Alle spalle del presidente americano Donald Trump, impegnato in questi giorni nel più lungo tour asiatico degli ultimi 25 anni, c’è una lunga lista di multinazionali che si sfrega le mani in vista di nuovi, succulenti contratti e memoranda of understanding con i competitors asiatici. A seguire il presidente nella sua tappa in Cina, che si terrà fra l’8 e il 10 novembre, ci sarebbero ben 40 imprese, stando a quanto rivela Bloomberg, che ha potuto consultare in esclusiva il documento della Casa Bianca. Dalla leader dell’energetico General Electric fino a giganti dell’automazione e delle telecomunicazioni come Honeywell International, Westing House, Qualcomm, passando per Boeing, leader globale nell’aeronautico. Si tratta dei prescelti dal Tycoon da una lunga lista di candidature rifiutate, con lo scopo di chiudere o aprire dossier cruciali per l’economia statunitense. Trump ha già promesso di mettere alle corde il governo di Pechino per chiarire la sua posizione sul dumping delle aziende cinesi, e soprattutto per discutere dell’indagine sul furto cinese di proprietà intellettuale avviata dal presidente in agosto, ad oggi senza risultati. Ma dietro il bastone presidenziale si cela la carota del mondo industriale americano, pronto a venire a ben più miti consigli con i giganti della concorrenza cinese.
IN VISTA DELLE ELEZIONI DI MID-TERM…
Trump deve portare a casa qualcosa per i suoi elettori, in vista delle elezioni di mid-term, dove una sconfitta repubblicana e un’avanzata democratica nelle Camere rischia di rendere impossibile al Tycoon gli ultimi anni di presidenza. E gli elettori, più che ai diritti di proprietà intellettuali o ad altre questioni tecniche, sono sensibili ai posti di lavoro, quelli che il presidente ha promesso nel suo discorso di insediamento alla Casa Bianca. Così fra i dossier sul tavolo a Pechino avranno la precedenza quelli con un forte impatto sull’occupazione statunitense.
DOSSIER PETROLIO
A cominciare dal settore energetico, dove da tempo è in preparazione un mastodontico accordo plurimiliardario fra la China Petroleum National Corporation (CNPC), meglio conosciuta come Sinopec, e due aziende statunitensi, la Arclight Capital con base a Boston e la Freepoint Commodities LLC del Connecticut, entrambe al seguito di Trump nel suo viaggio asiatico. Reuters ne svela i dettagli: se andasse in porto, l’affare comporterebbe la creazione di migliaia di posti di lavoro nelle infrastrutture in due Stati messi in ginocchio dall’uragano Irma: il Texas e le Virgin Islands.
Quanto al primo, il triangolo di aziende si impegna a costruire un nuovo condotto di 700 miglia che trasporti il petrolio dall’enorme Bacino Permiano, situato al confine fra Messico e Texas, fino alla Costa del Golfo, da dove l’oro nero può partire alla volta dei mercati asiatici. Di più: per ridurre gli ingenti costi imposti dalla logistica degli spostamenti, i cinesi intendono costruire sulla costa un nuovo terminal in grado di accogliere una nave petroliera da 2 milioni di barili, a tutto vantaggio della concorrenza nel Dragone. Le piccole isole caraibiche invece, secondo le indiscrezioni raccolte dall’agenzia, potrebbero veder costruito un nuovo giacimento petrolifero nella Baia di Limetree, a St. Croix.
DOSSIER BOEING
Non solo i porti americani hanno gli occhi puntati sul viaggio di Trump in Cina. Anche dai cieli c’è chi scruterà col fiato sospeso le mosse del presidente e dei negoziatori. Parliamo di Boeing, il colosso americano dell’aeronautica con base a Chicago, difeso a spada tratta dal presidente in questi ultimi mesi in una diatriba che lo vede in guerra con la canadese Bombardier e la francese Airbus. E non a caso: da sola la multinazionale dà 140.000 posti di lavoro negli States, circa un milione e mezzo se si calcolano tutti i lavoratori delle 30.000 aziende a stelle e strisce che fanno parte della sua catena di produzione, e solo lo scorso anno Boeing ha creato un surplus commerciale da 80 miliardi di dollari. Il 23 ottobre l’azienda ha firmato alla Casa Bianca un accordo da 13,8 miliardi con la Singapore Airlines davanti agli occhi di Trump, che annunciava soddisfatto 70.000 nuovi posti di lavoro americani. Adesso Boeing seguirà il presidente a Pechino per tastare il terreno cinese, un mercato in crescita esponenziale. “Non vediamo l’ora che giunga la visita del presidente in Cina” confida il Ceo Dennis Muilenburg a Fox Business, “La Cina è un mercato in espansione per noi fondamentale”
DOSSIER LATTICE SEMICONDUCTOR
Tornerà in primo piano il dossier sull’acciaio. Trump e la sua amministrazione, fra il plauso generale delle aziende americane nel settore, hanno tuonato per un’estate intera contro l’export sleale delle aziende para-statali di Pechino. A settembre le due parti erano giunte ai ferri corti con la decisione del presidente di bloccare l’acquisizione della Lattice Semiconductor, azienda dell’Oregon, da parte dal consorzio cinese formato da Canyon Bridge Capital Partners, Yitai Capital Limited e China Venture Capital Fund. Con il veto presidenziale previsto dal Foreign Investment and National Security Act Trump aveva messo fuori mercato l’azienda, ritenuta strategica perché produce micro-chips per il governo. I cinesi non l’avevano presa bene, e Trump sarà a Pechino anche per smorzare le tensioni.