A Matteo Renzi piace da morire. Perché è di sinistra, viene dal sindacato, era una bracciante in lotta contro il caporalato: insomma, lontana dal suo giro più ristretto, Luca Lotti e Maria Elena Boschi, per intenderci, per non parlare di un’altra renziana già in auge, Ladylike Alessandra Moretti. Lei è Maria Teresa Bellanova, vice ministra allo Sviluppo Economico, che non nasconde il suo essere ultra-renziana, ma con “iucio”. Non se ne esce, per intenderci, con sparate alla Michele Anzaldi tipo “Renzi è un genio della politica e dovrebbe guadagnare 4 mila euro al mese”. A lei dello stipendio dell’ex premier non frega nulla. Gli interessa, però, quello degli italiani. E così ecco che sul Corriere dice: “Il bonus da 80 euro è stata la più grande operazione di redistribuzione dei redditi fatta da un governo in Italia”. Non proprio in linea con il suo superiore, Carlo Calenda, titolare dello Sviluppo, che sugli 80 euro ha espresso di recente un’opinione differente.
Classe 1958, nata a Ceglie Messapica (Brindisi), Bellanova ha passato molti anni nel sindacato, dove è diventata coordinatrice regionale delle donne di Federbraccianti, a combattere contro la piaga del caporalato nella regione delle Murge. E’ una donna, è stata una bracciante, viene dal sindacato ed è pugliese, con quel tratto tra il concreto e il populista alla Michele Emiliano senza essere Michele Emiliano. “Un algoritmo perfetto agli occhi del premier rottamatore che ora, per farsi rieleggere alla guida del partito, ha bisogno di un profilo che rassicuri la sinistra, di qualcuno che sappia parlare al Sud e non irriti le donne”, scrive l’Espresso, facendole un ritratto.
E infatti la Bellanova sembra arrivare per dare una sterzata popolare e di sinistra al renzismo: basta occhioni blu sgranati (Boschi), capelli biondi e volutamente spettinati (Lotti), barba ben curata su abiti impeccabili (Francesco Bonifazi), vocali aspirate alla fiorentina, frequentazioni bancario-finanziarie. Con la Bellanova – rottamando anni di renzismo leopoldiano – si torna al popolo, al sindacato, alla sinistra vera, dove la parola lotta di classe non è un tabù. Una sinistra che però ha scelto di stare nel partito. E che bolla così gli scissionisti: “Ma come si può pensare di mettere in discussione un grande progetto come il Pd per fare un Pci in miniatura? Io ho preso la tessera del Pci a 14 anni, ho fatto la bracciante agricola, la sindacalista, e penso sia avvilente che quelli che sono stati i miei dirigenti ora vengano a spiegarmi cos’è la sinistra pensando che suonando Bandiera rossa a una manifestazione si risolvano i problemi”, dice, riferendosi Bersani e D’Alema.
Lei, infatti, in Parlamento ci è arrivata grazie alla Ditta, con Piero Fassino che la candidò nel 2006 e Pierluigi Bersani che la confermò nel 2008. Ma al governo ci è arrivata con Renzi, come sottosegretaria al Lavoro, dove gli dovettero dare la scorta per le minacce subìte dopo l’abolizione dell’articolo 18, che lei stessa aveva difeso, da sindacalista, quando a minacciarlo era il governo Berlusconi. Quando poi Federica Guidi si è dimessa in seguito alle polemiche sul caso Tempa Rossa, di lei si parlava come naturale sostituta, ma poi l’ex premier gli ha preferito Carlo Calenda, ora in rotta con l’ex premier (come raccontato qui da Formiche.net a proposito della renzite acuta di Renzi). E in questi giorni, da vice ministra allo Sviluppo economico, è proprio la Bellanova ad aver apertamente criticato le uscite di Calenda, difendendo l’operato del governo Renzi che invece il ministro ha in parte bocciato: “Ho un grande rispetto per i ministri tecnici, ma sono sufficientemente accorta per non sottovalutare il fatto che un governo si regge sul consenso dei cittadini e non si può prescindere da questo”, afferma Bellanova in un’intervista al Corriere silurando in nome del nuovo renzismo, come fatto da Matteo Orfini al quotidiano Repubblica, tecnici come Padoan e Calenda. Insomma, la politica prima di tutto. Per poi aggiungere: “Sì, Renzi ci manca. Sarebbe ipocrita dire che non si avverte l’assenza di una personalità come la sua”.
Insomma, Bellanova è una di quelle persone di cui l’ex premier si fida a occhi chiusi. E rappresenta quell’evoluzione del renzismo che gli consente di coprirsi a sinistra. Perché forse il maggior cruccio dell’ex premier dopo la scissione è che Bersani & C. riescano a far passare il messaggio che la sinistra in Italia sono loro e non più il Pd. Meno Boschi e più Bellanova sarà il suo slogan per la riconquista della segreteria Pd?