Per l’establishment politico e militare americano l’argomento centrale sul dossier “Vault 7”, come WikiLeaks chiama l’inventario di file che per il momento hanno aperto una finestra su – sebbene note – attività di spionaggio informatico della Cia, è capire chi ha passato le informazioni a Julian Assange & Co., perché, come, e soprattutto: ci sono state altre perdite di documenti riservati, e i tool segreti della Cia sono finiti in mano a organizzazioni criminali o governi nemici? Fbi e Cia hanno avviato l’inchiesta e chiesto già maggiore libertà di azione per poter scovare la talpa, che per il momento si crede possa essere un interno (poi ci saranno da capire eventuali complici o collegamenti).
IL CONTESTO NEGLI USA
C’è un panorama particolarmente sensibile davanti ai leak usciti in questi giorni. Le agenzie di intelligence americane vivono una fase di rapporti tesi con la Casa Bianca: il presidente Donald Trump è in aperto scontro col controspionaggio dell’Fbi, e in passato è stato duro con la Cia. Motivo: l’intel sta indagando da tempo sulle interferenze russe durante le presidenziali di novembre scorso. Interferenze che si sarebbero espletate attraverso attacchi hacker che hanno sottratto materiale confidenziale ai democratici col fine di facilitare Trump. L’effetto è arrivato anche grazie a WikiLeaks, che quel materiale sottratto da gruppi di hacker russi che Cia e Fbi ritengono essere reparti clandestini del Cremlino, l’ha pubblicato. Da lì è partita la costruzione di storie inventate su complotti, deviazioni, illegalità (tutto presunto, o inventato) che sono costati parte dei voti ai dem (non tutti, sia chiaro, Trump ha vinto non solo per questo) e hanno portato il termine “fake news” ad essere scelto come parola dell’anno dall’Oxford English Dictionary.
LE FALSE FLAG
Inquadrato il contesto, la vicenda Vault 7 prende anche due strade particolari. Da una parte c’è una ricostruzione che si collega agli ultimi fatti di cronaca: Trump ha accusato Barack Obama di averlo messo sotto controllo durante la campagna elettorale, una sorta di complotto contro di lui. Da qui: WikiLeaks ha rivelato che la Cia può utilizzare anche un gruppo esterno conosciuto come Umbrage specializzato in false flag. Umbrage pare abbia catalogato come “cold case” tantissimi attacchi informatici in giro per il mondo, e questo gli permette non solo di avere un archivio, ma di avere la possibilità di riutilizzare quegli stessi metodi per operazioni clandestine e intestarle ad altri. Per capirci: se normalmente i russi utilizzano un certo tipo di malware, e io so qual è e come ricostruirlo, allora posso riutilizzarlo per un mio attacco informatico e farlo passare per un’azione di Mosca sulla base di prove circostanziali (“il malware utilizzato è russo!“). La prima delle ricostruzioni dietro a Vault 7 prende questa via e dice che le rivelazioni di WikiLeaks dimostrano come dietro agli attacchi hacker contro i democratici in realtà ci sia la Cia, che ha utilizzato strumenti russi, camuffandosi da russi, per compiere una missione flase flag. Inutile dire che questa posizione è particolarmente en vogue tra i fan di Trump, soprattutto quelli che frequentano siti e forum piuttosto invasati. Perché la Cia avrebbe messo in piedi tutto? Per sfavorire Trump. Svantaggiare Trump perché gli elettori, vedendo che era aiutato dai russi, non avrebbero dovuto votarlo (sappiamo com’è finita, nonostante “i russi” sono stati un fil rouge nelle elezioni). L’ipotesi del complotto però è debole su un punto: Trump ha vinto, e di solito le accuse del genere arrivano da chi ha perso, è singolare pensarle uscite dal vincitore o dai suoi fan.
“E SE FOSSERO I RUSSI?” VERSIONE COMPLESSA
James Lewis, vice presidente del Centre for Strategic and International Studies, sentito dal Guardian ha dato una lettura più articolata di questa linea che prevede una specia di “buona fede” degli Assangers. Cattiva fede, secondo Lewis: i leaks pubblicati potrebbero avere come scopo quello di avvalorare la tesi del complotto messa in piedi da Trump in questi giorni. Wikileaks potrebbe farsi sponda del presidente, cercando di mostrare che la Cia ha le potenzialità per muoversi sotto falsa bandiera russa e sobillando a gettone l’idea che lo avrebbe anche potuto fare durante le elezioni nel tentativo di costruire la storia dell’aiuto esterno a Trump per svantaggiarlo. Questo sarebbe stato un pezzo importante del complotto che lui ha evocato, e si ricomincia da sopra, con Assange che ha fornito un aiutino a Trump. Perché Assange ha fatto questo? Per nascondere le azioni russe pro-Trump, tutto frutto di un grande piano (in divenire).
E SE FOSSERO I RUSSI?
L’altra strada è appunto quella secondo cui anche le rivelazioni sulle attività cyber della Cia fanno parte di un grande progetto con cui la Russia vuole mettere in difficoltà gli Stati Uniti, essenzialmente disarticolando le strutture della democrazia, dalle elezioni alla fiducia nelle istituzioni (in questo caso l’intelligence, che è cattiva). Questa seconda teoria, letta in modo più basico di Lewis dice che i dati sono stati sottratti e passati a Wikileaks dagli hacker russi sullo stesse stile di quello che successe alla campagna Clinton. La tesi è sostenuta da personalità del calibro di Michael Hayden, ex direttore della Cia, che alla CNN ha detto di credere che “Wikileaks agisca come un’arma, un agente della Federazione russa”, e dall’ex vice direttore John McLaughlin che alla NBC ha detto una cosa analoga: Wikileaks sta lavorando “ancora” insieme alla Russia per favorire Trump, favorirlo facendo apparire la Cia cattiva spiona agli occhi dell’opinione pubblica e spostare la gente verso le posizioni critiche di Trump verso l’intel e verso il sistema in generale (claim da campagna, più che altro, che però raccolgono ancora tra i supporter). La linea McLaughlin è simile all’idea di Lewis. Sempre su questa seconda pista: anche il Guardian, che è stato il giornale che ha ripreso con più energia le prima rivelazioni di Wikileaks anni fa, ha sottolineato come la percezione sull’organizzazione di Assange sia notevolmente cambiata dopo il ruolo svolto nelle elezioni del 2016, quando i leaks usciti ad orologeria avevano lo scopo, dichiarato proprio da Assange, di fare perdere la candidata democratica Hillary Clinton.