Vi propongo due piccoli esercizi mediatici.
Il primo. Provate a passare un paio d’ore su Russia Today, uno dei canali putinisti in lingua inglese. La propaganda è così scoperta, così plateale, così macchiettistica, da rendere improbabile che la ragion d’essere, l’ubi consistam di quella televisione sia convincere qualcuno, persuadere gli spettatori in modo razionale. Semmai, l’obiettivo è confondere. Far circolare tesi surreali, all’insegna della conspiracy-theory, di un sistematico approccio anti-occidentale, anti-atlantico, anti-mercato.
Ma c’è anche un altro obiettivo più sottile. Quello di rendere non credibile un modello, un formato, uno schema: l’intero sistema delle tv di informazione. E’ come se – in modo neanche troppo subliminale – Russia Today ci dicesse: noi fabbrichiamo balle, e gli altri (simili a noi nel formato dei programmi, nelle luci, nello studio, nelle scrivanie, nei collegamenti, nelle grafiche, separati da noi solo da un tasto del vostro telecomando) fanno lo stesso. Non credete a nulla, dunque.
Secondo esercizio. Spostatevi su Cnn. Se il gioco di Russia Today è smaccato e consapevole, il dramma è che Cnn sembra molto seriosamente compresa nel suo ruolo.
Ora, dimenticate la vostra personale opinione su Trump: positiva, negativa, neutra, eccetera. Ma che credibilità può avere un flusso di informazione (su Cnn accade ventiquattr’ore su ventiquattro) tutto concepito in chiave di ostilità al presidente, senza mai un filo di contraddizione, senza mai una voce di tono diverso?
Prendete un qualunque panel di discussione su Cnn, ad esempio sul travel ban adottato dalla Casa Bianca, o su qualsiasi altro tema politicamente sensibile. Gli ospiti di Cnn appaiono “equilibrati”, ma solo nel senso che ciascuno critica Trump da un punto di vista diverso: chi da un punto di vista politico, chi da un punto di vista giuridico, chi da un punto di vista sociale. Sorridendo ma non troppo: il pluralismo è garantito, ma soltanto perché sono diversi gli angoli da cui si spara a palle incatenate contro lo stesso bersaglio.
Dinanzi a ciò, Trump ha gioco facile – secondo il suo copione – a dire che i media sono biased, hanno il pregiudizio, sono carichi di odio e ostilità preconcetta. Ovviamente lui ci marcia, ma l’occasione gli viene ghiottamente offerta.
Attenzione, dunque. Qui nella triste Europa continentale, la deriva è già ampiamente avanzata rispetto alla stampa scritta. Altrove, come si vede, la stessa evenienza si determina sulle tv. In modi e per vie diverse, si arriva alla credibilità-zero dei media-mainstream.
Per un liberale estraneo all’establishment, la cosa può anche dare un momento di soddisfazione. Ma, passato quel primo sentimento, resta il dramma: se sei un policy-maker, un piccolo portatore di convinzioni e proposte che cerca di basarsi su idee e fatti, dove vai a raccontarle quelle idee? Dove li esponi i tuoi fatti? Solo in piccole isole felici, della cui esistenza puoi essere singolarmente grato a un pugno di direttori. Oppure nel grande mare della rete, sotto forma di “autopubblicazione” dei tuoi messaggi in bottiglia. Esercizio nobile, ma da naufraghi. Basta esserne consapevoli.