Pubblichiamo il saluto al seminario di Mondovì “Verso il 2018: una scelta da liberali” dell’onorevole Domenico Menorello, in rappresentanza di Stefano Parisi ed Energie per l’Italia (qui il resoconto giornalistico della manifestazione)
Le nostre splendide città – e di ciò Mondovì è un lampante esempio – mostrano ed esibiscono al mondo il proprio bellissimo “CENTRO”.
Invece, nella politica italiana il concetto di “CENTRO” deve essere quasi nascosto, divenuto com’è persino innominabile, perché richiama nel sentimento popolare sensazioni disdicevoli, di cui noi stessi ci vergogniamo al punto da ricercare ogni tipo di neologismo.
Perché siamo a questo segno?
Abbiamo innanzitutto il dovere di rispondere a questa domanda, di partire da un severo esame di coscienza, da una severa autocritica, per cercare una rifondata credibilità!
È vero o no che la disistima diffusa per il “CENTRO” italiano è cresciuta e cresce con la mala pianta dell’opportunismo politico? Sono forse così errate le critiche dei tanti nostri ex elettori che stigmatizzano dinamiche altalenanti fra destra e sinistra pur di mantenere o conquistare posizioni di governo? Fino ad assomigliare sovente a quei prìncipi dei romanzi di Tolkien, i Nazgûl, che rosi dal desiderio del potere dell’anello sono diventati diafani e invisi al popolo.
Il potere come dominante criterio di azione ci ha divisi, frazionati, sparpagliati in mille acronimi, troppo spesso dimentichi dei contenuti ideali che avrebbero dovuto caratterizzare la presenza di liberali e popolari, al contrario avendo non poche volte accettato politiche antitetiche ad essi, ad esempio in tema di spesa pubblica, di sussidiarietà, di difesa della vita, della famiglia, dei corpi intermedi.
Perciò, chi, come tutti noi, vuole ricostruire una casa da offrire a quei milioni di italiani che non credono più a quella dilagante logica sottesa trasversalmente alla politica italiana che si chiama demagogia, deve avere il coraggio della rottura con il recente passato.
Tutti noi sappiamo che un mero freddo contenitore di macerie sparse sul campo del “centro” politico italiano non scalderà affatto i cuori e potrà al più preservare qualche posizione. Ma non è questo che i nostri potenziali riferimento sociali attendono.
Una nuova unità ha dunque necessità di discontinuità rispetto sia allo stile centrista della seconda Repubblica, sia alle coalizioni di centrodestra e centro sinistra in cui ci siamo alternativamente accasati.
Serve, cioè, discontinuità rispetto a politiche incentrate sull’incremento della spesa pubblica, su un esasperato centralismo, su una sostanziale ostilità verso i corpi intermedi. Serve discontinuità anche rispetto a quella insistita dinamica di selezione della classe politica che mortifica il rapporto con il territorio e con l’elettorato, il quale, invece, è tratto irrinunciabile per ogni cultura autenticamente liberale e popolare.
Tracciamo, allora e come ha chiesto giustamente Raffaele Fitto, una road map che in poche settimane renda credibile una nuova partenza, in vista delle imminenti elezioni politiche.
Non sono sufficienti singoli incontri pubblici, in cui annunciare buone intenzioni, però rischiando di comunicare all’esterno opposte e non volute impressioni di sperare soprattutto in un commodus discessus nella file di chi è, di volta in volta, accreditato di migliori chances di successo elettorale.
Servono piuttosto alcune equipe lavorino subito ad una agenda di obiettivi chiari e fondanti una nuova proposta politica.
Per favorire questo passo annotiamo da subito alcuni appunti per tale “agenda”:
– le riforme istituzionali sono indifferibili, ma se crediamo a questa necessità dobbiamo avere il coraggio di chiedere una nuova assemblea costituente eletta ad hoc ed eletta con il proporzionale;
– al paese urge meno diritto amministrativo e più diritto civile nei comparti economici e sociali della vita del Paese, ai quali serve meno Stato per lasciare più liberi i corpi intermedi e le imprese nel cercare innovazione, concorrenza e solidarietà;
– quindi, questa impostazione consente di porre mano ad una radicale riduzione della spesa pubblica e a una reimpostazione del fisco, sotto i princìpi della sua semplificazione riducendo nel numero e nel quantum le aliquote, piuttosto rivisitando l’accesso ai servizi pubblici e comunque ponendo al centro il nucleo familiare;
– l’ “inverno demografico” va posto assolutamente fra le primissime urgenze del Paese, ponendo mano a decise e innovative politiche per la vita e la famiglia.
Sono solo abbozzati spunti, per chiedere di lavorare nel merito di un progetto nuovo, definito con precisione dalla volontà di una costruzione unitaria, fondata sulla condivisione di obiettivi molto riconoscibili dai corpi sociali cui noi guardiamo.
Se, invece, non saremo capaci di definire un impegno politico chiaro e di lunga gittata per difendere i nostri ideali, allora non dobbiamo nemmeno ingannare ancora i nostri elettori, così come sarà giusto ipotizzare un vincolo di coalizione solo se la coalizione accetterà fra le sue priorità l’identità di contenuti che avremo nel frattempo definito.
Noi sentiamo intensamente questa responsabilità comune, per la quale Energie per l’Italia, soprattutto con le sue presenze territoriali nate in quest’anno in tutta Italia, farà avere tutto il suo contributo.