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Gina Haspel, chi è (e cosa ha fatto) la vice di Mike Pompeo alla Cia

Sarà Gina Haspel la vice direttrice della Central Intelligence Agency. Mike Pompeo, il nuovo direttore, nominato da Donald Trump meno di due mesi fa, ha annunciato il nome del numero due dell’agenzia giovedì, scatenando subito le polemiche tra i democratici. Haspel è stata un’agente sotto copertura e, durante la sua attività operativa, avrebbe diretto un black site in Thailandia, almeno secondo quanto riportato dai funzionari anonimi che hanno parlato con l’Associated Press. Ossia, è stata a capo di uno dei centri in cui venivano praticate le torture da interrogatorio. Uno dei programmi (“extraordinary rendition program”) più controversi e contestati della Cia moderna, chiuso ufficialmente da Barack Obama e in odore di riapertura sotto la nuova amministrazione Trump; non senza dibattito interno.

THAILANDIA, 2002

Ms. Haspel nel 2002 avrebbe avuto per un breve periodo il compito di supervisionare il sito segreto thailandese, il primo del programma, dove per esempio furono condotti Abu Zubaydah e Abd al Rahim al Nashiri, elementi sospettati di essere alti operativi di al Qaeda (ai tempi la principale minaccia per il terrorismo globale, prima della scissione e l’ascesa indipendente dello Stato islamico). Sui due uomini furono condotte torture stando ai dati poi resi disponibili (alcuni sono usciti non più di due settimane fa): teste sbattute contro le pareti e altre pratiche; Zubayadah pare sia stato sottoposto a waterboarding (una pratica in cui si simula l’annegamento per indurre l’interrogato a confessare) per 83 volte in un mese. Su di loro pendeva un sospetto: erano gli organizzatori dell’attacco alla “USS Cole”? La nave era stata colpita nell’ottobre di due anni prima da un barchino esplosivo ad Aden, in Yemen: morirono 17 marinai americani e una quarantina rimasero feriti, lo scenario è tornato ad essere evocato in questi giorni per quanto avvenuto sempre in Yemen, ai danni di una fregata saudita attaccata dagli Houthi. È possibile che Haspel abbia preso parte direttamente o indirettamente a quegli interrogatori? Era il supervisore del sito.

LE REGISTRAZIONI CANCELLATE

Tutte le torture erano state registrate come da procedura, e qui la questione si incastra con una vicenda di uso del potere, politico però. Le cassette che riprendevano gli interrogatori sono state mantenute in una cassaforte all’interno della stazione della Cia in Thailandia fino al 2005, poi furono cancellate attraverso un ordine inviato dal quartier generale e firmato proprio Gina Haspel. Il New York Times scrive che l’agenzia sostiene che l’ordine è stato dato da Jose Rodriguez, ai tempi capo delle operazioni clandestine, e dunque Haspel avrebbe eseguito solo l’indicazione del suo superiore seguendo il passaggio intermedio. Però quando nel 2013 il nome della Haspel venne preso in considerazione per essere confermato alla guida del Clandestine Service della Cia (lo gestiva già in via temporanea), la senatrice democratica Dianne Feinstein, membro senior del Comitato intelligence che avrebbe dovuto confermarla, fece opposizione per via dei suoi trascorsi. In un pezzo molto informato del 2013, il reporter del Washington Post Greg Miller scriveva che una funzionari donna era stata rimossa dal suo ruolo dall’allora direttore John Brennan perché direttamente coinvolta in un interrogatori “controversi”.

I GIUDIZI

Il peso della vicenda e dei suoi rapporti con il programma di tortura è tirato in ballo dai democratici e liberal; rispondo i repubblicani buttandola anche sul piano pro-female, “è la prima donna a ricoprire un così altro incarico”. Incontra consensi tra i tecnici: Michael Morrell, per due volte direttore dell’agenzia (sempre con Obama), ha detto che “plaude alla sua promozione”, e pure l’ex Director della National Intelligence James Clapper, considerato vicino a Obama, ha detto che può ritenersi “molto soddisfatto” della nomina fatta da Pompeo. Che però, per Christopher Anders, il vice direttore del l’ufficio della non-profit Civil Liberties Union di Washington, ora “deve spiegare al popolo americano come la promozione di una persona presumibilmente coinvolta nella gestione di un sito di tortura si associ con i propri giuramenti [davanti] al Congresso in cui egli respinge tutte le forme di tortura e abusi” (l’ha detto alla AP).

IL DIBATTITO INTERNO

Qui sta uno dei punti politici. L’amministrazione Trump, per quanto noto, è spaccata sulla questione torture. Trump aveva ammesso in campagna elettorale che sarebbe stato bene rintrodurle, e Pompeo nel 2014 quanto era ancora deputato del Kansas disse che gli agenti che le avevano compiute erano dei “patrioti”. Ma a inizio gennaio, durante l’audizione di conferma del suo incarico davanti alle pressioni della senatrice Feinstein che le chiese se fosse stato d’accordo su un’eventuale decisione presidenziale di riapplicare i metodi di tortura rispose “assolutamente no!” (ma poi, faceva notare la rivista progerssista Mother Jones “il tono cambiò” e la situazione al momento è ambigua). La linea contro il waterboarding e quel che peggio c’è di altro è sostenuta all’interno dell’amministrazione americana da James Mattis, il capo del Pentagono, che ritiene questo genere di interrogatori inefficaci (si pensa infatti che le persone reagiscano allo spavento e alla pressione fisica confessando anche aspetti non veri pur di interrompere le torture). Trump, quando incontrò Mattis per parlare della sua volontà di nominarlo segretario alla Difesa, disse che il generale gli aveva aperto gli occhi sulla questione.

IL SIGNIFICATO DELLA NOMINA

I commentatori americani ritengono che la nomina di Haspel possa però essere un segnale esplicito in direzione della volontà di modificare i protocolli di interrogatorio, anche il manuale da campo dei soldati, portandoli verso metodi più duri. La scorsa settimana una bozza di un ordine esecutivo sulla rimettere in operatività i metodi di tortura da interrogatorio era stata passata clandestinamente alla stampa, in una delle tante fughe di notizie che sta caratterizzando questa prima fase dell’amministrazione. Lo stesso Trump aveva detto che nonostante avrebbe tenuto in primo piano le posizioni di Mattis, e di Pompeo, aveva parlato personalmente con funzionari sul campo che sosteneva che le torture fossero funzionali. Altra lettura: la nomina, pescata tra un funzionario interno con carriera alle spalle, potrebbe essere vista anche come un tentativo di Pompeo per ristabilire una sorta di pax tra amministrazione e agenzia. Trump è entrato negli ultimi mesi in aperta polemica con la Cia, liti connesse alle indagini sul presunto hackeraggio russo che avrebbe sfavorito la sua avversaria Hillary Clinton, e soltanto parzialmente ovattate dalla visita pubblica nella sede dell’agenzia, la prima uscita presidenziale a tre giorni dall’inaugurazione.


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