La proposta di web tax basata sul fatturato e non sugli utili esprime una preoccupante incomprensione dell’economia digitale da parte di politica e governi. A mio avviso, è gravemente sbagliata per cinque ragioni.
Primo. Dà per scontato che ci siano effettivamente degli utili in presenza di un fatturato. Immaginate l’impatto di una norma del genere su una start-up di giovani.
Secondo. Esprime una volontà culturale oltre che politica di colpire le “cattive multinazionali”. È come se ci fosse un venticello anticapitalista-neoluddista volto a colpire la novità, a mettere mutande (e manette) a ciò che sfugge alle maglie della fiscalità tradizionale.
Terzo. Penso che, specialmente in un momento di spettacolare trasformazione, la politica dovrebbe lasciar correre i cavalli del mercato e dell’innovazione, evitando di interferire, di alterare, di agitare la paletta della punizione fiscale verso chi corre di più.
Quarto. C’è – e mi pare insopportabile – l’idea di sottofondo che i “giganti del web” ci stiano togliendo qualcosa, ci stiano sottraendo risorse. Laddove ciascuno comprende, anche nella propria vita personale, che è vero esattamente il contrario.
Quinto. L’unico risultato concreto sarà l’allontanamento di risorse e investimenti privati dall’Ue, in cerca di luoghi più attraenti dal punto di vista fiscale e burocratico.
Serve competizione fiscale, non una omogeneizzazione peggiorativa.