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Ecco gli effetti dell’influenza russa in Grecia, Spagna e Italia. Report Atlantic Council

L’Atlantic Council, storico think tank di Washington, ha pubblicato “The Kremlin’s Trojan Horses” 2.0, ossia una versione del report già uscito a novembre scorso, che analizza l’influenza russa all’interno dei sistemi politici e sociali di Italia, Grecia e Spagna (nella prima edizione si parlava più approfonditamente di Germania, Francia e Regno Unito). La questione è diventata argomento d’analisi dalle presidenziali americane, all’interno delle quali c’è stata una diretta interferenza russa – attestata dalle valutazioni definitive dell’Intelligence Community statunitense – che si è mossa sia sul piano clandestino (i dati rubati dai server dei democratici con attacchi hacker, i tentativi di entrare nei sistemi di voto elettronici) sia su quello più sottile del diffondere contenuti falsi o alterati per solleticare (o meglio: infiammare e dividere) l’opinione pubblica americana. Questo secondo aspetto, costruito molto attorno ai documenti sottratti con gli attacchi hacker, è ciò che ha reso “fake news” la parola dell’anno 2016 secondo l’Oxford Dictionary e l’ha fatta entrare nel nostro vocabolario giornaliero. E soprattutto, è ormai diventata una prassi comune non solo negli Stati Uniti, ma in molti paesi occidentali. Lunedì, la premier inglese Theresa May ha definito questo modus operandi russo il modo per “minare le società libere”: Mosca, ha detto May, diffonde “le fake news per alimentare la discordia in Occidente”.

COME SI MUOVE MOSCA

Il report dell’Atlantic Council ha un obiettivo esplicito: creare presupposti e strumenti con cui gli opinion maker e i politici possano affrontare queste operazioni russe, che hanno già caratterizzato anche le campagne elettorali in Francia, Olanda, Germania, e il referendum sulla Brexit, e sono una realtà ormai consolidata. In definitiva, creare una “counter-influence taskforce”  per tracciare, monitorare e analizzare le attività di influenza russa. Questo secondo volume è particolarmente importante, spiega il think tank, i paesi del “fronte sud europeo” sono stati quelli più colpiti dalla crisi del 2008, dove sono state necessarie politiche di austerity (che hanno portato i primi risultati nel 2016, che secondo gli ultimi dati si consolideranno), ma che nel breve termine hanno prodotto risentimento tra i cittadini contro il sistema-stato occidentale e soprattutto contro Bruxelles. Due punti cardine su cui Mosca ha attaccato le proprie politiche di ingerenza, insieme poi alla crisi migratoria scatenata dal conflitto siriano (con tutta la propaganda che da lì è partita anche come cortina fumogena a difesa dell’entrata in guerra russa). “Un clima socio-economico volatile” lo hanno chiamato Markos Kounalakis e Antonis Klapsis, due degli autori del report che si sono occupati di Grecia, che è stato “terreno fertile per le aperture russe”, creando uno spazio per i partiti politici inclinati verso l’Oriente anziché l’Occidente. Il Cremlino si è impegnato attivamente in questa apertura fornendo supporto politico e mediatico alle realtà pro-russe, sfruttando legami storici, o religiosi (gli ortodossi in Grecia, per esempio, con la chiesa ortodossa che è legata al Cremlino) e culturali, e coltivando (più o meno direttamente) una rete di organizzazioni all’interno della società civili per promuovere la Russia con l’obiettivo di indebolire l’UE e la NATO.

“UTILI” DA DESTRA O SINISTRA: È IRRILEVANTE

C’è un punto in comune, secondo il think tank, tra le politiche di partiti anche molto diversi tra loro come il greco Syriza o lo spagnolo Podemos (entrambi di sinistra) e gli italiani Lega Nord e Movimento 5 Stelle (il report gli definisce “di destra”): “Tutti hanno cercato di allinearsi alla Russia di Putin”. “Dal punto di vista russo, le posizioni ideologiche degli utili alleati politici sono irrilevanti: che sia nazionalista comunista o di destra, ciò che conta è che questi partiti sostengano gli interessi russi, votino contro le politiche estere comuni dell’UE e minino i partiti costituiti per generare il caos e l’instabilità dall’interno dell’Europa”. Questioni su cui occorre “basare la resilienza” alle interferenze russe e su sui sia gli Stati Uniti che l’Europa devono lavorare. L’Atlantic Council propone ricette: una delle cose più interessanti proposte dal think tank, Washington dovrebbe creare una struttura ponte col ruolo di adivosr per i policy maker e le aziende dei social media. La questione è scabrosa: nelle ultime settimane è uscito sempre più prepotentemente il ruolo che Facebook, Twitter e Google hanno avuto nel diffondere contenuti alterati e prodotti nell’ambito di quel piano di interferenza durante le elezioni presidenziali. Contenuti per altro pubblicati dai giganti della Silicon Valley a pagamento sotto forma di pubblicità, finanziata da strutture che a quanto pare sarebbero collegate al Cremlino. È il contrasto a queste nuove “misure attive”, come venivano chiamate le operazioni di guerra informatica durante l’era sovietica, che adesso sono sbarcate sull’immenso scenario cyber.

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