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Enormi bolle di metano pronte a esplodere sotto la Siberia

Siberia

In Siberia il riscaldamento globale sta creando più guai del previsto: per la prima volta da milioni di anni si sta sciogliendo il permafrost – lo strato di terreno perennemente ghiacciato che si trova sotto la superficie sottoposta ai cambiamenti stagionali della temperatura. Ma sotto il permafrost si trovano migliaia di enormi bolle di metano pronte ad esplodere in qualsiasi momento.

I giacimenti di gas naturale che conosciamo bene – prevalentemente composti da metano – non sono altro che strati di roccia porosa formatasi nel Mesozoico intrappolando microorganismi animali e vegetali. Questi hanno subito una fermentazione anaerobica ad alta temperatura e pressione che ne ha permesso la mineralizzazione e quindi la formazione di gas naturale e petrolio. Il metano rimane intrappolato sotto terra perché lo strato in cui si trova è ricoperto da un altro strato di roccia impermeabile che lo isola e lo conserva fino a quando qualcuno non lo perfora con una trivella scoprendo il giacimento sottostante. In Siberia, il permafrost ha agito come uno strato impermeabile mantenendo sotto di sé gigantesche sacche di metano per milioni di anni.

La Tass ha recentemente riferito la scoperta di numerose gigantesche bolle di metano nelle penisole siberiane di Yamal e Gydan. Queste bolle, con lo scioglimento del permafrost prodotto dal cambiamento climatico, sono pronte ad affiorare ed esplodere in superficie.

Gli indigeni Yakut già nel 2014 avevano notato che alcune aree di terreno diventavano improvvisamente mobili, proprio come se sotto terra si trovassero degli enormi palloni gonfiabili larghi decine o centinaia di metri. Li hanno chiamati “bulgunyakh” nel dialetto locale. Ma vengono indicati anche come “pingos” o, semplicemente, “tundra tremolante”. Quando lo strato di permafrost viene perforato, queste sacche di gas sotto pressione esplodono rilasciando il metano che vi era intrappolato.

Nel 2016 sono uscite le prime pubblicazioni scientifiche su questo fenomeno. I climatologi Alexander Sokolov e Dorothee Ehrich hanno misurato che, dopo l’esplosione, l’atmosfera locale conteneva mille volte più metano di quello normalmente presente, mentre la concentrazione di anidride carbonica saliva a 25 volte il normale.

Le esplosioni producono una palla di fuoco e sono udibili anche a un centinaio di km di distanza, provocano la formazione di crateri di decine o centinaia di metri di diametro immediatamente ribattezzati dai locali “le porte del mondo sotterraneo”.

Uno studio dell’Università del Colorado stima che entro il 2100 il permafrost libererà oltre 205 miliardi di tonnellate di anidride carbonica. Ma anche il metano è uno dei principali gas serra ed è responsabile per circa l’8% del riscaldamento atmosferico naturale (l’anidride carbonica influisce per il 15-20% circa). Però il metano è trenta volte più efficiente dell’anidride carbonica nel riflettere e trattenere il calore. Va però anche detto che il metano atmosferico proviene principalmente dai terreni paludosi, dalle risaie, dalla fermentazione del concime e delle biomasse agricole. Tra le fonti di importanza minore si trova l’estrazione e la distribuzione del gas naturale, insieme all’estrazione del carbone e… alle termiti.

L’estate 2016 è stata particolarmente calda in Siberia, raggiungendo anche i 35 gradi centigradi nella penisola di Yamal. Quel che è peggio, è che siamo al quattordicesimo mese consecutivo più caldo mai registrato. Questo non solo ha provocato l’ampiamento dei laghi esistenti e la formazione di nuovi bacini d’acqua dolce, ma ha anche cambiato l’equilibrio biologico della tundra. A questi fenomeni si aggiunge ora l’affioramento e l’esplosione delle sacche di gas naturale che fino a ora erano rimaste intrappolate sotto lo strato di terreno ghiacciato. Poche settimane fa il censimento delle bolle giganti scoperte sotto la Siberia ha raggiunto quota 7000. Ancora relativamente poco per influenzare in modo decisivo l’ecosistema della tundra, ma non sappiamo quali sorprese ancora nasconde il sottosuolo siberiano.

Ora anche dalla lontana tundra arriva la conferma che se vogliamo tentare di contrastare efficacemente il cambiamento climatico, occorre un intervento coordinato mondiale.



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