Perché Vendola, Emiliano e Grillo non hanno detto nulla contro il fotovoltaico, le pale eoliche e le discariche selvagge che hanno scempiato la Puglia e invece oggi foraggiano una crociata contro il gasdotto Tap? E perché la Regione Puglia ha detto no al Tap e sì al South Stream? Se lo chiede da tempo il giornalista Carlo Vulpio, poliedrica figura di giornalista e inviato, che sul Corriere della Sera di domenica 2 aprile ha firmato un commento ficcante sulle stranezze della protesta anti Tap, sciorinando dati sui passati interventi e conseguenze ben peggiori rispetto all’espianto di 200 ulivi come nel caso relativo alla marina di Melendugno. Il Tap, lungo 878 km, porterà ogni anno in Europa 10 miliardi di metri cubi di gas attraverso Turchia, Grecia, Albania e Italia. I lavori in Albania e Grecia sono già stati avviati da tempo, mentre in Puglia si registra la feroce mobilitazione di amministratori locali e rete.
STRANEZZE
“La protesta inscenata dai no Tap in questi giorni a Melendugno è strana – dice Vulpio a Formiche.net – Se chi manifesta avesse fatto un accenno al merito dei lavori con argomenti forti e basati, allora sarebbe stata una protesta normale. Il punto riguarda invece l’origine di questi moti”. E cita il caso di quando tre anni fa si recò personalmente in Azerbaijan per vedere e raccontare la nascita del gasdotto realizzato dalla società azera Socar. Analizzò cosa fosse davvero la via del gas, quanto potesse interessare l’Italia e l’Europa. E già allora, dalle colonne de La Lettura, l’inserto domenicale del Corriere, scrisse come fosse assurdo che proprio l’ultimo miglio del gasdotto, ovvero il tratto pugliese, potesse condizionare la realizzazione dell’intera opera con in campo 40 sindaci e le istituzioni regionali. “E’ bastato che mi chiedessi il motivo di quelle proteste e lo argomentassi con dati e valutazioni nel merito, per raccogliere da quelle falangi organizzate in rete accuse di aver preso denaro da qualche committente, cosa che mi vanto di non aver mai fatto in tutta la mia carriera”.
PARALLELISMI
“Strano che la Puglia, con l’ineffabile Vendola – continua Vulpio – abbia dato parere negativo al Tap che sbarcherà a Melendugno, mentre invece diede l’ok ad un altro progetto, il South Stream, che sarebbe dovuto sbarcare, via Grecia, ad Otranto”. Quest’ultimo, poi, ha subìto uno stop dopo i noti contrasti tra Europa e Russia a causa della guerra in Ucraina. Possibile che Otranto sia meno delicata di Melendugno, si chiede? Una domanda che ha spinto Vulpio ad approfondire la questione, andando anche al di là dell’apparenza di mobilitazioni e campagne sui social. Quel corsivo sul Corriere della Sera di domenica 2 aprile “nasce da lontano e rappresenta se vogliamo la logica conclusione di un vero e proprio viaggio di inchiesta” tra attori, fautori e ispiratori iniziato in tempi non sospetti, nel 2014. E utilizzando un piglio lontano da certo anti industrialismo, come fatto sul caso Ilva a cui ha dedicato il pamphlet “La città delle nuvole. Viaggio nel territorio più inquinato d’Europa”, (Edizioni Ambiente 2009) vincendo il Premio “Magna Grecia Awards” 2012.
“Il conflitto tra progresso e ambientalismo classico è roba vecchia – sottolinea – e ce lo stanno insegnando gli indiani che riescono a costruire le acciaierie in India meglio di come la mano pubblica abbia fatto con l’Ilva di Taranto. Dimostra che, se si vuole, si possono fare le cose per bene e senza incidenti legati al cattivo industrialismo come accaduto alla centrale a carbone di Brindisi o nel rione tarantino Tamburi, che oggi andrebbe raso al suolo e sostituito con un grande bosco”.
I SILENZI SUGLI SCEMPI
C’è un altro elemento che ha fatto da propellente alle riflessioni di Vulpio sul Tap e riguarda i silenzi della classe politica e delle istituzioni sugli scempi che in Puglia si sono consumati negli ultimi due lustri. “Curioso – aggiunge – che l’ex governatore Nichi Vendola, dopo aver affittato i suoi uteri, scriva pochi giorni fa sull’Huffington Post che bisogna tutelare i cittadini dai danni del gasdotto e dalla democrazia del manganello, dimenticando i suoi scempi a danno della Puglia con pale eoliche, pannelli fotovoltaici e discariche in luoghi sensibili: come quella che voleva realizzare a Grottelline, vicino Spinazzola, su di un insediamento neolitico e a pochi metri da una sorgente di acque minerale e da antiche masserie dei Templari. Un’altra l’hanno fatta a Corigliano d’Otranto, in perpendicolo ad un grande bacino d’acqua potabile che alimenta l’Acquedotto Pugliese. Lì davvero sono stati tagliati uliveti e vigneti per sempre, non momentaneamente spostati come i 200 del Tap”.
E racconta che tra l’altro in occasione della costruzione massiccia di pannelli fotovoltaici si è utilizzato un consistente quantitativo di diserbante affinché non crescesse più nemmeno l’erba. “Molto curioso che su tutto questo Vendola, Emiliano e Grillo non abbiano detto nulla, mentre adesso cavalcano la protesta del no Tap”. Troppe stranezze secondo Vulpio, al pari della decisione del Governatore pugliese Emiliano di andare ad inaugurare lo scorso settembre i 38 km della dorsale jonico-salentina di acquedotto che dal fiume Sinni alimenterà proprio quell’area destinata all’approdo del gasdotto. E si interroga: “Chi decide che sia lecito espiantare gli ulivi su quei 38 km e che non lo sia farlo a Melendugno?”
MEDIA
Vulpio ricorda anche una puntata di Report, condotta su Rai3 da Milena Gabanelli, che mescolò in maniera disarticolata il gasdotto Tap, i riverberi paesaggistici, le accuse ad alcuni politici come l’ex Udc Luca Volonté e i diritti umani in quel paese. “Guardando quella trasmissione ecco che il pensiero va ad altri interrogativi, legati alle pressioni di gruppi di potere, di lobbisti, di Stati che non possiamo far finta di non sapere che esistono. Il fatto che avvengano non è affatto una giustificazione, ma la domanda è: perché mischiare tutto per far passare il messaggio che acquisteremo gas da dei criminali?”. Senza contare anche una certa direzione impressa dalla stampa italiana, che ha assecondato gli umori dei no Tap: “Non solo quella locale pugliese, ma anche quella nazionale non mi pare sia brillata per obiettività, anzi, la bussola sembra essere il riposizionamento in virtù di futuri scenari politici” aggiunge Vulpio. E conclude: “Poi mi sono detto che è sufficiente osservare la cartina geografica e scoprire che la geopolitica avrebbe molto da dire per chiarire qualcuna di quelle stranezze”.
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