I numeri non mentono mai, e alcune volte fanno male. Quella del Pd sulla riforma costituzionale è stata una battaglia giusta da fare. Con grinta e onestà intellettuale. Per il superamento del bicameralismo paritario. Per superare il Titolo V e la conflittualità Stato-Regione. Per promuovere l’uguaglianza e le pari opportunità, soprattutto nel mondo del lavoro e della rappresentanza politica.
E non dobbiamo mollare. Perché il tema rimane sul campo nella sua urgenza e delicatezza. Non bisogna buttare tutto, azzerare tutto, ripartire da zero. Occorrono la politica e le politiche. Ora si parla di crisi, di diverse crisi. Della politica, dei partiti. I populisti in tutto l’occidente dominano la scena, è solo una cattiva notizia?
No. Questo fenomeno non deve essere letto solo come cattiva notizia. In greco antico, la parola krisis ha fra i diversi significati anche quello di decisione. La decisione del Pd deve rimanere sul lavoro e sullo sviluppo, che restano sempre al primo posto.
Negli ultimi tempi sono aumentati i segnali di un fenomeno che per sintetizzare chiamiamo ‘neufeudalesimo 4.0’, un termine che a mio parere sintetizza efficacemente una spaccatura forte fra le classi del Paese, già iniziata prima dello scoppio della crisi economica, ma che ora si sta rivelando nei suoi effetti più problematici. È un elemento su cui crediamo sia il caso di riflettere, perché riteniamo coinvolga la struttura stessa della società così come si era venuta a delineare dal dopoguerra, quando in Italia si era realizzato un modello di società dove esistevano meno ‘barriere’ tra i vari livelli sociali, grazie anche all’enorme crescita economica. Avevamo delineato una società meno rigida rispetto al passato, dove ognuno aveva a disposizione strumenti e opportunità per migliorare la propria condizione.
Questa fondamentale conquista sociale oggi mi pare sia messa in discussione, minimizzando una delle caratteristiche principali di una collettività libera e democratica, cioè la dinamicità dei ceti. “L’ascensore sociale si è bloccato a metà piano e dentro si soffoca.” Qualche numero per capire meglio: in Italia la classe media dal 1970 ad oggi ha perso quote consistenti di reddito ( dal 61% al 43%) mentre la popolazione più agiata, nello stesso periodo, ha ampliato la propria quota di ricchezza ( dal 29% al 48%) rimanendo pressoché invariata la condizione sociale dei ceti più bassi ( dal 10% al 9%). (Elaborazione dati della Banca Mondiale).
Lo stesso vale per la parità di genere. Dopo lo slancio degli anni settanta il gender gap è ancora molto evidente e perpetua grandi disparità sociali ed economiche. Vi è un’effettiva persistenza di quello che viene chiamato glass ceiling, il soffitto di vetro: le donne trovano ostacoli nel momento in cui si candidano a ruoli apicali, nonostante questi ostacoli non siano visibili (il soffitto di vetro, appunto). La dequalificazione delle donne nel mondo del lavoro ora non costituisce più soltanto un problema etico, ma una necessità economica. Favorirne l’ascesa alle posizioni di vertice è urgente per assicurare una crescita sostenibile dell’economia. È semplicemente giusto.
In questo contesto occorre contrastare la nascita, il progredire e il cronicizzarsi delle disuguaglianze, costruendo politiche mirate a ridurre le disparità, aumentare gli investimenti in capitale umano e la coesione sociale. Può essere letta in questo modo la presa sui giovani americani della figura e del pensiero del senatore Bernie Sanders.
I numeri non mentono mai e alcune volte fanno male ma occorre non mollare. Ma non si riparte mai da zero.
Da queste avvisaglie di cambiamento si deve partire per riuscire a ricostruire una base di consenso, che passi obbligatoriamente dalla riconquista delle classi medie e dalla reale parità tra i generi. C’è ancora tanta strada da fare. Perché non si tratta semplicemente di riguadagnare i voti di chi si è allontanato, ma soprattutto di restituire la consapevolezza che è possibile per ognuno costruirsi un futuro migliore qualunque sia la condizione sociale in cui è nato, e non importa che sia uomo o donna.
È importante che il Pd insista con decisione su un punto: tutti debbono partecipare al progetto democratico perché, in caso contrario, perderebbe proprio la sua natura democratica. È un fatto positivo che sia stata depositata una proposta di legge che ripresenta il Mattarellum. È da qui che dobbiamo ripartire, perché serve andare a votare con una legge maggioritaria, che permettendo ai cittadini di scegliere in maniera diretta il rappresentante, radica la rappresentatività stessa nel territorio.
I numeri non mentono mai e alcune volte possono anche fare male. Ma con grinta e onestà intellettuale dobbiamo dirci che sullo stato del partito è positivo che si proceda a indire il congresso del Pd. Dobbiamo prenderci il tempo necessario a dirci ed ascoltare molto. Ascoltare tutti. E non dobbiamo mollare. Il lavoro e lo sviluppo restano sempre al primo posto.