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La riforma Renzi-Boschi della Costituzione è di centrodestra. Parla Flavio Tosi

Forze politiche di area moderata e liberal-popolare insieme per il Sì alla riforma della Costituzione firmata da Matteo Renzi e Maria Elena Boschi. E’ nato ieri alla Camera dei Deputati il coordinamento unitario tra i vari movimenti di centro-centrodestra che, pur ribadendo la loro diversità rispetto al Partito Democratico, sono comunque impegnati affinché il referendum costituzionale in programma ad autunno veda prevalere i voti favorevoli. “In gioco c’è il destino dell’Italia, non quello di Renzi”, spiega il deputato del Nuovo Centrodestra Ferdinando Adornato che dell’iniziativa è stato uno dei principali promotori. Del progetto fanno parte l’Ncd di Angelino Alfano, Ala di Denis Verdini, la parte di Scelta Civica che ha deciso di schierarsi con il viceministro dell’Economia e delle Finanze Enrico Zanetti, gli esponenti dell’Udc che fanno capo a Giampiero D’Alia (il gruppo di Lorenzo Cesa è invece in campo per il No), i Moderati di Giacomo Portas e il movimento Fare! del sindaco di Verona Flavio Tosi. Tutti presenti per il battesimo ufficiale di questo coordinamento che nel breve termine si pone l’obiettivo di contribuire all’approvazione definitiva della riforma costituzionale, ma che nel lungo periodo potrebbe costituire la base di un nuovo soggetto politico di stampo liberale e popolare.

Argomenti di cui Formiche.net ha discusso con l’ex leghista Tosi, del cui movimento fanno parte anche tre senatori e quattro deputati.

Sindaco, perché ritiene che il Sì al referendum costituzionale sia coerente con la storia politica del centrodestra?

Perché se si prende in esame il contenuto del testo ci si rende facilmente conto che vi sono numerosi elementi in comune con la riforma varata dal centrodestra nel 2005. Mi riferisco in particolare alla fine del bicameralismo perfetto, alla creazione del Senato delle Regioni e all’introduzione di tutte quelle norme che mirano a dare governabilità al Paese. Si tratta di contenuti tipici del centrodestra, come conferma peraltro l’ampio sostegno di cui questa riforma ha goduto per un lungo tratto dell’iter parlamentare. L’appoggio è venuto meno – va ricordato – in occasione dell’elezione del Presidente della Repubblica, che non ha nulla a che vedere con le riforme.

Pensa che gli elettori di centrodestra siano favorevoli a questa riforma?

Penso che non ci sia dubbio in proposito. E’ una riforma di centrodestra anche perché uno dei suo obiettivi principali è tutelare la parte più sana dell’economia di questo Paese: gli imprenditori, gli agricoltori, gli artigiani. Chi produce davvero non può non volere le riforme. Per questo sono convinto che gli elettori di centrodestra voteranno Sì indipendentemente dagli ordini di partito.

La sua sembra una posizione intermedia: Sì alla riforma della Costituzione ma no al Governo che l’ha varata. E’ possibile davvero fare questa distinzione?

Ritengo questo atteggiamento pienamente coerente. Non voto Sì né per Renzi né per appartenenza o dovere di maggioranza. Dico Sì per convinzione personale, ma resto all’opposizione di questo governo.

Cosa può nascere a livello politico da questo coordinamento? Sono le prove generali per un soggetto unitario liberale e popolare?

A mio avviso va subito messo in evidenza un dato: tra le necessità di questo Paese c’è sicuramente anche quella di ricreare una coalizione di centrodestra che sia credibile e seria. Ne ha bisogno l’Italia perché in questo momento le uniche alternative a Renzi – la destra lepenista di Salvini e il MoVimento 5 Stelle – non appaiono all’altezza.

Quello che avete lanciato per la riforma costituzionale è il primo seme per la ricostruzione del centrodestra cui si riferisce lei?

Tutti i movimenti che partecipano al coordinamento unitario per il Sì alla riforma costituzionale hanno in comune questo DNA. Sono radicati nell’area del centrodestra e rappresentano una classe politica che ha la capacità di governo e la volontà di creare un’alternativa vera al Pd.

Come leader di un centrodestra rinnovato cosa pensa di Stefano Parisi cui Berlusconi ha affidato le chiavi di Forza Italia?

Bisogna capire quale sia il vero mandato di Stefano Parisi e, altresì, quale sia l’obiettivo di fondo di Berlusconi. Le reazioni di una parte di Forza Italia sono un segnale di cui tenere conto. Prima di prendere posizione, è necessario attendere e vedere cosa accadrà. Anche ad Angelino Alfano Berlusconi promise il ruolo di leader, ma poi alla fine ne ritirò la candidatura e ripresentò sé stesso.

Spicca l’assenza dal coordinamento di Forza Italia che nella prima fase dell’iter parlamentare la riforma costituzionale  l’ha votata. Che idea si è fatto di quanto sta accadendo nel partito di Berlusconi? L’ultimo a scagliarsi contro l’ipotesi Parisi è stato Maurizio Gasparri. 

Mi dà l’idea di essere un partito un po’ involtato su se stesso. Gli elettori di centrodestra sono naturalmente destinati a votare Sì alla riforma e anche per questo ho l’impressione che molti eletti di Forza Italia siano in forte imbarazzo a fare propaganda per il No al referendum costituzionale. Sarebbe normale che fossero qui con noi.

Sindaco, la riporto a Parisi. Al di là di Forza Italia, sì o no?

Ci vuole prudenza, ma in ogni caso sono convinto che il leader non si possa indicare a tavolino. La leadership nasce dalla volontà popolare, non può e non deve nascere da una costruzione partitica. Agire in questo modo vorrebbe dire non aver capito nulla di quello che si attendono gli italiani.

Anche Flavio Tosi potrebbe essere in corsa per la leadership?

Devono essere i cittadini a scegliere. Che si faccia ricorso alle primarie o che si utilizzi un altro strumento di partecipazione, la decisione finale deve comunque spettare a loro.



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