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Tutte le ultime baruffe fra Trump e gli ex leader dell’intelligence Usa su Putin

L’ultimo capitolo dello scontro tra il presidente Donald Trump e la sua Intelligence Community (sua nel senso che il presidente americano è il commander-in-chief e ha poteri simili a quelli di un re negli Stati Uniti) ha come protagonista profondo Vladimir Putin. I servizi americani evidentemente non hanno gradito la posizione presa da Trump riguardo alle interferenze russe nelle presidenziali: il presidente ha sostanzialmente detto di credere a Putin, che gli ha assicurato che Mosca non ha compiuto niente del genere.

COSA DICONO BRENNAN E CLAPPER

Due top leader dell’intelligence americana hanno detto che Trump è stato “played” – traduzione: preso in giro – da Putin sulla questione, e questo significa che lui è facilmente manipolabile dai leader stranieri, basta che gli si soddisfi il proprio ego (nel caso: ultimamente Putin l’ha definito una persona piacevole, e s’è detto dispiaciuto di non aver potuto spendere più tempo insieme in occasione del vertice Asec dello scorso weekend). “Non affrontando direttamente la questione e non riconoscendo a Putin che sappiamo che lui è il responsabile di questo (l’interferenza, ndr), penso che si dia a Putin uno spazio”, ha dichiarato l’ex direttore della CIA, John Brennan, a “State of the Unione” della CNN. Brennan, che ha diretto l’Agenzia dal 2013 fino al 20 gennaio 2017, giorno dell’insediamento di Trump, ha detto che questo tipo di comportamento non è altro che un’apertura per gli altri leader, che possono provare “a giocare sulle sue insicurezze”, aspetto “molto, molto preoccupante da un punto di vista della sicurezza nazionale”. Seduto a fianco a Brennan in trasmissione c’era James Clapper, ex Director della National Intelligence, ossia l’agenzia che coordina i 17 diversi dipartimenti dei servizi segreti americani. Un altro pezzo da novanta dell’IC, che si è detto d’accordo col collega e ha aggiunto: il presidente “è molto suscettibile alle cerimonie in pompa”, e questo gli basta, ma è “molto chiaro che i russi hanno interferito nelle elezioni” e dunque è “sconcertante” che Trump non lo riconosca. Ancora Brennan: mi sembra sorprendente, dice, che si cerchi di dipingere Putin in un modo verso da quello che è, ossia “uno che è impegnato a minare il nostro sistema e la nostra democrazia”.

POSIZIONI OPPOSTE

Il contrasto è ovvio: da un anno e mezzo le intelligence americane sono impegnate nel ricostruire come il Cremlino abbia organizzato i vari tentativi di interferenza, dagli attacchi hacker contro i democratici per sottrarre materiale confidenziale, alle ondate di troll coordinati che hanno alterato il dibattito interno americano anche giocando sulla base di quelle informazioni rubate, fino ai tentativi di inserirsi nei sistemi di voto elettronici. Per l’IC il punto non è più se, ma come sia avvenuto questa interferenza. Teoricamente è così anche per la Casa Bianca, in quanto l’amministrazione ha accettato di firmare un piano sanzionatorio contro la Russia, inoltrato nello Studio Ovale dal voto bipartisan del Congresso, per punire proprio le ingerenze di Mosca durante le presidenziali. Ma il presidente è stato sempre intimamente scettico; anche perché ammettere le interferenze significherebbe ammettere che la sua vittoria è arrivata, anche (aspetto che va ricordato per non perdere il centro del discorso), a seguito dell’aiutino russo (notare: la questione è oggetto del cosiddetto Russiagate, inchiesta che studia non solo le interferenze, ma anche eventuali collusioni tra queste e il team-Trump).

LA REAZIONE DELL’AMMINISTRAZIONE

Domenica, dopo aver fatto uscire il commento sgangherato sulle rassicurazioni putiniane ai giornalisti che lo hanno accompagnato a Da Nang, dove non c’è stato un vertice formale tra i due leader ma soltanto alcuni incontri frugali, Trump è tornato sull’argomento. Da Hanoi, in conferenza congiunta col presidente vietnamita, ha detto di essere stato frainteso (è la solita stampa manipolatrice, messaggio sottinteso dal Prez), perché quello che lui intendeva era: “Credo che Putin ci creda”, ma “quanto a crederci o no, sono con le nostre agenzie, specialmente come attualmente costituite con la loro leadership. Credo nelle nostre agenzie di intelligence, nelle nostre agenzie di intelligence”. Trump ha un rapporto speciale con il capo della Cia Mike Pompeo, alleato politico fidato: e la Central Intelligence è in prima linea nel sostenere l’interferenza russa. Poco dopo l’intervista a Brennan e Clapper, la CNN ha ospitato il segretario al Tesoro Steve Mnuchin, che ha definito “ridicole” le parole dei due top-funzionari, perché nessuno sta manipolando il presidente, e l’avvicinamento a Putin è dovuto alla necessità di affrontare insieme dossier spinosi come la Corea del Nord. Trump aveva definito i due “hack politici”.

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