Un registro dei portatori di interesse o, più semplicemente, dei lobbisti: a Roma, in Campidoglio, nella principale realtà amministrata dal M5S. Non è un’ipotesi da fantascienza, ma un progetto concreto che la giunta guidata da Virginia Raggi potrebbe presto varare. All’iniziativa sta, infatti lavorando l’assessore alla Semplificazione (ufficialmente “Roma semplice”) Flavia Marzano – esperta di open government, amministrazione digitale e trasparenza – entrata nella squadra del sindaco dopo aver presieduto gli Stati generali dell’Innovazione.
MISSIONE TRASPARENZA
Il progetto – che mira a creare in via sperimentale un registro dei portatori di interesse innanzitutto per il suo assessorato – potrebbe vedere la luce entro l’autunno con l’approvazione di un’apposita delibera da parte della giunta. Intanto le prime indicazioni possono essere già colte sul sito open.gov.it, la piattaforma creata dal ministero della Funzione pubblica con l’obiettivo di raccogliere le proposte di associazioni, imprese e pubbliche amministrazioni in materia di trasparenza. Idee che sono già state sottoposte a consultazione pubblica online dalla metà di luglio allo scorso 31 agosto.
IL PROGETTO
Sul portale sono indicati i 4 step che Marzano si è impegnata a rispettare, che comprendono innanzitutto “l’apertura dell’agenda dell’assessorato, e cioè pubblicazione in un’agenda visibile a chiunque degli incontri dell’assessorato con rappresentanti-portatori di interesse“. E, soprattutto, l’istituzione in via sperimentale e poi “la messa a regime del registro dei portatori d’interesse“, anche in collaborazione con l’Anac. In parole povere, un elenco dei lobbisti nel quale debba registrarsi chiunque voglia interloquire con l’assessorato e, in prospettiva con il Campidoglio, per proporre, sollecitare o sollevare questioni. In sostanza – semplicemente – per rappresentare interessi.
IL PRECEDENTE
Il canovaccio dal quale partire già c’è: si tratta della proposta di delibera depositata in Assemblea Capitolina durante l’amministrazione di Ignazio Marino. A promuoverla furono i giovani di Cultura Democratica – un think tank di area Pd attivo soprattutto sui temi dell’innovazione – che per scrivere il provvedimento si fecero aiutare da uno dei principali esperti in Italia in materia di lobbying, il professore della Luiss Pier Luigi Petrillo. Quel documento – accolto con favore da Marino, ma poi rimasto lettera morta a causa dei dubbi dell’allora assessore capitolino alla Legalità Alfonso Sabella – dovrebbe adesso costituire la base della proposta che Marzano porterà in giunta forse già entro fine ottobre. Inequivocabile la considerazione da cui la delibera presentata nel 2015 prende le mosse: “Premesso che con il termine lobbying si intende un gruppo organizzato di persone che cerca di influenzare dall’esterno le istituzioni per favorire particolari interessi“.
LE LOBBY E I CINQUESTELLE
Le tanto vituperate lobby – contro le quali spesso e volentieri si scaglia una certa parte del M5S – potrebbero quindi trovare in Campidoglio, la più importante città amministrata dai pentastellati, un loro riconoscimento. Che poi altro non sarebbe che la regolamentazione di un fenomeno che esiste e che è lecito e diffuso. E che – per rimanere alla vecchia proposta di delibera – è “considerato uno strumento indispensabile per acquisire informazioni tecniche, altrimenti difficilmente comprensibili, oltre che per valutare e prevenire eventuali impatti economicamente e socialmente insostenibili delle decisioni che si intendono adottare“. Non è, comunque, una novità che almeno alcuni settori del movimento abbiano cominciato a sdoganare il concetto di lobby e ad abbandonare – spesso però a fasi alterne – la retorica a cui molti esponenti a cinquestelle ricorrono quando parlano di questo argomento. In tal senso il caso più eclatante è certamente rappresentato da Luigi Di Maio: prima dell’estate fece scalpore la sua decisione di confrontarsi apertamente con molti lobbisti, in un dibattito organizzato da Fb & Associati, una delle principali società italiane del settore. Della stessa teoria sembrerebbe essere pure Virginia Raggi che nelle sue linee programmatiche di governo della città ha inserito tra le priorità in materia di open government “l’istituzione di un registro dei rappresentanti degli interessi“. Ossia dei lobbisti.
I PROSSIMI PASSI
Rimane da vedere se questi propositi si trasformeranno in un provvedimento concreto visto che nella storia italiana i tentativi di regolamentare l’attività di lobbying sono stati decine senza che a livello centrale si sia mai arrivati ad alcunché. Qualcosa, però, ha iniziato a muoversi con le iniziative specifiche messe in campo da singole istituzioni. Un registro lo hanno istituito il ministero dello Sviluppo economico e delle Politiche agricole, alcune regioni come Toscana e Molise ed anche la Camera dei Deputati. Strumenti ancora poco incisivi, ma che rappresentano comunque un primo passo sulla strada della regolamentazione. Raggi seguirà questi esempi? Di sicuro questa sembra essere l’idea dell’assessore Marzano che sta studiando ulteriori progetti per garantire maggiore trasparenza alla macchina capitolina.