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Il Fatto e i pericolosi lobbisti. La versione di Messa

Paolo Messa e Frans Tittermans

Caro direttore,

questa mattina leggendo Il Fatto Quotidiano sono rimasto con l’amaro in bocca. Ieri Formiche ha organizzato a Bruxelles, nel Parlamento europeo, una iniziativa dal titolo “Obiettivo crescita: il percorso delle riforme in Italia e in Europa”. È stato, lo ammetto, un evento di successo. Abbiamo avuto due esponenti di primissimo piano del governo italiano e di quello europeo, Maria Elena Boschi e Frans Timmermans. Con loro il vertice bipartisan dell’europarlamento. È stato un successo perché gli interventi non erano di mera propaganda: dopo Brexit e nel pieno di una crisi che rischia di essere peggiore di quella del 2008, nessuno ha tanta voglia di scherzare con il fuoco.

Si parlava di crescita, di impatti economici e… chi c’era in sala? Sorpresa: i rappresentanti delle aziende, delle industrie, di quelle che operano in Italia ma anche più in generale nella Ue. Volevano ascoltare per capire. Capita. Ogni giorno, come sanno i giornalisti competenti, le imprese e ancora di più le istituzioni finanziarie valutano i mercati ma anche i Paesi e i loro sistemi regolatori. E quindi, insieme ad una vasta e qualificata platea di funzionari e dirigenti di Parlamento e Commissione, vi erano anche rappresentanti delle aziende. Già, lo ammetto. Invece che essere mascherati, nascosti, erano a volto scoperto e sono intervenuti – addirittura pronunciando il loro nome ed il loro ruolo. Da Business Europe (la Confindustria europea) alla Bat passando per Poste. Francamente non mi pare una ordalia di pericolosi lobbisti.

Ora, che c’è di male – si potrebbe replicare – a sottolineare la presenza degli specialisti della rappresentanza dei legittimi interessi aziendali? Io, sia chiaro, potrei persino essere contento per la pubblicità ricevuta da un quotidiano molto letto, che non mi dispiace e che non ha in verità neanche scritto cose offensive. Il punto, caro direttore, è però un altro e mi sta molto a cuore.

Se i protagonisti della nostra economia, di quelle imprese che danno (ancora) lavoro e benessere, li trattiamo come oggetto del sospetto a prescindere, li confondiamo con gli orribili, quelli sì, faccendieri che operano nella opacità, che ne beneficio ne abbiamo? Se le multinazionali non scelgono l’Italia o se quelle che ci sono chiudono, potremo inneggiare alla vittoria dei buoni contro i cattivi? No, perché senza le grandi imprese ed i professionisti che lì vi lavorano, resteranno in maggioranza le realtà che sguazzano fra il grigio e il nero.
Ecco perché non riesco proprio a condividere una lettura superficiale fatta da un giornale che leggo e scritta da un giornalista che stimo.
Cordialmente

Paolo Messa, fondatore della rivista Formiche

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