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Perché le elezioni anticipate sono improbabili. Parla il prof. Lippolis

Al voto subito“, ha tuonato Beppe Grillo poco dopo la chiusura delle urne domenica scorsa. “Ridiamo la parola agli italiani“, gli ha fatto eco negli stessi minuti il leader della Lega nord Matteo Salvini. Una richiesta simile a quella che in queste ore stanno formulando alcuni dei renziani più ortodossi, che su Twitter e Facebook invocano un ritorno alle urne il prima possibile.

Ma davvero – considerato lo scenario nazionale e internazionale – si può andare a elezioni politiche a tempo di record come stanno sostenendo in molti nei diversi schieramenti? Formiche.net ha posto questa domanda al professore ordinario di Diritto pubblico comparato presso l’Università degli studi internazionali di Roma Vincenzo Lippolis. Il punto di partenza sono la legge di bilancio – da approvare in tempi rapidissimi -, le dimissioni formali di Matteo Renzi e l’avvio delle consultazioni da parte del presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Se tutto filasse liscio senza intoppi, è possibile che il Capo dello Stato inizi a consultare i rappresentanti delle varie forze politiche già a partire da giovedì.

Professor Lippolis – ammesso e non concesso che tutto vada in questo modo – quanto pensa possano durare le consultazioni del presidente Mattarella?

Dipende da una pluralità di fattori. Se il capo dello Stato – la cui prudenza sta già rappresentando un punto di riferimento imprescindibile per l’Italia –  trovasse subito una soluzione, le consultazioni potrebbero anche essere molto brevi. Al contrario però potrebbero pure allungarsi – ad esempio con un mandato esplorativo affidato al presidente del Senato Pietro Grasso – nel caso in la situazione tra i partiti si facesse ancora più complessa. La lunghezza delle consultazioni non è prevedibile.

Con questo cronoprogramma, quando pensa che il nuovo governo entrerà in carica?

I discorsi in questo senso non possono che essere ipotetici. Di certo, sappiamo solo che – secondo quanto previsto dall’articolo 94 della Costituzione – entro dieci giorni dalla sua formazione il governo deve presentarsi alle Camere per ottenere la fiducia. Questo è l’unico termine che abbiamo: nella storia della Repubblica ci sono state crisi rapidissime e crisi che si sono prolungate per decine e decine di giorni.

Tra quali opzioni potrà scegliere Sergio Mattarella?

Un’ipotesi è il rinvio del governo alle Camere – anche se dubito fortemente che Renzi possa accettare – oppure il conferimento dell’incarico a qualche altra personalità indicata dal Pd e dagli altri partiti di maggioranza. Ma non è neppure scontato che una soluzione si trovi.

In che senso professore?

Il Pd ha pur sempre la maggioranza assoluta alla Camera. Se fosse indisponibile a qualunque governo, non ci sarebbe alternativa allo scioglimento del Parlamento. Al momento si tratta solo un’ipotesi di scuola, utile però a descrivere la complessità della situazione che il Presidente Mattarella si trova ad affrontare.

A questo punto si inserisce il discorso relativo alla legge elettorale. L’Italicum che fine farà?

E’ una legge pensata per un assetto costituzionale caratterizzato dall’esistenza di una sola Camera chiamata a dare la fiducia al governo. Se al referendum i Sì avessero vinto, l’Italicum avrebbe avuto dunque una sua piena ragion d’essere. Ma con la bocciatura della riforma della Costituzione non può funzionare.

Perché?

Perché assicura la creazione di una maggioranza stabile solo alla Camera. Ma cosa succederebbe al Senato?

A Palazzo Madama è in vigore il cosiddetto consultellum frutto della sentenza della Consulta sul porcellum. Di che si tratta?

E’ il porcellum depurato però del premio di maggioranza: un proporzionale puro, ma su base regionale e con una soglia di sbarramento piuttosto alta.

Quindi due leggi elettorali diverse. Quali sono i rischi in questo senso?

Che non si riesca ad avere la stessa maggioranza alla Camera e al Senato. Ciò evidentemente farebbe venire meno anche le ragioni che hanno portato a prevedere con l’Italicum l’introduzione di un premio di maggioranza.

Sullo stesso Italicum, peraltro, si pronuncerà a breve la Corte Costituzionale. Quali sono le implicazioni di questo passaggio?

Com’è stato annunciato ieri, la Consulta tratterà la questione il 24 gennaio. E’ evidente che non si possa pensare di andare al voto con un legge sottoposta al giudizio della Corte Costituzionale.

Ma il Parlamento potrebbe decidere di anticipare la decisione della Consulta e varare prima una nuova legge elettorale?

Il Parlamento è pienamente legittimato a intervenire prima. Se i partiti trovassero un accordo e approvassero una nuova legge in sostituzione dell’Italicum, non ci sarebbe alcun problema. Anzi, sarebbe un bene: la politica dimostrerebbe di volersi riappropriare del ruolo che gli compete. Non mi pare però che al momento esistano le condizioni per una soluzione così rapida.

Le ipotesi sul tavolo, dunque, quali sono?

O la politica interviene subito con una nuova legge elettorale oppure bisognerà attendere la sentenza della Corte. E poi – a seconda dei diversi orientamenti dei partiti – decidere se andare al voto con il sistema elettorale sancito dalla decisione della Consulta oppure con una nuova legge elettorale da approvarsi nelle settimane successive.

In pratica, se i partiti vogliono andare in fretta al voto non possono che fare subito la nuova legge elettorale?

E’ così: in quel caso il giudizio della Corte verrebbe meno insieme con la necessità di aspettare fino al 24 gennaio. Se così non andrà, occorrerà per forza di cosa attendere che la Corte decida prima di poter soltanto ipotizzare di andare alle urne. I tempi, insomma, si allungherebbero. A maggior ragione ci sarebbe un ulteriore dilatazione dei tempi se in Parlamento si scegliesse poi di non “accontentarsi” del sistema elettorale uscito dalla sentenza della Consulta e di rimettere mano alla legge elettorale.

Mi pare di capire che prima della primavera inoltrata sia difficile andare alle elezioni politiche. Esatto?

In virtù del quadro tracciato, elezioni a distanza molto ravvicinata sono fortemente improbabili. Ho l’impressione che il Capo dello Stato cercherà il più possibile di salvare la legislatura. Peraltro, il prossimo sarà un anno di grandi appuntamenti internazionali che vedranno l’Italia protagonista: in particolare, il sessantesimo anniversario dei trattati istitutivi della Comunità Europea – che sarà celebrato a marzo a Roma – e il G7 in programma a Taormina a fine maggio.

D’altronde – lo dicevamo – al momento non sappiamo neppure con quale legge si andrà a votare. 

E questo dà la misura della complessità della situazione che Mattarella si trova ad affrontare. Ritengo che salva l’ipotesi, non so quanto percorribile, di un blitz  prima di Natale sulla legge elettorale – per riallineare i sistemi di Camera e Senato -, sia molto difficile andare al voto in tempi brevi. Anche perché c’è un ultimo dettaglio da citare.

Quale?

I parlamentari matureranno il vitalizio a settembre. Può sembrare offensivo dirlo, ma è un dato da tenere in debito conto.


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