Skip to main content

Popolare di Vicenza e Veneto Banca, ecco cosa dice la Consob su banchieri e Bankitalia

consob, giuseppe vegas

Le banche venete sono colpevoli di aver fornito a Consob informazioni false e fuorvianti circa il loro reale stato di salute. Ma forse anche la politica ha i suoi scheletri nell’armadio, per esempio nel non aver dotato la Commissione guidata da Giuseppe Vegas (prossima al rinnovo dei vertici), dei giusti poteri di vigilanza sulle società non quotate. Se poi ci si mette anche il complicato rapporto con Bankitalia, allora tutto diventa più difficile. Nel giorno della difesa a tutto campo di Bankitalia su vigilanza ed ex funzionari passati da Via Nazionale alla corte di Gianni Zonin nella Popolare di Vicenza (qui lo speciale di Formiche.net), l’autorità che vigila sulla Borsa dice la sua sui disastri delle popolari italiane, venete in primis. Sferrando, dopo sei ore di audizione in commissione banche del capo della Vigilanza in Bankitalia, Carmelo Barbagallo, un doppio attacco per mano del direttore generale Angelo Apponi.

TUTTE LE BUGIE DELLE POPOLARI VENETE

Punto primo, le bugie di Vicenza e Montebelluna (Veneto Banca): “Dagli accertamenti ispettivi sono risultate rilevanti carenze e diffuse condotte irregolari, oltreché chiare divergenze fra quanto dichiarato dalle due banche nei riscontri inviati in risposta alle richieste della Consob e quanto appurato dagli ispettori”, scrive Apponi nella sua relazione. A conti fatti “le banche hanno comunicato alla Consob informazioni false e fuorvianti, che hanno riguardato, da un lato, il  modello di servizio adottato nella relazione con la clientela in occasione delle operazioni di rafforzamento patrimoniale (obbligazioni emesse per racimolare capitale, ndr) e, dall’altro, la concessione di finanziamenti collegati con l’acquisto di azioni (le cosiddette operazioni baciate, in virtù delle quali un prestito viene concesso a patto che si acquisti anche parte delle azioni della banca, ndr)”. Di più: “I risultati delle indagini ispettive, inoltre, hanno messo in luce gravi carenze nell’informativa contenuta nei prospetti e nei comunicati stampa e irregolarità nelle modalità di collocamento delle azioni”.

INVESTITORI RAGGIRATI 

E che dire degli risparmiatori rimasti con un pugno di mosche in mano? Semplicemente raggirati. “L’attività ispettiva”, si legge ancora nella relazione della Consob, ha “evidenziato numerose irregolarità nella prestazione dei servizi di investimento. Sono state infatti riscontrate carenze nella valutazione dell’adeguatezza connesse all’esistenza di una spinta alla distribuzione delle azioni in assenza di una reale iniziativa del cliente nonché l’esistenza di finanziamenti finalizzati esclusivamente all’acquisto di azioni proprie”. Inoltre, “è risultato che le procedure per la gestione degli ordini di vendita delle azioni non hanno assicurato il rispetto delle priorità cronologiche degli ordini della clientela e che le procedure impiegate ai fini della valutazione del prezzo non sono state oggetto di adeguati controlli da parte dei vertici delle banche”. In conclusione, è il duro giudizio dell’autorità di vigilanza sulla Borsa, “nelle vicende delle due banche venete è emerso un ecosistema collusivo volto a occultare in maniera sistematica e fraudolenta informazioni al mercato e alle stesse autorità di vigilanza.

LE COLPE DELLA POLITICA

Fin qui le colpe dei banchieri. Che però nella logica della Consob non sono i soli colpevoli. Da Apponi sono arrivate altre due annotazioni al veleno. La prima, per esempio, riguarda il ruolo della politica nel mancato aggiornamento dei poteri Consob per contrastare la finanza bancaria disinvolta, possibilmente non quotata. Poteri che su Popolare di Vicenza e Veneto Banca “erano significativamente attenuati”, ha sottolineato il numero due della commissione. E questo perché “con le banche non quotate la Consob non dispone di poteri di accertamento analoghi a quelli utilizzabili per le quotate. Può solo chiedere dati e notizie aggiuntive da diffondere. Sono poteri meno pervasivi di un’impugnazione dei bilanci e della pubblica censura”.

IL (DIFFICILE) RAPPORTO CON BANKITALIA

La seconda stilettata riguarda il rapporto con Bankitalia, non sempre idilliaco e sinergico. La Consob, pur ammettendo un miglioramento dei rapporti con Palazzo Koch, ha rimarcato alcuni “ma”. “Inutile dire che il rapporto tra noi e la Banca d’Italia è fisiologicamente caratterizzato dalle diverse funzionalità” dei due organismi. “Capisco che da parte degli organismi di vigilanza sulla stabilita’ ci possa essere qualche necessita’ di gestione delle informazioni”, ha osservato Apponi, che infine ha aggiunto: “Ci muoviamo con ottiche diverse”. Ma nelle parole del dirigente Consob c’è una mezza ammissione quando afferma che sì, sulle venete “qualcosa con Bankitalia non ha funzionato”. Per esempio il fatto che “le procedure sui prezzi (delle azioni, ndr) ce le siamo trovate noi, non ce le ha date Bankitalia”.



×

Iscriviti alla newsletter