Altro che Russia (vera passione di Matteo Salvini), Luigi Di Maio ha scelto gli Stati Uniti per il suo primo viaggio all’estero da candidato premier e da capo politico del MoVimento 5 Stelle. Il vicepresidente della Camera è atterrato ieri a Washington per una serie di incontri istituzionali al Congresso e al Dipartimento di Stato Usa. Una visita che segna un’inversione di tendenza – o, forse meglio – un definitivo chiarimento a proposito della politica estera dei pentastellati, con la quale Di Maio ha voluto mandare un messaggio netto: il partito di cui è stato chiamato alla guida lo scorso settembre non è il principale riferimento di Mosca in Italia, ma si riconosce, invece, pienamente nell’atlantismo.
GLI OBIETTIVI DI DI MAIO
La conferma arriva anche da alcune delle parole pronunciate in questi giorni dal leader pentastellato. Che, secondo i retroscena pubblicati oggi da Repubblica e Stampa, ha fortemente voluto questo viaggio proprio con l’obiettivo di fare chiarezza sul posizionamento internazionale del M5s. “Basta con questa storia della Russia e che siamo alla mercé di Putin: non sta in piedi e ci fa solo del male“, è il virgolettato che il quotidiano diretto da Maurizio Molinari ha attribuito a Di Maio nell’articolo a firma di Ilario Lombardo. “Vogliamo avere buoni rapporti con tutti, ma il nostro principale alleato sono gli Stati Uniti“, è l’altra frase chiave di Di Maio, riportata da Annalisa Cuzzocrea su Repubblica. Come a dire che il M5s mira ad intrattenere buone relazioni diplomatiche con tutti i vari partner internazionali – tra cui ovviamente la Russia riveste un ruolo chiave – ma che il rapporto con gli Usa è tutta un’altra storia ed è prioritario e strategico per i Pentastellati. Il capo politico dei cinquestelle lo ha sottolineato in maniera decisa con questo viaggio, che peraltro fa seguito a quello della scorsa primavera ad Harvard e Boston.
I DESTINATARI DEL MESSAGGIO
Rassicurare gli alleati e i media internazionali sull’atlantismo del M5s ma anche normalizzare e rendere più strutturata la politica estera dei cinquestelle. Che in questi anni di Parlamento, in più di un’occasione, sono parsi strizzare entrambi gli occhi a Putin. In particolare con il deputato Manlio Di Stefano – di cui si è molto spesso parlato come possibile ministro degli Esteri in un’eventuale governo pentastellato – il quale in passato ha anche visitato più volte la Russia. E in questo senso il messaggio di Di Maio è sembrato essere diretto anche ad alcuni esponenti del suo partito. A cui ha ricordato che ora spetta a lui – in quanto capo politico del movimento – stabilire le priorità anche di politica estera dei cinquestelle. “Ricordo a tutti che la prima visita di Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio dopo il nostro inaspettato successo nel 2013 fu all’ambasciata americana a Roma“, ha affermato non a caso il vicepresidente della Camera prima di partire alla volta degli States. Per sottolineare che, dopotutto, il M5s ha sempre riconosciuto l’importanza di mantenere una solida e stabile alleanza con gli Stati Uniti.
L’APPUNTAMENTO
Al suo arrivo a Washington Di Maio – accompagnato dal capo della comunicazione del M5s Rocco Casalino e dal suo consigliere politico-istituzionale Vincenzo Spadafora – ha cenato con l’ambasciatore italiano negli Usa Armando Varricchio. In questi giorni, invece, vedrà tra gli altri l’assistente segretario di Stato per l’Europa Wess Mitchell, l’ex ambasciatore americano presso la Santa Sede e deputato repubblicano Francis Rooney e, forse, anche il conservatore Rand Paul. In programma anche un incontro con la comunità italiana a Washington e, in particolare, con alcuni imprenditori, ai quali esporrà la teoria dello Stato innovatore sostenuta dall’economista Marianna Mazzuccato, cui Di Maio ha espressamente dichiarato di rifarsi.
LA DISTANZA DA SALVINI
Un viaggio – quello Di Maio negli States – che evidenzia, peraltro, una distanza evidente dalla Lega di Matteo Salvini. Il quale, negli ultimi giorni, è stato protagonista di ripetute aperture – almeno pubblicamente, non corrisposte – nei confronti del M5s. Che, però, in materia di politica estera ha scelto l’atlantismo a fronte, invece, delle ben note simpatie putiniane del leader del Carroccio. Dalla sua prima elezione a segretario leghista nel 2013, Salvini si è recato più volte in visita a Mosca, fino al punto di arrivare a stringere un accordo con il partito Russia unita di Putin e a incontrare il suo braccio destro – e ministro degli Esteri – Sergei Lavrov.