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Ecco come Donald Trump (non) cambierà l’uso di Twitter

Trump

Considerato l’uso smodato e spesso inconsulto di Twitter da parte del capo della Casa Bianca, quella di Donald Trump passerà senza dubbio alla storia come la prima “Twitter Presidency”. I cinguettii di The Donald in effetti sono, oltre che numerosi, atti politici di grande rilevanza, essendo costituiti spesso e volentieri da dichiarazioni su soggetti di ogni tipo, incluse le relazioni con i Paesi alleati e con quelli nemici. Com’è noto, Trump twitta sia dall’account ufficiale della Casa Bianca (@Potus) sia da quello suo personale (@realDonaldTrump), creato otto anni fa che gode di oltre trenta milioni di follower. E non è raro che alcuni dei tweet di Trump scompaiano (19 dall’inaugurazione), cancellati d’impronta e in certi casi sostituiti da altri con un uso più corretto della grammatica.

Ebbene, se fino ad oggi questo comportamento irrituale da parte di Donald Trump ha fatto inarcare più di qualche sopracciglio e mandato su tutte le furie i bersagli dei tweet, da lunedì qualcosa potrebbe cambiare. Il deputato Mike Quigley dell’Illinois ieri ha presentato una proposta di legge in base alla quale tutti i tweet del presidente dovranno essere archiviati obbligatoriamente in base al Presidential Records Act, una legge del 1978 che richiede l’archiviazione di tutte le comunicazioni presidenziali. Per dare un nome alla sua proposta, paradossalmente, Quigley si è ispirato proprio ad un tweet di Trump. Il provvedimento si chiama infatti Communications Over Various Feed Electronically for Engagement Act. (COVFEFE), il cui acronimo è stato usato da Trump in un tweet notturno del 31 maggio. Molti, di fronte a quel tweet, si sono domandati cosa significasse quella parola astrusa, e lo stesso Trump il giorno dopo ci ha scherzato sopra, facendo intuire che si trattasse di un mero errore di battitura. Il tweet con la parola Covfefe, va da sé, è stato poi cancellato. Ebbene, se la legge proposta da Quigley passasse, questo comportamento non sarebbe più possibile e ogni tweet di Trump, che venga dall’account ufficiale o da quello personale, sarebbe archiviato per i posteri.

Anche se il provvedimento di Quigley non ha trovato finora sostenitori dalla parte repubblicana, le sue intenzioni sono più che serie. Come Quigley ha dichiarato: “Allo scopo di mantenere la fiducia del pubblico nel governo, i politici eletti devono rispondere su ciò che dicono e fanno; questo include tweet da 140 caratteri. Il frequente e non filtrato uso da parte del presidente Trump del suo account personale su Twitter come mezzo di comunicazione ufficiale è senza precedenti. Se il Presidente ha intenzione di usare i social media per fare improvvisi proclami politici, dobbiamo assicurare che queste dichiarazioni siano documentate e preservate per il futuro”.

L’interpretazione data da Quigley ai tweet presidenziali trova corrispondenza peraltro nella stessa Casa Bianca. Interrogato in tal senso, il portavoce di Trump Sean Spicer ha sottolineato: “Il presidente è il presidente degli Stati Uniti, così (le sue comunicazioni elettroniche) devono essere considerate dichiarazioni ufficiali del presidente degli Stati Uniti”. Allo stesso modo d’altro canto hanno pensato i giudici della Corte di appello del nono circuito, chiamata a valutare la costituzionalità del famigerato travel ban. Per dare sostanza alla tesi secondo cui il provvedimento è illegittimo, i giudici hanno citato il tweet di Trump: “Abbiamo bisogno di un bando per certi paesi pericolosi”.

Che il COVFEFE Act passi o no, una cosa è certa: per i prossimi tre anni e mezzo The Donald continuerà ad esternare copiosamente su tutti i canali. Archiviazione obbligatoria o meno.



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