“Se venisse giù l’euro, verrebbe giù tutto, una situazione che nessuno saprebbe gestire“. A parlare non è un rappresentante delle istituzioni europee o di qualche organizzazione economica, né un ministro del governo Gentiloni. E neppure un esponente politico di uno dei numerosi partiti che – al netto delle inevitabili critiche – vogliono salvare l’Europa insieme alla sua moneta. Queste parole le ha pronunciate oggi al Corriere della Sera il fondatore della Lega Umberto Bossi, al quale è bastata una risposta di poche righe per demolire la ricetta politico-economica in salsa sovranista del suo successore Matteo Salvini. Il quale da mesi si sbraccia in tv e non solo per convincere gli italiani che l’euro sia la causa di tutti mali.
L’AFFONDO DEL SENATÚR
Il cavallo di battaglia del leader del Carroccio è stato così liquidato come una proposta da cui le nostre imprese avrebbero solo da perdere: “Pagheremmo di più le materie prime, cosa che per un Paese di trasformazione come l’Italia sarebbe un disastro“. Anni di duro lavoro passati a elaborare la strategia 2.0 della nuova Lega nazionale di cui Bossi ha fatto praticamente un sol boccone nell’intervista rilasciata a Marco Cremonesi. Con buona pace di Salvini e degli economisti filo-Salvini che si affannano a sostenere la necessità di dire addio alla moneta unica.
IL MALESSERE DEL PROFONDO NORD
Le parole del Senatur sono il segno che la svolta nazional-sovranista impressa da Salvini non piace a tutti, in particolare nelle regioni settentrionali, dove si ritiene che la più importante battaglia politica da combattere sia ancora quella per ottenere maggiore autonomia da Roma e dallo Stato centrale. In questo contesto la polemica anti-euro sarebbe vista più che altro come fumo negli occhi.
L’APPUNTAMENTO DI MILANO
Prova ne sono le parole di Bossi e la recente manifestazione che si è svolta a Milano (qui la gallery fotografica) per lanciare l’associazione “Fare tornare grande il Nord“, fondata da un leghista duro e puro come Roberto Bernardelli, eletto alla Camera già nel lontano 1994. Appuntamento nel quale l’attenzione principale è stata concentrata sulle imprese del nord Italia e sulla questione settentrionale. Senza alcuno spazio per le tesi sovraniste di Salvini a cui Bossi peraltro aveva riservato, anche in quell’occasione, non poche frecciate. “Ora va di moda parlare male dell’Europa, per avere i voti, ma io sono europeista, l’Europa ha sbagliato tante cose ma si può cambiare“, aveva dichiarato il Senatùr con una frase difficile da non interpretare come una netta scomunica nei confronti della linea anti-europea del segretario.
LA (POSSIBILE) RESA DEI CONTI
Due posizioni così distanti da apparire, di fatto, inconciliabili. Non è un caso, d’altronde, che si continui a parlare di possibile scissione da parte di Bossi e dei bossiani o, comunque, di un’esclusione del Senatùr dalle prossime liste elettorali. “Non si sa quando si vota e neppure quale sarà la legge elettorale, figuriamoci se mi preoccupo delle liste“, ha commentato la questione Salvini in un’intervista rilasciata oggi. Ma è chiaro che il tema esiste ed è evidente. Tanto che il Corriere ha persino chiesto a Bossi di un’eventuale candidatura con Forza Italia alle politiche del 2018. “Io mi faccio candidare soltanto da chi fa una battaglia per la liberazione del Nord“, ha risposto il Senatùr. Un’altra stoccata alla linea sovranista del suo (ex) delfino.