dire che le cose non vanno bene non significa non amare la propria città. Io amo molto Torino, ma un sindaco ha il dovere di raccontare la verità: noi vogliamo far ripartire Torino, non ucciderla come dice qualcuno in modo propagandistico”. Poi lo scontro si accende su Città della Salute e Tav. Piero Fassino cita uno studio della Bocconi, università dove si è laureata Chiara Appendino. Mentre scandisce la parola Bocconi le lancia un’occhiata di sbieco e incassa il primo applauso della serata. Lei ribatte che persino il premier Renzi in un primo momento diceva che la Tav non s’ha da fare.

DOSSIER POVERTA’

Sul tema della povertà poi arrivano le scintille. Dopo lo scorso confronto, la Caritas ha bacchettato entrambi gli aspiranti sindaco: i poveri non sono numeri e non vanno strumentalizzati. Molinari ritorna sul tema. Fassino attacca e il pubblico gli concede quasi una ovazione quando dice: “Per me anche un solo povero è un problema. La si mena sempre con ‘sta storia dei 100mila poveri senza dire quello che si vuol fare. Non siamo stati con le mani in mano. Abbiamo dato un reddito di inserimento a chi non aveva un lavoro, un reddito di mantenimento per  famiglie che hanno persone non autosufficienti, poi c’è il fondo salva sfratti, istituito un anno prima che lo istituisse il governo. Io dei poveri me ne occupo”. Appendino attacca il disco del reddito di cittadinanza: “Non è assistenzialismo”, si difende.

IL BATTIBECCO

Fassino dice che a Torino ha creato il migliore dei mondi possibili, malgrado la crisi “la città è in piedi e pronta a cogliere le opportunità”. Appendino vede ampi margini di miglioramento e soprattutto quand’anche fosse la città dei sogni, punta tutto sugli esclusi, sul disagio di chi percepisce Fassino emissario di Renzi, su quelli che vogliano rovesciare il banco perché si sentono esclusi e si sentono impotenti davanti alla sfilata dei soliti noti nei posti chiave della città. Qui Appendino affonda il colpo: “Partiti come il Pd hanno fatto crescere in me la sfiducia nella politica, e’ stato il Movimento 5 Stelle a farmi tornare la voglia di occuparmi della cosa pubblica”.  E ancora: “Il Movimento e’ maturato, e’ cresciuto, e oggi siamo pronti a governare. Da noi non contano le correnti e i pacchetti di voti, ma le idee, le persone e i progetti che si portano avanti”. “Mi propongo come una lavoratrice, come una consigliera comunale che ha fatto opposizione dura in alcuni casi e costruttiva in altri. Ho costruito un programma, frutto del lavoro di 400 persone – ha concluso Appendino – Questa città dopo tanti anni che è stata governata da una forza politica ha bisogno di essere aperta al merito e al cambiamento”.

IL SIPARIETTO

Arriva anche un piccolo siparietto tra i due. Molinari chiede: “Arruolereste il vostro sfidante?”. Il sindaco se la cava con eleganza: “Appendino è molto combattiva, non avrei esitazione a coinvolgerla nella mia squadra”. Lei puntigliosa: “Io la mia squadra la sto già scegliendo, aspetto che Fassino ci dica qual è la sua”. Allora Fassino la butta sull’ironia: “Ecco, l’Appendino si è preclusa la possibilità di avermi nella sua squadra”.

GLI APPUNTAMENTI

Oggi ricominceranno il loro pellegrinaggio tra i torinesi, che intanto mostrano più interesse verso la politica cittadina. Ieri sera in duecento sono rimasti fuori dal Teatro e hanno assistito al match Fassino-Appendino sul mega schermo nella piazza antistante, mentre in Comune si registra un’impennata nelle richieste della tessera elettorale.


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