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Cosa proporrà il governo italiano al G7 sul cyber spazio

Gianfranco Incarnato

Il cyber spazio equivale ad un vero e proprio campo di battaglia con tanto di armi informatiche con scopi offensivi. Per questo, secondo il governo italiano, occorre uno specifico codice di condotta condiviso dalle nazioni. La proposta di un codice internazionale sul comportamento degli Stati nel cyber spazio sarà presentata in occasione del G7 del prossimo anno che avrà luogo in Italia. Obiettivi, tempi e dettagli sono stati approfonditi in un’intervista a Cyber Affairs da Gianfranco Incarnato (nella foto), vice direttore generale per gli affari politici e direttore centrale per la sicurezza, il disarmo e la non proliferazione del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale.

LA PROPOSTA ITALIANA

L’iniziativa, che punta a mettere ordine nel cyber spazio, ha “l’obiettivo principale di evitare pericolose escalation nel cyber spazio, creando regole condivise fra gli Stati su cosa è concesso, cosa non lo è, sulla gravità di alcuni tipi di azione e sugli effetti e le risposte da scongiurare”. È attesa da anni, ha spiegato Incarnato, sottolineando che il governo non punterà sulla definizione di un trattato internazionale, che “ha tempi di ratifica molto lunghi, almeno 10-12 anni”, e quindi “non è adatto ai tempi di risposta rapidi richiesti da questo dominio e dall’evoluzione delle tecnologie e delle minacce in ambito informatico”, ma su uno specifico codice di condotta.

GLI STEP

L’impianto normativo è in fase avanzata di definizione: “Entro la fine di dicembre avremo una bozza, da dare a gennaio ai partner G7 per una revisione che lo implementi e modifichi in alcuni aspetti. Auspicabilmente, ad aprile contiamo di negoziare e finalizzare il testo, che dovrebbe passare da una approvazione preliminare dei ministri degli Esteri dei Paesi G7, e poi dal disco verde del summit del 26 e 27 maggio a Taormina. Ci adopereremo inoltre per consultare anche Stati che non fanno parte del gruppo delle sette potenze, in modo da raccogliere reazioni e commenti di più ampia portata e il massimo consenso possibile, in vista di un decisivo passaggio in sede di Nazioni Unite, per dare a queste norme un carattere mondiale”.

GLI OBIETTIVI

“Con il summit Nato di Varsavia, durante il quale il cyber spazio è stato riconosciuto come un dominio operativo al pari di terra, mare, aria e spazio extra atmosferico – ha commentato il diplomatico – è venuta meno ogni residua ambiguità sulla militarizzazione della dimensione cibernetica. Servono dunque quanto prima regole comuni di base per inquadrare i rapporti fra gli Stati, per disciplinare le implicazioni militari e tecnologiche conseguenti a questo cambiamento, che equipara ufficialmente il cyber spazio ad un potenziale campo di battaglia e apre alla creazione e all’uso di veri e propri arsenali di armi informatiche, di fatto già sviluppati da alcuni Paesi, per scopi non più difensivi, ma offensivi, di deterrenza”.

LE RAGIONI PRATICHE

Ma ci sono anche ragioni pratiche, ha detto il rappresentante degli esteri a Cyber Affairs: “In passato, Russia e Cina avevano chiesto un trattato in materia, ma l’Occidente si era opposto perché ritenevano che molti Paesi potessero usarlo per bloccare la libertà di informazione nei loro confini. Ma oggi la situazione è tale da non poter più rimandare una soluzione al problema. Non ci nascondiamo che si tratta di un progetto ambizioso, perché molte nazioni si sono mosse finora in totale autonomia ed è straordinariamente cresciuta, in parallelo, la capacità d’azione di organizzazioni criminali, terroristiche, ma consideriamo nostro dovere fare tutto il possibile per trovare una convergenza sul tema”.



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