I protagonisti di questa storia assai gustosa sono Denis Verdini e Mario Monti. Da tempo l’ex azzurro alla Camera cerca di allargare il suo gruppo parlamentare, che è sempre fermo a 10 deputati. L’escamotage il volpone Denis l’ha trovato la scorsa estate percependo il malumore dentro Scelta civica tra il gruppo parlamentare e il segretario Enrico Zanetti. Così Verdini ha convinto il viceministro all’Economia al divorzio portandosi però dietro il nome. Insomma, per Scelta civica è l’ora della scissione: alla Camera se ne andranno in 5, compreso lo stesso Zanetti, con l’obbiettivo di unirsi ai verdiniani e costituire un nuovo gruppo che possa gettare le basi per una nuova formazione centrista a sostegno di Renzi. Nonostante l’attacco degli ex Scelta civica (rimasti in 15 a Montecitorio), il viceministro all’Economia, che è anche segretario del partito, tiene duro e riesce a mantenere il simbolo, nonostante la sua diaspora sia di soli 5 parlamentari: Zanetti, infatti, ottiene la maggioranza sia nella direzione che nell’assemblea nazionale di Sc, che si è riunita venerdì scorso, spuntandola con 63 voti a 38.
E arriviamo a ieri, quando si riunisce l’ufficio di presidenza della Camera per ufficializzare la nascita del gruppo “Scelta civica verso i cittadini per l’Italia – Maie”, ovvero i verdiniani, più gli zanettiani e l’ex tosiano Marco Marolin: totale 16 deputati. La deroga (a Montecitorio per formare un gruppo occorrono 20 deputati) viene concessa perché Scelta civica alle scorse elezioni si è presentata in più di 20 circoscrizioni. Un vero colpo di genio di Verdini, che così riesce ad avere un gruppo autonomo con tanto di status e, soprattutto, finanziamenti. Follow the money. Durante la riunione, però, a sorpresa arriva una lettera di Monti che diffida Zanetti dall’uso del nome “Scelta civica” rivendicandone l’esclusiva proprietà. “Nome e simbolo sono miei, nessuno li può utilizzare senza il mio consenso”, scrive il professore. Laura Boldrini interrompe i lavori per esaminare la novità, ma poi si decide, a maggioranza, che il nuovo gruppo di Verdini e Zanetti può nascere. “Dispiace che Monti si sia fatto consigliare da chi non conosce i regolamenti. Ma la questione va avanti da tre mesi, mentre lui è fuori dal partito da tre anni. Ci attacca per l’alleanza con Verdini, ma non era lui che ci ha portato tra le braccia di Fini e Casini?”, si chiede Zanetti.
Gli spifferi del Transatlantico raccontano che Monti sia stato sollecitato dagli ex di Scelta civica cui Zanetti ha “soffiato” nome e partito. Anche i 15 deputati montiani, però, potranno costituirsi in gruppo, “Civici e innovatori”, ma la deroga è a tempo: avranno tempo tre mesi per trovare altri 5 deputati, altrimenti perderanno lo status di gruppo autonomo.
Il sospetto, avanzato dallo stesso Monti, è che tutto sia avvenuto grazie alla pressione del Pd. Un regalo di Renzi a uno dei suoi maggiori sostenitori, cioè Verdini. E infatti in ufficio di presidenza gli 8 parlamentari dem hanno votato a favore. Ma Monti non si dà per vinto: “Finora non sono mai intervenuto sulla vita del partito, ma ora farò valere le mie ragioni contro questa scelta della Camera”.
Verdini, intanto, se la ride: con un’abile mossa è riuscito a fare l’en plein. Unico rammarico: rinunciare al nome di Ala a Montecitorio. Ma nel magico mondo di Denis non è certo un problema: morto un partito se ne fa subito un altro.