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Come ha operato il Corpo di soccorso alpino e speleologico dopo il terremoto in Italia Centrale

Ore 03:36, il tecnico di soccorso alpino e speleologico viene svegliato dal tonfo di qualche libro che casca dagli scaffali. I lampadari non hanno ancora finito di tintinnare che già è fuori dal letto ed al telefono. Altri tecnici gli rispondono al primo squillo: l’hanno sentita fortissima anche loro.

Lo zaino con l’equipaggiamento è sempre pronto, butta dentro le batterie ricaricabili per le luci del casco ed è già in strada. Arriva alla sede della squadra ma altri lo hanno preceduto, il fuoristrada con il patacco giallo del Corpo Nazionale Soccorso Alpino e Speleologico è già in moto sul piazzale, salta dentro, si parte. Per dove? La centrale operativa comunica la posizione dell’epicentro calcolato dall’INGV. Gli strumenti cartografici sono a bordo.

Mentre i motori rombano nella notte nessuno parla. La memoria corre ai precedenti eventi cui ogni tecnico ha partecipato, dai piccoli e grandi interventi in montagna o nelle viscere delle grotte ai soccorsi per altri terremoti. I più giovani ricordano l’Aquila, i più vecchi li ricordano tutti, dal terremoto dell’Irpina nel 1980 in poi.

A 90 minuti dalla scossa le squadre CNSAS sono sul posto. Il sole non è ancora sorto, ma i fari e le prime luci del giorno illuminano le macerie. “Centrale, siamo ad Amatrice, il Paese non c’è più”. Altri rapporti identici arrivano dalle altre squadre CNSAS che, prime fra tutte, hanno raggiunto Arquata e Pescara del Tronto. La direzione nazionale acquisisce i rapporti dei tecnici sul campo ed è già in contatto col Capo dipartimento della Protezione Civile che ordina la mobilitazione generale. L’alba vede l’intera struttura del Soccorso Alpino e Speleologico già in movimento. Partono colonne di mezzi CNSAS da tutta Italia. Obiettivo: la zona rossa.

Le colonne organizzate raggiungono le squadre di primo intervento che, senza aspettare indicazioni, stanno già scavando dove gli abitanti del luogo hanno segnalato la presenza di persone. Le unità cinofile saltano giù e sono sulle macerie, seguite dai sanitari del CNSAS insieme ai tecnici. Tutti sanno come muoversi: il compito che affida loro lo Stato è portare soccorso medicalizzato in ambiente ostile o impervio.

Sul posto arrivano i Carabinieri, la Polizia e le prime unità dell’Esercito. Si coordina il lavoro con le altre strutture di Protezione Civile, con la Guardia di Finanza, con il Corpo Forestale dello Stato e con i Vigili del Fuoco. Numerose piccole organizzazioni di protezione civile e singoli volontari vengono coordinati dalla direzione operazioni CNSAS e distribuiti insieme alle altre squadre.

Si dividono le cittadine colpite in aree di ricerca, ciascuna viene affidata ad una squadra composta da due sanitari, due unità cinofile e due-quattro tecnici, tutti sanno lavorare insieme, sono tutti personale addestrato del CNSAS.

Parlano poco e scavano con attenzione, sono in un luogo dove la morte, anche con il suo odore, è stata e rimane sovrana. Migliaia di persone hanno avuto almeno un famigliare, un amico, un conoscente deceduto. E molti sono qui che aspettano accanto alle macerie.

Bisogna individuare chi è rimasto sotto e scavare per tirarlo fuori evitando altri crolli. Ma intanto la terra non smette di tremare. Se le scosse sono forti i tecnici si portano momentaneamente al sicuro, ma uno rimane sempre a rassicurare e monitorare il ferito. A volte le macerie sono alte parecchi metri, per raggiungere le vittime individuate dai cani è necessario installare sistemi di soccorso su corda, calarsi e recuperare le speciali barelle con tecniche speleoalpinistiche.

Ma non basta: bisogna portare soccorso anche alle persone rimaste nelle frazioni e nelle case isolate in un territorio vasto e impervio dove i fuoristrada non possono ancora arrivare. All’alba del 26 l’elisuperficie di Amatrice sembra il set di Apocalypse Now. Gli elicotteri convergono qui per portare le squadre nei posti più sperduti. Le squadre del CNSAS volano col Corpo Forestale dello Stato; e con l’aiuto della cartografia tridimensionale raggiungono 38 piccoli paesini nella provincia di Rieti e innumerevoli case isolate. I tecnici censiscono le persone residenti, gestiscono le urgenze sanitarie e raccolgono le richieste di cibo, farmaci, materiali trasmettendo i rapporti alla Protezione Civile nazionale che garantisce i rifornimenti urgenti.

Solo nei primi due giorni, i tecnici del CNSAS hanno estratto vivi dalle macerie 55 feriti gravi, medicalizzati sul posto dai sanitari CNSAS prima di essere trasportati alle ambulanze o agli elicotteri. Innumerevoli le persone soccorse con ferite lievi. Anche 62 corpi sono stati recuperati e restituiti ai familiari. In totale, il Corpo Nazionale Soccorso Alpino e Speleologico ha impiegato 452 giornate/soccorritore, 42 giornate/medico soccorritore, 53 unità cinofile addestrate al soccorso su macerie.

Perché gli uomini e le donne del Corpo Nazionale Soccorso Alpino e Speleologico hanno scelto una forma di volontariato … così estremo? Perché sono stati sottoposti ad anni di addestramento specialistico e sanno portare aiuto efficace dove gli altri non possono arrivare. Sono ente costitutivo del Dipartimento Protezione Civile ed hanno ricevuto dallo Stato il compito di coordinare le operazioni di soccorso in ambiente impervio. Se le normali ambulanze possono raggiungere i feriti, non li chiamano nemmeno.


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