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Flynn, Sessions e Pompeo. Tutte le prime nomine di Donald Trump

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Quando ieri s’è diffusa la notizia dell’annuncio anticipato delle (rituali) dimissioni del Director della National Intelligence, James Clapper, s’è subito commentato che tra le altre cose l’anticipo sarebbe stato un messaggio diretto a Donald Trump: un modo per fare pressione affinché il presidente eletto accelerasse sulla creazione della squadra amministrativa. Magari non ci saranno collegamenti, ma nel giro di meno di ventiquattro ore Trump ha scelto il futuro Consigliere per la Sicurezza Nazionale, Michael Flynn, il prossimo attorney general (il capo del Dipartimento di Giustizia), Jeff Sessions, e il futuro capo della Cia, Mike Pompeo.

Il nuovo procuratore generale degli Stati Uniti è uno storico senatore dell’Alabama, uno dei primi (pochi) leader repubblicani a sostenere la corsa di Trump. Il presidente eletto ha commentato la propria scelta così: “Jeff è stato un membro molto rispettato del Senato degli Stati Uniti per venti anni. È una mente legale di livello mondiale ed è considerato un vero grande procuratore generale” e ancora, “Jeff è molto ammirato dagli studiosi di diritto e praticamente da tutti quelli che lo conoscono”. Sessions, il cui nome era in cima alla lista anche per la guida del Pentagono, è un ultraconservatore (tra “i cinque più conservatori d’America” lo definisce Vox): contrario alla legalizzazione dell’uso della marijuana e alle politiche di integrazione per gli immigrati irregolari, ha avuto in passato anche uscite spiacevoli contro i musulmani e si è parlato di una sua imbarazzante simpatia per il Ku Klux Klan. La sua nomina ha però fatto felice anche Ted Cruz, senatore del Texas sconfitto da Trump alle primarie, molto rigido nel conservatorismo e uomo forte del partito, che in questi giorni si è incontrato con il presidente eletto alla Trump Tower di New York: “Una grande notizia per tutti noi che veneriamo la Costituzione e lo stato di diritto” ha commentato Cruz al nomina di Sessions.

Pompeo, il prossimo capo a Langley, è invece un deputato allineato col Tea Party del Kansas, un falco che ha messo spalle al muro Hillary Clinton per la tragica vicenda di Benghazi, dove nel 2012, quando Clinton era segretario di Stato, il console americano Chris Stevens rimase ucciso in un attacco terroristico. Su di lui Trump dice: “Sarà un leader brillante per la nostra comunità di intelligence e inesorabile nel garantire la sicurezza degli americani e dei nostri alleati”. Pompeo ha posizioni molto rigide anche sul deal con l’Iran, un accordo che “si può smantellare facilmente” secondo lui.

Pompeo, Sessions, Flynn, e poi Steve Bannon (l’editore del sito della destra complottista Breitbart News, a volte viene anche definito il sito del suprematismo bianco) come Chief strategy e Rience Priebus (presidente del Republican National Comittee) come capo dello staff, “tutti uomini bianchi caratterizzati da una retorica incendiaria” nota Politico. Le tre ultime nomine hanno raddrizzato l’incedere incerto del transition team di Trump, che nell’ultima settimana è stato descritto come un gruppo poco amalgamato e caotico. I nomi sono anche di per sé un messaggio: Trump per il momento sta premiando chi gli è stato fedele.



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